Day Off

Day Off

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Day Off, terzo lungometraggio della cineasta taiwanese Fu Tien-yu, è il delicato e partecipe racconto di un’anziana parrucchiera per uomini, e del contrasto tra un’epoca in cui il lavoro svolgeva ancora un ruolo sociale, e collettivo, e una contemporaneità in cui tutto è solo veicolato dal denaro e dal guadagno. Al Far East 2023.

Tagli generazionali

A-Rui è una parrucchiera sulla sessantina e vive in un paesino dove da decenni ha una clientela fissa; vedova, la donna ha due figlie femmine e un figlio maschio, tutti alle prese con il lavoro o il modo di sbarcare il lunario. Un giorno A-Rui decide di andare a tagliare i capelli al suo anziano dentista che non abita più nel circondario: per farlo chiude bottega, sale sulla propria macchina scassata e si prende un giorno libero. [sinossi]

L’importanza, il valore e l’evoluzione della famiglia sono tra i temi più battuti di alcune cinematografie dell’Estremo Oriente sia per quanto riguarda i grandi maestri (da Ozu a Kore-eda) sia per quanto concerne il racconto popolare. Se si pensa al cinema taiwanese, ci si rende inoltre conto che gli esordi di un regista destinato a diventare centrale come Hou Hsiao-hsien sono contraddistinti da riferimenti persistenti al nucleo famigliare (In vacanza dal nonno, 1984 o anche Dust in the Wind, 1986) che è termometro del cambiamento sociale e della direzione, non proprio positiva, intrapresa dal mondo del capitale che muta rapidamente. Lavoro schietto, diretto, genuino e senza pretese intellettuali il terzo film della taiwanese Fu Tien-yu si inserisce nella tradizione della narrazione famigliare risultando ben scritto, ben interpretato da tutti gli attori e autenticamente di cuore. Ispirato alle chiacchiere fatte con la madre e girato nella vecchia casa in cui la regista stessa è cresciuta, Day Off (“Giorno libero”) è una bella commedia in cui le generazioni vengono messe a confronto con tutte le implicazioni che questo paragone comporta.

A-Rui (interpretata da Lu Hsiao-fen, attrice molto popolare nel cinema taiwanese degli anni ’80 e ’90) è una signora sulla sessantina che per tutta la vita ha tagliato i capelli alla comunità che vive nel sobborgo della città di Taichung dove abita. Parrucchiera di quartiere, A-Rui esercita a casa propria, ha una clientela così stabile da essere lei a convocare le persone quando è ora di rivedere la pettinatura e ha sempre vissuto il proprio lavoro come un servizio per gli altri. Un servizio in cui in cambio si riceve qualcosa, il denaro certo, ma che innanzitutto è un atto di cura, un’azione utile se non necessaria quando i capelli non hanno più “un verso”: con questo spirito la protagonista vive e lavora e, come lei, vivono o lavorano altri anziani della zona come il dentista o il cuoco di ramen. O come qualche giovane, per esempio il meccanico Chuan (Fu Meng-po), marito da cui una delle figlie di A-Rui sta divorziando proprio perché l’uomo è incapace di dare valore al denaro facendo spesso credito a chi ne ha bisogno. I tre figli della donna incarnano le relazioni con il lavoro e i soldi create da una società che rende sempre più difficile ottenere un buon reddito ma allo stesso tempo sollecita a essere ambiziosi, a puntare in alto, a diventare imprenditori e “avere idee” come se tutto dipendesse dal singolo. Dalle criptovalute ai pannelli solari, dal diploma da stylist all’investimento per aprire un’attività, la generazione dei trentenni le prova un po’ tutte: se è vero che entrambe le figlie di A-Rui si occupano di estetica come la madre (una fa proprio la parrucchiera, ma in un salone molto diverso dal tinello in cui sua mamma sforbicia frange) e le somigliano più di quanto vorrebbero, tutte e due hanno come primo obiettivo non vivere nel sobborgo e “tirar su” soldi, tema persistente nel film, senza i quali non ci può comprare certo casa a Taipei (dove una di loro vive già), ma neppure continuare a pagare un affitto per un posto decente, né si può essere autonomi dopo il divorzio. La necessità di incassare per pagare le cose è la ragione che muove la nuova generazione di lavoratori, laddove quella di A-Rui – che ha un’automobile da 30 anni e in generale non compra niente di superfluo – viveva il proprio compito come una funzione sociale da espletare per la collettività. Senza farlo pesare e realizzando una commedia dolce con momenti buffi, la regista Fu Tien-yu inserisce puntualmente tra le righe una riflessione sui cambiamenti della società taiwanese visti attraverso la lente di un famiglia che è, ovviamente, retta da una donna.

Un po’ “ajoomma” (ossia signora di mezza età con figli grandi, come la protagonista del film di apertura del Far East Film Festival 2023), A-Rui è spesso in disaccordo con i figli e la loro visione delle cose ma è consapevole che il mondo in cui è cresciuta sta sparendo e non può farci niente se non continuare a lavorare (ossia a vivere ed essere) per persone che non sono solo clienti, ma collettività ed esseri umani con cui nel corso dei decenni si sono instaurati legami, magari silenziosi e poco esplicitati, ma indubitabili. Come quello che la parrucchiera ha con il suo dentista, afflitto da un grave problema di salute e che A-Rui andrà a trovare lontano da Taichung per tagliargli un’ultima volta i capelli. La sequenza centrale di Day Off è quella in cui la donna “chiude bottega” per un giorno e va a fornire il suo servizio a una persona che, a sua volta, le ha fornito il proprio per una vita come dentista: si lavora sensatamente solo se il lavoro è per gli altri, è cura dell’altro, rispetto della comunità e del ruolo che si ricopre al suo interno. La bella sequenza in cui A-Rui si reca dall’ex dentista si chiude infatti con il ricordo da parte della donna non del proprio matrimonio e non della propria famiglia magari coi figli piccoli, ma del suo maestro parrucchiere, di colui che le ha insegnato il valore di un taglio ben fatto: Day Off racconta quindi una generazione destinata a scomparire e che incarna ancora la cultura confuciana. Come madre, la protagonista – che è pilastro per i tre figli, anche se questi la prendono quasi sempre in giro – vive un distacco progressivo dalla propria discendenza, malinconico ma non tragico e nella piena cognizione dello scorrere del tempo e dell’ineluttabilità dei cambiamenti: A-Rui è un bel ritratto di signora e, come la regista, non giudica eccessivamente la progenie, preferendo in fondo il film più omaggiare il passato che criticare il presente, messo volentieri alla berlina da qualche sagace battuta volta a sottolineare il ridicolo di un mondo apparentemente pieno di possibilità e in verità più ristretto e ingannevole di quello in cui è cresciuta la protagonista. Testimonianza di una società destinata a morire con la generazione degli anziani, Day Off è davvero ben sceneggiato, non si disperde mai in sottotrame inutili (ogni personaggio che vediamo occupa un proprio spazio e possiede un proprio intimo senso), coniuga divertimento e nostalgia con destrezza dimostrandosi un film definito, rifinito e curato. Come un bel taglio di capelli.

Info
Day Off sul sito del Far East.

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