Due volte non si muore

Due volte non si muore

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Siamo grati a chi, come la Koch Media, si sta operando per dare visibilità a film come Due volte non si muore (Unruhige Nacht) del poco conosciuto Falk Harnack, regista che nel 1958 propose al pubblico della Germania Ovest un dramma bellico intessuto di profondi dilemmi morali.

Di sicuro le immagini dei vecchi film di guerra americani, riviste in televisione chissà quante volte, hanno avuto un peso non indifferente nell’immaginario collettivo, così come si è potuto formare in Italia e in gran parte del mondo, a partire ovviamente dagli altri paesi del blocco occidentale. C’è molto da riscoprire, invece, riguardo al modo di rappresentare la Seconda Guerra Mondiale nelle cinematografie di singole nazioni della vecchia Europa. Esemplare il caso della Germania. Per il pubblico tedesco sono state realizzate diverse pellicole, soprattutto durante gli anni ’50, che hanno significato per quel paese uscito moralmente (e non solo) a pezzi dal terribile conflitto una sorta di esame di coscienza. La Germania sconfitta ha cominciato molto presto a guardarsi allo specchio: ciò che vedeva non era certo rinfrancante, ma necessitava comunque di una rielaborazione su cui poggiare la difficile rinascita. Occorreva in primo luogo che si tracciasse una linea di demarcazione tra i buoni e i cattivi, tra chi aveva abbracciato senza riserve la causa nazista e chi aveva cercato di non compromettersi con essa. Molti, di conseguenza, gli interrogativi etici sulle zone grigie costituite da chi asseriva di aver provato a defilarsi da quel criminale regime, restandone di fatto complice, per aver continuato ad obbedire ciecamente agli ordini. Nella DDR il cinema ha svolto un ruolo tutto sommato più facile, potendo individuare nelle scorie della resistenza comunista in Germania le basi su cui edificare un consenso diffuso: ne è valido esempio un film del 1963, Nudo tra i lupi (Nackt unter wölfen) di Frank Beyer, tesa a rievocare l’episodio di ribellione avvenuto in uno dei principali lager nazisti. La rigorosissima pellicola si relazionava infatti a quei campi di concentramento ormai vicini alla linea del fronte, Buchenwald nella fattispecie, dove i prigionieri avevano attivato un movimento di resistenza sotto la guida dei cosiddetti triangoli rossi, ovvero quei detenuti politici che, in molti casi, scontavano così la loro appartenenza ad organizzazioni comuniste o comunque ostili al nazismo. Indubbiamente più complesse le circostanze che hanno spinto alla realizzazione di pellicole analoghe nella Germania Occidentale.

Siamo pertanto grati a chi, come la Koch Media, si sta operando per dare visibilità a film come Due volte non si muore (Unruhige Nacht) del poco conosciuto Falk Harnack, regista che nel 1958 propose al pubblico della Germania Ovest un dramma bellico intessuto di profondi dilemmi morali. Azione quasi assente. Trama ricondotta alla condanna a morte di un disertore e all’inchiesta portata avanti privatamente, con tanta buona volontà ma senza poter scalfire la crudeltà della burocrazia militare, da un generoso cappellano militare, padre Brunner, interpretato con indubbio carisma dal navigato Bernhard Wicki. Con le scene di combattimento limitate, in flashback, al bombardamento di un treno e a poco altro ancora, si ha quasi l’impressione di avere davanti un legal movie alla Sidney Lumet ambientato al fronte, il fronte russo per la precisione. Ed è quindi nei territori russi occupati che ha luogo l’investigazione del volenteroso reverendo luterano, intenzionato a far luce sul caso di un umile soldato scappato dal battaglione di punizione, dove era stato frettolosamente assegnato a causa di una presunta infrazione al regolamento, per ricongiungersi con la giovane vedova russa di cui è innamorato. Da qui l’inevitabile e crudele condanna.

Due volte non si muore tenta la strada, comune ad altre produzione del periodo, dell’indagine sulle responsabilità individuali in una guerra sporca e resa ancora più infame dalla barbarie nazista. L’obiettivo dichiarato del plot è individuare nella Wehrmacht soggetti maggiormente compromessi ed altri che obbediscono malvolentieri ai terribili ordini, andando poi incontro al rimorso, magari tardivo ma sincero, dovuto in questo caso ad inclinazioni personali e ideologiche (il protagonista è un pastore protestante, come anche l’ufficiale che suo malgrado comanderà il plotone d’esecuzione) non ancora fagocitate dal moloch nazionalsocialista. Qua e là affiorano tracce di retorica, di debolezza nel portare alle estreme conseguenze gli spunti più meritevoli della sceneggiatura. Ma nel complesso il discorso regge, puntellato da una regia priva di colpi di genio ma attenta, soprattutto nella gestione dell’affiatatissimo cast e nel valorizzare le scenografie ricostruite in studio, a orientare efficacemente lo sguardo, con gli interni spesso esplorati dalle panoramiche e dalle carrellate di rito. La fotografia in bianco e nero rivive con sufficiente nitidezza in questa edizione in DVD di Due volte non si muore, che si fregia di pochi extra tra cui il trailer e una nutrita gallery fotografica.

Info
Il trailer di Due volte non si muore.

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