Les chambres rouges

Les chambres rouges

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La fascinazione morbosa per i crimini efferati, i processi giudiziari che diventano spettacolo, i serial killer, gli snuff movie: sono i temi toccati da Les chambres rouges, terzo lungometraggio del canadese Pascal Plante, presentato in concorso al 57° Kalovy Vary International Film Festival. Il regista si muove sul tema con razionalità calcolata e freddezza.

Tutti i giorni in pretura

Kelly-Anne si sveglia presto ogni mattina per assicurarsi di trovare posto come pubblico al tribunale, per assistere al processo contro Ludovic Chevalier, un serial killer di cui è ossessionata. La giovane donna si lega con un’altra ‘groupie’ dell’imputato. Kelly-Anne cercherà di mettere le mani sull’ultimo pezzo del puzzle: il video mancante di una delle vittime, una tredicenne con la quale Kelly-Anne ha una somiglianza inquietante. [sinossi]

Indagare sula fascinazione che nella nostra società esercitano i ‘true crime’, i crimini efferati dei quali giornali e tv riportano con dovizia i particolari, anche in trasmissioni e riviste dedicate, coinvolgendo il pubblico in un gioco da detective story, facendo prendere posizione tra innocentisti e colpevolisti. Si tratta di un fenomeno, molto diffuso in tanti paesi, al centro di Les chambres rouges, terzo lungometraggio del regista québécois Pascal Plante, presentato nella Crystal Globe Competition del 57° Karlovy Vary IFF. Non un fenomeno nuovo. John Waters dedica un intero capitolo del suo libro Shock a raccontare dei processi famosi che ha seguito, dal Watergate a quello a Patty Hearst, e dei trucchetti per riuscire a entrare e ottenere i posti migliori. Sembra che i serial killer siano particolarmente popolari tra un pubblico femminile, e ne sarebbe riprova la gran quantità di lettere, spedite da signore, che Charles Manson riceva in carcere.

Su queste premesse si gioca il lavoro di Pascal Plante, creando il personaggio di Kelly-Anne, oscuro ed enigmatico, che segue il processo al presunto serial killer Ludovic Chevalier, cui vengono addebitati tre omicidi particolarmente efferati a carico di giovani ragazze, riprese durante le sevizie avvenute all’interno di camere rosse. Una donna affascinante Kelly-Anne, che vediamo anche in sue foto elegantissime nel suo lavoro ufficiale, da modella. Diventerà presto amica di un’altra ‘groupie’, seduta accanto a lei in tribunale, sostenitrice dell’innocenza dell’accusato.

La storia è un pretesto per l’autore per ragionare sulle immagini e sulla rappresentazione. Di base c’è una scena primaria, quella degli omicidi, che è un’immagine mancante. Se ne vede solo il riflesso rosso in un controcampo. Quelle sequenze riprese non rappresentabili, di sevizie, amputazioni, omicidi che costituiscono l’immagine del dolore degli altri, direbbe Susan Sontag. Attorno a queste si costruiscono diverse rappresentazioni, come quella delle trasmissioni televisive a tema, o dei video. Mentre una forma di spettacolo anch’essa è quella del dibattimento processuale, con tutti i suoi riti e i suoi formalismi, e con i vestiti di scena come le toghe, volti a impostare e risolvere un problema di colpevolezza o innocenza. Tutta la prima parte del film propone l’inizio del processo seguito in tempo reale, senza pause né stacchi.

Sulle immagini, e sul ritrovamento di quelle mancanti da parte della protagonista, si gioca la narrazione del film, vedendo mescolamenti e intersezioni tra diversi livelli di rappresentazione. La chiusura dell’incastro narrativo-visivo finale ricorda le dinamiche e i teoremi sulla visione di film del connazionale Atom Egoyan (The Adjuster, Exotica). E del collega condivide le geometrie cartesiane narrative ma anche una freddezza glaciale della messa in scena.

Info
Les chambres rouges sul sito di Karlovy Vary.

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