Historias extraordinarias
di Mariano Llinás
Historias extraordinarias di Mariano Llinás è un oggetto impossibile da codificare e magmatico, simbolo di una terra in rifacimento, rivoluzione perenne che è anche instabilità del vivere, impossibilità al sedentario, all’immobile.
Storie di (stra)ordinaria follia
Tre vicende coinvolgono tre anonimi personaggi X, H e Z. X rimane implicato involontariamente in un caso di omicidio. Z, un burocrate di provincia, è ossessionato da una persona e la sua esistenza si trasforma in un enigma sempre più complesso. H rimane invece coinvolto in una sfida vagamente scientifica, da romanzo di Jules Verne, che prende corpo in una sorta di club situato nella più profonda campagna argentina e che lo condurrà a vivere un’inaspettata odissea lungo un fiume che scorre attraverso sperdute pianure… [sinossi]
Esistono espressioni artistiche che hanno l’enorme pregio di palesarsi, di fronte agli occhi del proprio pubblico, nella loro forma più pura, tanto da costringere chi vi sta ragionando sopra, a usare termini solitamente lasciati in secondo piano. Uno di questi lemmi è senza dubbio “perfezione”: ci siamo arrovellati a lungo, ma non siamo riusciti a partorire nulla che esemplificasse il valore di Historias extraordinarias quanto questa parola. La perfezione, o quantomeno una parvenza di essa, è anche ciò che rincorrono i tantissimi personaggi che affollano questo romanzo visivo letteralmente fluviale, che si inerpica per le sue quattro ore e passa di durata mettendo in scena un microcosmo fantastico eppure così veracemente realistico, letterario eppur sanguigno, materiale.
Non staremo qui a dilungarci sugli innumerevoli sviluppi della trama, architettata come un gioco di scatole cinesi, in cui ogni storia racchiude al suo interno decine, forse centinaia o addirittura migliaia, di storie; non agiremo con queste modalità perché a nostro modesto avviso equivarrebbe a svelare a un pubblico ignaro i segreti di un bel giallo, o a descrivere con minuzia di particolari i retroscena di uno spettacolo di magia. Insomma, farebbe completamente svanire quell’alone di mistero che avviluppa in ogni sua parte Historias extraordinarias.
Visto che non abbiamo intenzione di soffermarci sulle singole azioni dei protagonisti delle vicende narrate – ma vi anticipiamo che vi saranno eccezioni a questa regola, prima del termine della recensione -, iniziamo con il rendervi partecipi del primo effetto sorpresa che colpisce nel segno durante la visione dell’opera terza di Mariano Llinás, trentatreenne di Buenos Aires, dopo Balnearios (2002) e El humor (pequeña enciclopedia ilustrada) (2006, co-diretto insieme a Ignacio Masllorens): Historias extraordinarias è dotato di un coraggio rarissimo. È veramente difficile imbattersi in un’opera di un cineasta alle prime armi in grado di scalfire con forza la prammatica in cui sguazza buona parte della settima arte mondiale. Molti hanno storto il naso di fronte alla mastodontica durata nella quale si dipanano le vicende di X, H e Z, personaggi così semplici e basilari da non aver neanche bisogno di un vero e proprio nome, ma la verità è che la prima grande sfida (vinta a mani basse) posta da Llinás al suo uditorio risiede proprio nel minutaggio finale della pellicola – speriamo che abbiate il buon cuore di passarci il termine, per quanto il film sia stato girato in DigiBeta -, nella sua straordinaria capacità di superare a pie’ pari l’autocensura di una forma cinematografica che deve, per motivi strettamente commerciali, attestarsi al limitar delle due ore. Llinás dimostra di avere le idee ben chiare, e si lancia in un’epopea storica, sociale e visiva che non ha eguali nel cinema argentino post-crisi (riusciamo semmai più facilmente a ricondurre il tutto, pur facendo le debite e necessarie distinzioni etiche ed estetiche, dalle parti di Fernando E. Solanas e del suo monolitico L’ora dei fuochi, capolavoro del 1968), e che non trova molti compagni di bisboccia neanche al di fuori della pampa: forse la poetica dei filippini Lav Diaz e Raya Martin, ma non vorremmo arrischiare apparentamenti evidentemente forzati. La verità è che Historias extraordinarias è una splendida creatura apolide, che non troverà mai patria nel cinema industriale, a qualsiasi latitudine la vada a cercare. E questo nonostante la capacità narrativa del giovane Llinás, dote innata che molti suoi colleghi sono costretti a invidiargli: e già, perché Historias extraordinarias, elefantiaca creatura di quattro ore e dodici minuti, ha il sorprendente pregio di non annoiare mai il suo pubblico. Riesce in questa impresa grazie a una regia inventiva eppur mai debordante, a un montaggio sapiente e in grado di lavorare con intelligenza sui diversi piani del racconto, ma soprattutto grazie a un espediente narrativo a dir poco geniale: nonostante siano presenti dei dialoghi nel corso del film, Historias extraordinarias è per il 99% dominato da una voce narrante, una voce a cui non saremo mai in grado di attribuire un corpo. Trovata del tutto estranea alla norma, ma che colpisce da subito perché perfettamente coerente con l’ideale estetico che Llinás persegue; perché la verità, forse l’unico modo per comprendere l’incommensurabile grandezza di questo sommo capolavoro, è che Historias extraordinarias è la messa in immagini, extralarge e deflagrante, del “grande romanzo argentino”. Abbiamo prima, pur non dissimulando una certa inadeguatezza, cercato di trovare paragoni accettabili per rendere più semplice la collocazione di questa magnifica avventura all’interno dei percorsi canonici del cinema contemporaneo, ma la verità è che i nomi da fare sono due, e non si tratta di registi, ma di romanzieri.
Historias extraordinarias è probabilmente ciò che avrebbero regalato al mondo, se avessero deciso di porsi dietro una macchina da presa piuttosto che davanti a un foglio bianco, Thomas Pynchon e David Foster Wallace: nelle pieghe di questa storia c’è tutta la normalità magniloquente, l’incredibile big bang del quotidiano, la congetturante progressione del banale che i due scrittori statunitensi hanno condensato nelle pagine dei loro libri.
Mariano Llinás, spinto da un’ansia affabulatoria che ci ipnotizza e sembra quasi costringerci alla visione, necessità coatta di un organismo in crisi d’astinenza, trascina i suoi personaggi (e noi con loro) in un universo caotico e bellissimo, tragico e soave allo stesso tempo. Senza farsene accorgere ci racconta l’Argentina, mescolando il vero al falso (l’architettura di Francisco Salamone, lo splendido racconto della Seconda Guerra Mondiale del vecchio distruttore di “memorie fluviali”), rendendoci partecipi di un gioco nel quale nessuno conosce veramente le regole; agisce con un’onestà e un amore per il proprio film che trasuda da ogni singolo fotogramma, e che finiscono per commuovere, come la sottotraccia del mistero attorno a Lola Gallo, o la morte del vecchio leone nella fattoria.
Un oggetto impossibile da codificare e magmatico, simbolo di una terra in rifacimento, rivoluzione perenne che è anche instabilità del vivere, impossibilità al sedentario, all’immobile. Una pretesa d’eterno che è salvifica, e che ci fa pensare che di Mariano Llinás sentiremo ancora parlare, e a lungo.
Info
Historias extraordinarias, la scheda.
- Genere: drammatico
- Titolo originale: Historias extraordinarias
- Paese/Anno: Argentina | 2008
- Regia: Mariano Llinás
- Sceneggiatura: Mariano Llinás
- Fotografia: Agustín Mendilaharzu
- Montaggio: Agustín Rolandelli, Alejo Moguillansky
- Interpreti: Agustín Mendilaharzu, Horacio Marassi, Mariano Llinás, Walter Jakob
- Colonna sonora: Gabriel Chwojnik
- Produzione: El Pampero Cine, Turner
- Durata: 252'
![Historias extraordinarias](https://quinlan.it/upload/images/2008/12/Historias-Extraordinarias-2008-poster.jpg)