L’invenzione della neve

L’invenzione della neve

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Già presentato nelle Giornate degli Autori di Venezia 80 all’interno delle Notti Veneziane, L’invenzione della neve di Vittorio Moroni mescola con disinvoltura ed efficacia realismo e fiaba, onirismo e concreta spietatezza. Un dramma familiare sui generis, con al centro un personaggio capace di ispirare uno spettro emotivo variegato, interpretato da un’ottima Elena Gigliotti.

Salvezza o oblio?

Carmen, da tempo separata da suo marito e dalla piccola Giada, non si è mai rassegnata alla perdita di entrambi. I giudici le hanno permesso di vedere la bambina solo ogni 15 giorni, ma la donna vuole dimostrare di essere all’altezza di crescere sua figlia, evitando a Giada lo stesso destino di separazione e abbandono che lei stessa ha sperimentato da piccola. [sinossi]

È un periodo, questo, di ritratti femminili sui generis, per il cinema italiano. Due di questi – tra i più importanti e riusciti – li abbiamo potuti vedere nell’appena conclusa Mostra del Cinema di Venezia: da una parte Felicità, esordio alla regia di Micaela Ramazzotti da lei stesso interpretato, presentato nella sezione Orizzonti Extra; dall’altra questo L’invenzione della neve, terzo lungometraggio di fiction di Vittorio Moroni, che ha fatto invece parte del cartellone delle Giornate degli Autori nella sezione Notti Veneziane. In entrambi i casi, drammi familiari con al centro il tema del disagio (affettivo, psicologico e sociale) guidati da un personaggio femminile forte, e a suo modo atipico. La scelta espressiva di Moroni, tuttavia, può dirsi senz’altro più radicale – e rischiosa – di quella della più nota collega: questo suo nuovo lavoro mescola infatti un registro all’insegna di uno spietato realismo – fatto di lunghi piani sequenza che seguono in modo ravvicinato, e a tratti quasi soffocante, la sua protagonista – con un mood fiabesco che si esplicita, in particolar modo, nelle due sequenze animate curate da Gianluigi Toccafondo, la prima delle quali apre il film. Un amalgama di registri apparentemente in conflitto, che tuttavia restano in realtà presenti, in misure diverse, per tutta la durata del film; una compresenza che rappresenta di fatto una delle principali ragioni del fascino di questo nuovo lavoro del regista valtellinese.

La composita atmosfera de L’invenzione della neve, comunque, si adegua e si lascia guidare innanzitutto dal fare umorale della sua protagonista (interpretata da una notevole Elena Gigliotti) che a sua volta alterna parentesi di vitalità pura e quasi infantile – quella di chi parla con i palloncini a forma di animale nella sequenza iniziale del film, sorta di prolungamento del prologo animato – a momenti di cupezza nichilista, che volutamente allontanano lo spettatore. La Carmen interpretata da Gigliotti è capace di ispirare, nel giro di pochi minuti, empatia e repulsione, identificazione per un personaggio oppresso (da un contesto sociale tutt’altro che supportante, così come da una storia familiare di sofferenze e privazioni) e distanza per il suo fare manipolativo; ne è esempio una delle sequenze più tese e riuscite del film, quella in cui la protagonista si reca nel negozio di proprietà dei genitori del suo ex compagno, deridendo e mettendo crudelmente sotto pressione l’attuale fidanzata di quest’ultimo. Una sequenza in cui si rileva anche la capacità del regista di attuare quella compenetrazione – nella stessa sequenza – di realismo e mood fiabesco di cui abbiamo detto in apertura; una compenetrazione qui espressa nei dettagli su volti e corpi degli animali, alternati alle esternazioni prive di filtri di Carmen. E in fondo, a ben vedere, la stessa sequenza animata iniziale, con la sua enfasi sul pericolo e sull’incapacità dei genitori di sottrarvi del tutto la piccola Giada – non a caso lasciata sempre fuori campo – contiene lo stesso mix di registri, pur diversamente dosato.

Le varie gradazioni dello spettro emotivo evocato dal film si esprimono anche (con una scelta non del tutto nuova, ma comunque efficace) nelle variazioni nelle proporzioni dell’immagine: si va, infatti, dal formato panoramico delle sequenze ambientate nella vecchia casa di Carmen e Massimo – a trasmettere un’ariosità che per la protagonista diviene comfort zone, in un luogo che è anche spazio della memoria, oltre che simbolico prolungamento della storia raccontata a sua figlia – allo stretto 1.33:1 delle parti ambientate nel piccolo appartamento della donna, luogo di una claustrofobia che è mentale oltre che fisica. Su tutto c’è quella metafora (utopica) della neve come manto protettivo ultimo, tanto per la piccola Giada quanto per sua madre; quest’ultima, a più riprese, mostra infatti di voler cancellare il suo passato e ricominciare dove nessuno possa ricordarle i suoi errori. Ma il bianco evocato dalla neve è anche quello che copre (crudelmente) i disegni fatti dalla stessa Carmen nella vecchia stanza della bambina; la cancellazione evocata diventa quindi (anche) oblio, azzeramento dei ricordi e, in un certo senso, annullamento della propria stessa identità.

Un’identità, quella di Carmen – così come quelle degli altri personaggi principali del film – che nella storia di L’invenzione della neve scopriamo in modo graduale, con un ampliamento progressivo di prospettiva che non diviene mai stravolgimento del punto di vista, ma semmai arricchimento e problematizzazione dell’ottica iniziale. I cenni che il film fa al passato dei due ex compagni – espressi e ripresi in particolare in due esplicite sequenze – provocano un cambiamento d’ottica che è in realtà introduzione di quelle nuances che rendono più credibile (e vicina al vissuto dello spettatore) la vicenda; la sceneggiatura sembra invitare a sospendere qualsiasi giudizio sui personaggi e sulle loro storie, senza sospendere tuttavia la partecipazione emotiva per le vicende messe in scena nel qui e ora rappresentato dal film. In quel luogo, cioè, dove crudeltà e meraviglia convivono fianco a fianco, e dove l’irruzione dell’onirico nel quotidiano – con tutta la sua spietata indeterminatezza, così come succede nella significativa conclusione – non appare in definitiva così strana.

Info
L’invenzione della neve, il trailer.

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