Informe general sobre unas cuestiones de interés para una proyección pública

Informe general sobre unas cuestiones de interés para una proyección pública

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Presentato nella retrospettiva su Pere Portabella dell’International Film Festival Rotterdam, Informe general sobre unas cuestiones de interés para una proyección pública è l’opera del regista catalano dedicata agli esperimenti di democrazia in Spagna dopo la fine della dittatura franchista. Interviste, discussioni interminabili sul futuro assetto da dare al paese, ma anche cinema e teatro.

La democrazia è un film parlato

Il 20 novembre 1975 Francisco Franco finalmente muore. Ora la Spagna può diventare una democrazia. Comincia così il periodo detto ‘transición’, che finisce per qualcuno il il 6 dicembre 1978 con la ratificazione della Costituzione Spagnola, per altri con la vittoria alle elezioni del Partito Socialista Operaio Spagnolo nel 1982 dopo un tentato colpo di stato fascista l’anno precedente. [sinossi]

Pere Portabella, classe 1929, ha speso la prima parte della sua carriera cinematografica non certo adagiandosi all’ideologia del regime franchista. Prima come produttore, tra le altre cose anche di Viridiana di Luis Buñuel, poi con film da regista come Cuadecuc, vampir, nel ingaggia Chistopher Lee per una sottile equiparazione di franchismo e vampirismo. Informe general sobre unas cuestiones de interés para una proyección pública conclude la prima parte della sua carriera cinematografica, con un lavoro che registra il lento e confuso risveglio della democrazia, le prime elezioni libere del 15 giugno 1977, alle quali partecipa lo stesso Portabella che viene eletto alla camera alta della Cortes. Un lavoro quindi di cinema militante, di racconto quasi in prima persona, degli esperimenti di pluralismo. Un cinema quindi che si sporca le mani e si invischia nel reale.
Vedendo oggi questo lavoro, non si può non farlo con il naturale distacco che ci pone rispetto a vicende oramai storicizzate di un altro paese. Si può quindi solo immaginare l’entusiasmo, l’ebbrezza di libertà che si stava vivendo in quegli attimi. Ma non si può che tollerare a fatica, in un film di due ore e mezza, le lunghissime parti di discussioni, dibattiti, conversazioni, quasi come le ingessatissime tribune politiche italiane di una volta. Uomini politici che discettano sul futuro assetto costituzionale, su riequilibrio dei poteri. E poi domande su quale ruolo lasciare alla Chiesa. Sindacalisti che discutono sull’eventuale unificazione delle organizzazione sindacali. Dissertazioni sulle concessioni da dare alle minoranze come quella basca. Disquisizioni interminabili sulle differenze tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta. Con gli occhi attuali tutto appare estenuante, rende faticosa la visione del film. Ma poco importa. Quello che ha lasciato con questo film Portabella, è un segnale chiaro. Finita la dittatura, si parla. Si discute, si confrontano posizioni diverse, ma ora finalmente si può fare. La libertà può anche coincidere con la noia.

Coerentemente per un regista per cui non c’è mai stata separazione tra finzione e documentario o cinéma vérité, in Informe general sobre unas cuestiones de interés para una proyección pública, compare prepotentemente il cinema, in chiave di ribaltamento, nella sua affermazione hitchcockiana di fetta di torta da contrapporre alle fette di vita. A condurre molti momenti del film è anzitutto un attore, qualificato da subito come tale e segnali di cinema trapelano ogni tanto, come l’inquadratura di un manifesto di un film con Jean-Paul Belmondo; fino ad arrivare a un momento in cui si inquadra uno schermo cinematografico, uno schermo dentro un altro schermo, da cui cominciano immagini di film action, di film di spionaggio movimentatissimi, con protagonista l’attore di cui sopra. Si recuperano pizze e si mettono le pellicole in moviola. Ci sono i film di genere, di intrattenimento che si producevano durante la dittatura franchista. Si vede la scena di una famiglia che si raccoglie in preghiera prima del pranzo, rappresentazione e celebrazione della borghesia. Il cinema, la finzione possono nascondere la realtà o distogliere l’attenzione da questa.
E ancora i momenti delle chiacchierate politiche si qualificano come movimenti di cinema verità. Il cameriere che entra a portare il caffè agli uomini politici in piena discussione, si schiva per non essere ripreso dalla macchina da presa, ma viene invitato a entrare tranquillamente nell’inquadratura. È la democrazia, ma anche l’occhio di un cinema che non occulta nulla. E un uomo politico chiacchierando parla della sua eventuale partecipazione a un film catalano. Il manifesto politico di Portabella diventa così anche un manifesto estetico. Le poltrone dell’emiciclo di un parlamento vengono assimilate visivamente a quelle di una sala di teatro. Ci stiamo avvicinando alla celebrazione, come un evento teatrale, della nuova democrazia. E il film, dove si sentono le canzoni basche, si conclude con una rappresentazione della Salomè. Il senso della messa in scena è altissimo come all’inizio, con le inquadrature austere degli spazi architettonici ampi e regolari, con una croce e una chiesa, della tomba di Franco, la sua celebrazione teatrale anche dopo la morte. Ma ora è arrivato il tempo di nuove forme di rappresentazione.

Info
Informe general sobre unas cuestiones de interés para una proyección pública, la scheda sul sito del IFFR.

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