Los nadie

Una sinfonia urbana di volti, corpi, tatuaggi e sudore, un po’ selvatica e molto punk. Con Los Nadie Juan Sebastián Mesa porta alla Settimana Internazionale della Critica, vincendo il premio del pubblico, tenerezze e ruvidezze della gioventù colombiana contemporanea, per un inno ai sogni giovanili e alla libertà.

Dimentichiamoci questa città

Camilo, Mechas, Manu, Ana e Pipa sono cinque amici che vivono quella fase incerta di irrequietezza intensa, stupore, tenerezza inespressa e rabbia manifesta che è tipica della fine dell’adolescenza. Sopravvivono ai confini di una città, Medellin, che al contempo li attrae e li esclude, li attira con le sue promesse ma li respinge con ostilità. Nonostante tutto, desiderano abbracciare la città e lottare contro le sue logiche di paura. Musica, street art e amicizia sono le loro armi di resistenza nella speranza di un rito di passaggio che li sappia trasformare in qualcuno di diverso. [sinossi]

Amicizia, tatuaggi, graffiti, giocoleria, musica a tutto volume, totale entropia perpetua e vigorosa. Con Los nadie Juan Sebastián Mesa fa deflagrare sullo schermo umori, brama di futuro e libertà della gioventù colombiana odierna. Presentato alla Settimana Internazionale della Critica di Venezia 2016, Los nadie (The Nobodies è il titolo internazionale) è girato in un ruvido bianco e nero e accompagnato, quasi fosse un teen-musical punk, dalle musiche coriacee e dalle liriche spavaldamente anticapitaliste della band degli O.D.I.O.

L’esordio del regista colombiano è un percorso urbano a ridosso dei suoi giovani personaggi, penetra all’interno delle loro camere da letto disordinate, li segue nel peregrinare diurno e notturno. Protagonisti sono un gruppo di ragazzi accomunati dalla destrezza nella giocoleria – che praticano ai semafori della caotica città di Medellín – ma, soprattutto, dal desiderio di fuga verso un altrove che, come spesso avviene sul grande schermo, è identificato in un “Sud” dal sentore quasi mitologico, edenico, che sia riconoscibile nell’esotismo archeologico di Machu Picchu o nei vasti spazi dell’Argentina poco importa. Con freschezza di sguardo e sincera affezione per i suoi personaggi (davvero ottimo il lavoro svolto con gli attori, tutti di grande naturalezza), Juan Sebàstain Mesa tratteggia, in questo suo promettente esordio, la sua galleria di ritratti. C’è un giovane tatuatore e chitarrista, la sua fidanzata tenera e ribelle, poi l’amica universitaria, due compagni di giocoleria da strada, c’è chi suona e chi fa graffiti. Tutti sono alla ricerca di un’identità e della maniera migliore per esprimerla al mondo. E tutti progettano un viaggio, geografico, certo, ma anche spirituale, un sentiero percorribile verso l’età adulta.

La macchina da presa sempre mobile e attenta del regista si sofferma sui dettagli, il montaggio rapido cuce insieme i frammenti di questo universo urbano con eleganza, qualche ralenti celebra la gloria (im)peritura di un’età incerta ed esaltante. Ogni singolo elemento, accuratamente selezionato, contribuisce a comporre una sinfonia umana e urbana che serba il sentore del romanticismo decadente di Leos Carax, dell’attaccamento quasi epidermico ai personaggi di John Cassavetes. Tra clavette, diabolo e trapezi sospesi a mezz’aria, la metafora dell’equilibrio precario che regge le vite dei nostri protagonisti si fa strada in maniera evidente, ma mai invasiva né didascalica. Le loro vite sono certo in bilico tra infanzia ed età adulta, ma la loro precarietà è anche acuita da un’amministrazione urbana lasciata al potere locale delle gang, la cui presenza è segnalata attraverso gli echi degli spari che i nostri protagonisti odono più volte in lontananza, preludio all’imminente incarnazione di una minaccia che è quasi un bordone costante e un contrappunto severo ai sogni di libertà e autoaffermazione. Crescere d’altronde non è facile, né qui né altrove, ma l’importante è intraprendere il viaggio.

Info
La scheda de Los nadie sul sito della SIC.
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