W la foca

W la foca

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Sepolto da ventidue anni nei magazzini della Titanus, torna W la foca, film-fantasma di Nando Cicero del 1982, scatenata epitome della commedia sexy. A Venezia 2004 per la retrospettiva Italian Kings of the B’s.

Segno-foca

Andrea, un’infermiera veneta in cerca d’impiego a Roma, inizia come cameriera in casa del dott. Patacchiola, un medico molto particolare e con una famiglia altrettanto strana, fino a vincere in un concorso fotografico una foca. Andrea tenta inutilmente la strada dello spettacolo nelle tv private, per divenire infine direttrice di una clinica dimagrante… [sinossi]

“Perché vieni a vedere W la foca!?”, mi sono sentito chiedere, in quel di Venezia 2004, all’ingresso della proiezione in Sala Perla da due ragazzette intrepide armate di telecamera, senza sapere che la mia faccia sarebbe finita in onda, di lì a poco, su Coming Soon. Ho risposto semplicemente: “Perché non si è mai più visto da allora, sono curioso”.
Sepolto da ventidue anni nei magazzini della Titanus, finalmente il film-fantasma di Nando Cicero è riapparso, ristampato dal positivo appositamente per l’evento veneziano.
La cosa più fastidiosa è senz’altro l’ondata mondano-modaiolistica che ha accompagnato il fatto. La parola nella testa della critica bacchettona come in quella del popolo n(e)oglobal dello stracult a priori è stata una sola: rivalutazione. Che implica un giudizio di merito, cosa che a noi interessa molto relativamente.
Nell’idea dei curatori, più che di rivalutazione, si è trattato di rendere accessibile un film che prima non lo era, e di dare a godere, nella sua sfrontata ludicità, questa visione denegata, permettendo ad ognuno di viverla a modo suo.
Ma i media hanno ugualmente strumentalizzato l’evento, costruendo castelli di sabbia attorno a tutti quei ragazzetti cresciuti a trash e mortadella, col pollice consunto da anni di zapping notturno sulle emittenti più private, a caccia di qualche scampolo di fotogramma di questo fantastico (perché scatena la fantasia) titolo.

Cinema della corporeità (maschile: gommosa, marionettistica, funambolica, slapstick, voyeur; femminile: carnale, “pecoreccia”, fetish, sincera e spassionata), W la foca contesta il teorema del piano inclinato verso cui tutto il film di genere del 1982 stava irrimediabilmente incanalandosi. Assolutamente scatenato, delirante, irriverente. Niente a che vedere con gli altri ultimi, orribili scampoli della commedia sexy, che tentava di rifarsi una nuova veste tra farse prive di qualsiasi mordente (l’ultima fase delle “dottoresse” parla chiaro) e derive nella commedia dei nuovi comici meno sofisticati alla Abatantuono (vedi l’insipido Sballato, gasato, completamente fuso, con la Fenech ripulita e la mise en scène del povero Steno praticamente azzerata).
W la foca è la rivolta contro tutto questo, l’ultimo vero solitario vagito di libertà. Al film-mattatoriale retto dai Banfi-Montagnani, si sostituisce il film corale regolato dai caratteristi che salgono in primo piano.
Bombolo, certo, forse mai come qui personaggio di spicco, ma anche Bracardi, Nino Terzo, Franca Scagnetti, Ennio Antonelli (amen) e l’immancabile Jimmy il Fenomeno (cui viene concessa una delle battute più divertenti del film). Corpi-emblema di un cinema “altro” che, visto dalla siderale distanza di oggi, risulta manipolabile a piacimento secondo l’uso che se ne preferisce fare.

Per molti W la foca è soltanto l’ennesima commediaccia volgare e spregevole, epitome di un genere negletto ormai in agonia. Per altri è invece uno dei punti di massima consapevolezza teorica del filone, pieno di allusioni metalinguistiche a celebrare lo stadio terminale di un cinema mai così anarchicamente basso. Sergio Germani, vero padrino del film, ne parlava già ai tempi su Filmcritica, elogiando Cicero come uno dei più grandi mestieranti del cinema italiano, per arrivare a lasciarsi sfuggire, alla presentazione del film in Sala Perla, la superiorità di Ultimo tango a Zagarol (1973) sul pre-testo eponimo di Bertolucci.
Difficile, poco serio e persino controproducente, ragionare su confronti così diretti tra alto e basso. È solo un gioco? Meglio godersi il non-sense assoluto e a suo modo purissimo delle comiche di Cicero. Meglio felicitarsi dello scandalo dal sapore dada suscitato nel gotha benpensante al solo sapere dell’inserimento di un film con Bombolo nella cornice accademico-mondana di Venezia.

Eppure, non si può non notare la strabiliante nitidezza teorica della pellicola, in sequenze come quella della sala dove proiettano un film sexy (vediamo il film letteralmente guardarsi) o nelle brechtiane e reiterate messe in scena di docce e strip vari, talmente calcate da risultare didattiche, da innescare un distanziamento, uno spostamento percettivo dal significato al significante. E ancora, la straniante allusione del titolo si ripercuote effettivamente sul profilmico, creando una specie di cortocircuito semiotico all’apparire in scena, in un’unica inquadratura, della foca accostata a Lory Del Santo. La foca come segno (sogno?). Segno-foca.

Info
La pagina Wikipedia di W la foca.
  • w-la-foca-1982-nando-cicero-1.jpg
  • w-la-foca-1982-nando-cicero-2.jpg

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