Edison City

Edison City

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Burke butta nel pentolone di Edison City un giovane giornalista rampante e la sua discutibile ambizione, una storiella d’amore (Timberlake aka Josh Pollack si scorda rapidamente della ragazza in coma), un premio Pulitzer, una città che vorrebbe essere Gotham City, un manipolo di poliziotti corrotti, qualche politico con tanti scheletri nell’armadio, un poliziotto di colore con rimorsi di coscienza e un buon numero di proiettili. Poi cerca di amalgamare il tutto. Il risultato è disastroso.

E sulla città calarono le tenebre

Un giovane giornalista, molto ambizioso e parecchio fastidioso, fiuta lo scoop del secolo (o almeno quello della sua vita) e si trova invischiato in una brutta storia di poliziotti corrotti, omicidi, droga e via discorrendo. Prima osteggiato e poi aiutato dal suo direttore, un ex-premio Pulitzer che si accontenta di dirigere una sottospecie di giornalino per inserzionisti, l’imberbe Pollack non si ferma di fronte a nulla – nemmeno al brutale pestaggio della fidanzata che finisce in coma – e continua a sfidare le ire della F.R.A.T., una squadra speciale composta da omoni imbottiti di steroidi e dalle dubbie qualità intellettive e psichiche… [sinossi]

Edison City. Morgan Freeman. Kevin Spacey. Ll Cool J. Mettiamoci pure Justin Timberlake. Il titolo, così a orecchio, non suonava male. Anzi. Il cast prometteva bene. Due grandi nomi, un rapper dalla notevole presenza fisica e, per finire, una stellina del pop che doveva cercare di fare meno danni possibili. L’incognita era rappresentata dall’esordiente, almeno per il cinema, David J. Burke. Regista e sceneggiatore. In televisione si era segnalato soprattutto per Law & Order: Special Victims Unit e SeaQuest: «Ho scritto di politici, mezzi di comunicazione e polizia per oltre vent’anni, e per tanti ho lavorato nell’industria del cinema, realizzando documentari e filmati per sindaci e senatori». Nelle note di produzione si fa riferimento a titoli come Serpico di Sidney Lumet, L.A. Confidential di Curtis Hanson, Chinatown di Roman Polanski. Nonostante le interessanti premesse e un buon budget, Edison City è molto probabilmente uno dei titoli più deludenti della stagione a stelle e strisce [1].

Partiamo dal cast. Kevin Spacey partecipa all’operazione giusto per fare un favore all’amico Burke: si vede poco, praticamente non recita, ridicolizzato da un ruolo (e da un parrucchino) assolutamente posticcio. Morgan Freeman, attore talentuoso che bada più al conto in banca che alla sua filmografia, gigioneggia – la sequenza del balletto nel lussuoso appartamento gli è fatale – e non riesce nemmeno per un momento a risollevare le sorti di un personaggio prevedibile e fastidioso. Moses Ashford, direttore dell’Heights Herald e lontano anni luce dai tempi del premio Pulitzer, è solo un assemblaggio di cliché. Justin Timberlake, salito alla ribalta grazie alla boy band ‘NSYNC ed ex-fidanzato di Britney Spears, è poco aiutato dal doppiaggio italiano e, aspetto da non sottovalutare, non è ancora un vero attore. Visti gli attuali e futuri impegni cinematografici, avrà modo di perfezionarsi [2]. Ultimo, ma solo in ordine di citazione, Ll Cool J (Ogni maledetta domenica). Dei quattro moschettieri è probabilmente il migliore, sostenuto dall’innegabile presenza scenica.
Un accenno per il povero Dylan McDermott, stritolato dal suo personaggio, un super-poliziotto dalla brutale ferocia, portato al limite dell’inumano da un abuso di droga, da un ambiente abitato da folli e da un inaspettato (e per nulla giustificato) disturbo della personalità. Il peggior ruolo di Edison City, specchio di una sceneggiatura scritta malissimo.

Detto del cast, passiamo subito al finale, per tornare poi indietro. La clamorosa sparatoria che chiude Edison City non ha giustificazione. Prendiamo come pietra di paragone un film di media fattura, Four Brothers di John Singleton, una sorta di western metropolitano. Lo scontro a fuoco, con tanto di morte del fratello predestinato, è ben realizzato e, per la struttura e il genere della pellicola, ha un senso. In Edison City manca qualsiasi appiglio. Tutto questo maldestro sfoggio di fuochi artificiali trascina l’opera prima di Burke nel ridicolo. Purtroppo.
Burke butta nel pentolone un giovane giornalista rampante e la sua discutibile ambizione, una storiella d’amore (Timberlake aka Josh Pollack si scorda rapidamente della ragazza in coma), un premio Pulitzer, una città che vorrebbe essere Gotham City, un manipolo di poliziotti corrotti, qualche politico con tanti scheletri nell’armadio, un poliziotto di colore con rimorsi di coscienza e un buon numero di proiettili. Poi cerca di amalgamare il tutto. Il risultato è disastroso. Quello che voleva essere un solido film di denuncia si trasforma in un noioso polpettone troppo superficiale e scontato. Molte le sequenze improbabili: oltre alla sparatoria finale, da ricordare almeno la zuffa con morto negli uffici della F.R.A.T. (First Response Assault & Tactical).

Note
1. Trentasette milioni di dollari, non male per un film che si definisce indipendente.
2. Rivedremo presto Justin Timberlake in Alpha Dog di Nick Cassavetes, Killshot di John Madden, Southland Tales di Richard Kelly e Black Snake Moan di Craig Brewer.
Info
Il trailer originale di Edison City.
  • Edison-City-2005-David-J-Burke-01.jpg
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