The Continent

The Continent

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Teen-idol cinese, Han Han è scrittore, blogger, musicista, pilota e ora anche regista con il suo The Continent, rilettura decisamente interessante di un certo cinema autoriale, quasi alla Jia Zhangke, presente anche in un cameo.

Il continente non si è fermato mai un momento…

Dalla loro isola natia, un abbandonato relitto del socialismo, tre amici partono per accompagnare uno di loro verso un nuovo lavoro. Molti personaggi e molte disavventure costellano questo viaggio… [sinossi]

Forse nel prossimo futuro sarà possibile capire quanta importanza abbia avuto nel cinema cinese degli anni Duemila la simbologia del viaggio. Se il raggiungere mete lontane è sempre stato un classico della cultura e della cinematografia di questo paese – basti pensare a uno dei film cardine della Quinta Generazione come Terra gialla (1985) di Chen Kaige -, dove però l’obiettivo era quasi-antropologico, di conoscenza e scoperta di luoghi e tradizioni se vogliamo antitetici eppure comunque compresi nel territorio mandarino, ora al contrario sembra prevalere la retorica del road-movie. Retorica molto statunitense, in cui per l’appunto il vero fine non è la meta, quanto il viaggiare stesso, che diventa occasione per perdersi e magari ritrovarsi. Un viaggio però non più nella diversità di usi e costumi locali, quanto alla scoperta – deprimente – del conformismo che ha finito per azzerare tutto, come succede ad esempio in Breakup Buddies, mostrato alla 17esima edizione del Far East.
Ma, sempre in questa edizione del festival friulano, si è potuto assistere ad un altro esempio di road-movie, se vogliamo più complesso e insieme più semplice, a conferma comunque di come questo genere sia forse diventato il simbolo di una libertà di spostamento che vorrebbe sottintendere e alludere, rispetto al proprio pubblico, anche a libertà sociali, esistenziali e politiche (ovviamente del tutto illusorie, come ci ricordava Jia Zhangke in The World).
L’altro film cinese on the road di questa 17esima edizione del Far East è dunque The Continent, film d’esordio di Han Han, scrittore, teen-idol, blogger, cantante e pilota di rally. Il suo è un film d’avventura dalle caratteristiche molto occidentali, un viaggio lungo una Cina piena di insidie e di trappole, nel desiderio forse di ricominciare una vita e nell’amara consapevolezza che ricominciare è già (e sempre) impossibile.

Classe 1982, Han Han è figura senz’altro interessante nel panorama culturale e mediatico cinese, sia per il successo clamoroso che riscuote presso il pubblico più giovane, sia per la sua strabiliante polivalenza che sembra permettergli una sorta di attraversamento di tutti i campi dello scibile. Lo stesso Jia Zhangke, in occasione di I Wish I Knew, il suo film su Shanghai, non si era fatto sfuggire l’occasione di intervistarlo proprio per rintracciare e indagare la natura di questa curiosa e proteiforme figura prometeica. E, con lucidità (e anche furbizia), Han Han ha deciso di ricambiare chiamando lo stesso Jia a fare un irresistibile e wellesiano cameo in The Continent.
Al contrario del cinema del regista di Still Life, però, The Continent non sposa la linea della critica al regime. Forse la sottintende, la evoca e vi allude, ma il vero centro dell’opera d’esordio di Han Han sembra essere il ritratto di una generazione di trentenni afflitti da una nostalgia esistenziale verso quel che è stato e non si è vissuto (il socialismo) e da una sfiducia totale verso quel che sarà (un futuro de-umanizzato).
In tal senso vanno letti anche i diretti riferimenti all’immaginario del cinema di Jia Zhangke (come la parata delle migliaia di container che si vedono su un campo lungo o come una specie di alieno edificio industriale in prossimità di una casa di campagna), così come vanno letti alcuni passaggi narrativi particolarmente pregnanti (i protagonisti che si perdono in una specie di deserto e trovano relitti di missili, per un occhieggiare rivolto sia alla fantascienza che al western).

Il contesto in cui si inserisce The Continent è perciò quello di un cinema d’autore ormai internazionalizzato che supera e si differenzia sia dall’esotismo a-politico della Quinta Generazione (in cui l’enfasi data al bello stile aveva finito per essere la sua stessa ragion d’essere) sia dall’approccio politicizzato della generazione successiva (quella di Jia Zhangke che, per l’appunto, qui viene “inglobato” nel discorso). E tutto questo – va detto – viene fatto da Han Han con grande classe, con spunti geniali e visionari, tratteggiando personaggi che restano nella memoria (la prostituta che appare all’improvviso in albergo, il vagabondo truffatore) e con monologhi a tratti strepitosi (sadica e perfetta la sequenza in cui uno dei due protagonisti conosce personalmente la ragazza sua amica di penna per anni e si sente rivelare da lei l’amara verità celata dietro a questo scambio epistolare, dettato da tutt’altro che da dinamiche amorose).
Ma forse il climax emotivo e discorsivo viene raggiunto al momento della prima tappa del viaggio, quando i nostri eroi arrivano sul set di un film ambientato durante la Rivoluzione Culturale, con l’obiettivo di salutare una loro compaesana ora impiegata come comparsa. Il discorso meta-cinematografico qui si fa esplicito e il distacco ideologico e temporale di Han Han rispetto al recente passato – sia storico che iconografico – viene messo in scena con lucidità disarmante: la sequenza infatti si chiude con i protagonisti che si allontanano in auto mentre la loro amica è impegnata in una scena di finzione in cui viene fucilata. Ecco qual è dunque l’intento di Han Han in questo suo road-movie: dare l’addio a quel che c’è stato prima di lui, “uccidere” il cinema precedente e cominciare a proporre formule nuove o, almeno, diverse. La struttura episodica di The Continent allora acquista un suo senso ulteriore proprio a partire da questa riflessione: ad ogni sosta e ad ogni ripartenza ci si deve lasciare sempre qualcosa alle spalle, per procedere sempre più leggeri, senza zavorre. Eppure il meccanismo alla lunga si inceppa e finisce forse per lasciarsi dietro troppe cose (la sparizione del terzo protagonista, che è anche il narratore, appare in effetti eccessiva).
In ogni caso, se Han Han – tra i mille suoi impegni – dovesse decidersi di dedicarsi con qualche assiduità al cinema, non ci stupirebbe che i maggiori festival internazionali potrebbero cominciare a contendersi i suoi film.

Info:
Il trailer di The Continent su Youtube
La scheda di The Continent sul sito del Far East
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