Bitch Slap – Le superdotate

Bitch Slap – Le superdotate

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Con Bitch Slap – Le superdotate Rick Jacobson pensa probabilmente di omaggiare Russ Meyer e di muoversi nella scia del recupero del trash tanto in voga; peccato che mancando completamente lo sguardo, e la sincerità della messa in scena, il tutto si risolva in una sguaiata scemenza, perfino stancante nella reiterazione dei medesimi schemi.

Cattive ragazze

Tre bad girls (una spogliarellista, un’assassina che svolge la mansione di corriere per un gruppo di trafficanti e una broker di una grande azienda) arrivano in un rifugio sperduto nel deserto per ricattare un pericoloso criminale. La situazione precipita non appena un altro gruppo di delinquenti arriva sul luogo e le tre donne sono costrette a confrontarsi con un nemico assai peggiore di quello che pensavano. [sinossi]

Un film come Bitch Slap di Rick Jacobson, che approfitta degli sbandamenti dovuti alla calura estiva per approdare in sala nel nostro paese a distanza di poco meno di due anni dalla sua presentazione in anteprima al Festival di Toronto, permette di aprire il fianco a un numero non indifferente di speculazioni teoriche, che vanno ben oltre il misero valore artistico dell’opera in questione. Passando in rassegna il vasto universo della rete, non sarà arduo rintracciare interventi che propongono di innalzare Bitch Slap al ruolo di cult movie del nuovo millennio: recensioni e opinioni che tornano in maniera ciclica a citare i nomi di Russ Meyer, Quentin Tarantino, rintracciando derive dei b-movie d’oltreoceano, dell’exploitation movie che rinacque a nuova vita a ridosso della seconda metà degli anni Novanta.

Non c’è dubbio che Rick Jacobson e il co-sceneggiatore Eric Gruendemann durante la fase di scrittura del film abbiano volto lo sguardo in più occasioni verso i nomi e i generi passati in rassegna poc’anzi, perché Bitch Slap è un profluvio di bad girls, situazioni parossistiche, dialoghi (che si vorrebbero) al vetriolo, violenza estremizzata e al limite del demenziale e via discorrendo. L’interrogativo da porsi nell’approcciarsi alla visione di questo tonitruante omaggio al trash è sulla sincerità dell’intera operazione: basta davvero prendere tre ragazze avvenenti, vestirle (o, per meglio dire, spogliarle) di tutto punto, armarle e lasciarle in pasto a un intreccio noir carico di violenza per allacciarsi idealmente alla linea tracciata nel corso dei decenni da Russ Meyer e dai suoi epigoni? La forza deflagrante del cinema di Meyer non risiedeva solo nel suo mondo di indipendenti maggiorate, ma nella capacità di mescolare all’indubbia fascinazione weird una lettura politica della messa in scena, carica di un femminismo rivoluzionario e al contempo autoironico e soprattutto di una sincerità profonda: le ultravixens di meyeriana memoria erano “reali” nella loro posa post-modern e palesemente esagerata, esattamente come i dialoghi che hanno reso celebre il nome di Tarantino. Elementi paradossali, apparentemente esclusi dal mondo del possibile eppure in grado di creare universi a se stanti talmente viscerali da risultare perfettamente coerenti. Si prenda ad esempio la sequenza con cui si apre Beneath the Valley of the Ultra-vixens, con l’uomo in abiti nazisti che una volta entrato in una bara viene raggiunto da Eufaula Roop, giusto in tempo per lanciarsi in un rapporto sessuale contrappuntato da canti religiosi: un concentrato di follia a pochi passi dal dadaismo, iconoclasta riscrittura dei dogmi cinematografici.

Bitch Slap si apre, dopo un brevissimo incipit, su una sequenza di tortura perpetrata dalle tre protagoniste a un villain. Pochi minuti in cui tutto suona plastificato, falso, insincero: l’utilizzo della macchina da presa, la recitazione degli attori, la fotografia, le battute, tutto concorre a creare una fastidiosa sensazione di costruito a tavolino, senza finezza e senza alcun vero motivo. Dopotutto sarebbe stato forse troppo pretendere qualcosa di diverso, o comunque di meno prossimo all’encefalogramma piatto, per Jacobson e Gruendemann, visto che i loro curricula annoverano come pezzi da novanta le rivedibili serie televisive Hercules e Xena – Principessa guerriera: qui non siamo su livelli troppo diversi, come sottolineato dai pessimi effetti speciali di cui è invaso il film. L’abuso di chroma key è a dir poco delittuoso, ma perfettamente funzionale a un’estetica che sembra più vicina alla semplice rozzezza del softcore da cassetta che a svolazzi cinefili più o meno autorizzati. Bitch Slap è un film che non osa nulla, giocando con gli elementi dell’exploitation movie come farebbe un bambino con dei sofisticati modellini: ma a forza di scontri, urla e violenza gratuita il giocattolo si rompe, e nessuno sembra in grado di aggiustarlo. Pessimo straight-to-video che non avrebbe meritato la distribuzione nelle sale cinematografiche, sarebbe grave se Bitch Slap diventasse davvero oggetto di culto.

Info
Il trailer di Bitch Slap – Le superdotate.

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