The Butterfly Room – La stanza delle farfalle

The Butterfly Room – La stanza delle farfalle

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Inquietante e ben diretto The Butterfly Room – La stanza delle farfalle di Jonathan Zarantonello è un’opera senza tempo, decisamente apparentata con i ritmi e le atmosfere dei thriller degli anni Settanta e Ottanta.

Crisalidi

Ann, una signora elegante e solitaria, ossessionata dalla sua collezione di farfalle, stringe un’insolita amicizia con Alice, una bambina di una bellezza inquietante. Con la sua ammaliante innocenza, Alice instaura con Ann una distorta relazione madre-figlia. Attirata nel suo mondo malato, Ann presto scopre di non essere l’unica a ricevere attenzioni dalla bambina. Il trauma del confronto con le altre donne che la bambina frequenta risveglia in Ann un oscuro passato, dando il via a una spirale di follia: una serie di omicidi brutali e bizzarri che Ann commetterà per preservare la sua apparente docilità e insospettabilità. L’unica ad accorgersi che c’è qualcosa che non va in Ann è Julie, la figlia di nove anni della sua vicina di casa. Mossa da un’irresistibile curiosità, Julie si mette a esplorare ogni angolo della casa di Ann, fino a scoprire un terrificante segreto, fra le pareti della stanza delle farfalle… [sinossi]
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“Stare into these eyes… Discover deep within them the unspeakable terrifying secret of Black Sunday… It will paralyze you with fright!”. Con questa frase fu lanciato sul mercato statunitense La maschera del demonio, folgorante esordio alla regia di Mario Bava: gli occhi, ovviamente, erano quelli dell’algida e splendida Barbara Steele, nel film impegnata nel doppio ruolo dell’angelica Katja e della sua ava, il demone Asa. Da quel momento, per intere generazioni di amanti dell’horror, la Steele divenne la scream queen per antonomasia, di quando in quando affiancata da alcune sue colleghe ma senza mai correre il rischio di venire scalzata dal trono. Negli ultimi venticinque anni le apparizioni sul grande e sul piccolo schermo dell’attrice britannica sono diventate una rarità: anche per questo l’uscita in sala di The Butterfly Room – La stanza delle farfalle si ammanta di un fascino tutto speciale.

Terzo lungometraggio diretto dal vicentino Jonathan (o Gionata) Zarantonello, The Butterfly Room sembra figlio di un’altra epoca, e non solo per la presenza in scena di un’attrice così restia negli ultimi decenni a dedicarsi alla recitazione: a partire dai tagli di montaggio, fino ad arrivare all’uso dei colori e al contrappunto musicale della colonna sonora composta da Pivio e Aldo De Scalzi, l’impressione è quella di trovarsi a tu per tu con un’opera senza tempo, decisamente apparentata con i ritmi e le atmosfere dei thriller degli anni Settanta e Ottanta. Eppure Zarantonello riesce a scartare con notevole abilità il rischio di scadere in una mera riproposizione del cinema del tempo che fu, evitando una mera operazione di riciclo vagamente cinefilo che avrebbe finito per mortificare un’opera che al contrario esprime la propria forza nella capacità di architettare un’intelaiatura immaginifica e narrativa “classica” senza abbandonarsi a un calligrafismo mortifero. La storia dell’anziana e squilibrata Ann, alla disperata e compulsiva ricerca di una ragazzina che sostituisca il vuoto lasciato da una figlia che ha tagliato i ponti con lei per via di un carattere autoritario, diventa nelle mani di Zarantonello il grimaldello indispensabile per scardinare le resistenze del genere. Lasciando che l’azione proceda saltando avanti e indietro nel tempo, riavvolgendo la narrazione ogni volta che ne sente la necessità, il regista vicentino non solo costringe lo spettatore a confrontarsi con un personaggio ambiguo e agghiacciante (e il primo piano degli occhi della Steele, su cui si apre il film, trascina da subito in media res il pubblico atterrendolo e affascinandolo allo stesso tempo) ma lo spinge anche a rinunciare alle placide certezze e agli appigli che potrebbe rintracciare seguendo uno svolgimento lineare del racconto.

Crudele, morboso e dominato da un ritmo che non lascia alcun respiro, The Butterfly Room è sì lo scandaglio di una mente perversa e disturbata, ma anche la messa in scena di un universo malato nelle fondamenta: tra figlie che pagano i traumi subiti in gioventù, prostitute pronte a sfruttare la propria progenie per accumulare denaro, bambine profittatrici e uomini laidi e ricattatori, Zarantonello mette in scena un microcosmo putrido, lavorando con mirabile cura sui dettagli, a partire da un casting notevole fin nella scelta delle comparse. Lo sguardo del trentaquattrenne regista non si lascia avviluppare nelle spire della contemporaneità, mantenendo una “neutralità” artistica senza dubbio apprezzabile: in un mondo del cinema che abusa oramai da anni della macchina a mano e della confusione omogeneizzata e predefinita per portare sullo schermo le scorie dell’orrore e dell’abiezione, viene naturale applaudire un’opera che si muove in direzione ostinata e contraria. Ogni movimento di macchina, ogni messa in quadro di Zarantonello nascondono al proprio interno una nettezza di pensiero sul genere e sulle sue necessità che esula dalla mera voglia di stupire lo spettatore.

In tal senso si concentri l’attenzione sul modus operandi del regista per quel che concerne la rappresentazione dell’omicidio: senza lasciarsi prendere la mano dalla colonna sonora e senza mai utilizzare la videocamera come un’arma nei confronti dell’ignavia dello spettatore, Zarantonello esibisce la barbarie di The Butterfly Room con una naturalezza che terrorizza con ancora maggior forza. Una capacità di creare angoscia che diventa ancor più evidente se si considera che l’attenzione del cinefilo e dell’amante del genere è messa a dura prova dalla passerella di regine dell’urlo – e non solo – destinate a prendere corpo sullo schermo: oltre alla straordinaria Steele, infatti, le location del film sono abitate da Erica Leerhsen (tra i protagonisti di Non aprite quella porta versione Marcus Nispel), Heather Langenkamp (l’indimenticabile Nancy Thompson della saga Nightmare), Camille Keaton (Cosa avete fatto a Solange? e Non violentate Jennifer), Adrienne King (Venerdì 13 di Sean S. Cunningham), P.J. Soles (Halloween di John Carpenter, ma anche Carrie, lo sguardo di Satana di Brian De Palma), per non parlare di Ray Wise, già Leland Palmer nel lynchiano Twin Peaks, e del veterano James Karen. Un parterre de roi che rischierebbe di asfissiare qualsiasi film con la propria presenza e che invece qui si sposa alla perfezione alle atmosfere e ai toni di un thriller che guarda più alla Hollywood a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta che alla produzione nostrana dello stesso periodo.

Dopo aver esordito appena diciassettenne con l’amatoriale profanazione splatter dell’universo liceale con Medley – Brandelli di scuola (girato nel 1996 ma distribuito in sala solo quattro anni dopo) e aver sfidato con divertito sarcasmo le convenzioni del cinema nel successivo Uncut (2005), Zarantonello firma la sua opera della maturità, il film che in un sistema funzionante gli aprirebbe le porte per un futuro radioso. Il condizionale purtroppo è d’obbligo, e The Butterfly Room uscirà in appena undici sale, con la consapevolezza di doversi confrontare con mastodonti distributivi pronto a spazzarlo via in un colpo solo. Concedergli una possibilità recuperandolo al cinema diventa dunque non solo un atto di giustizia verso un riuscito prodotto di genere, in grado di intrattenere e spaventare, ma anche una vibrante asserzione di resistenza contro lo stato delle cose. Non perdete questa occasione, potreste pentirvene.

Info
Il trailer italiano di The Butterfly Room – La stanza delle farfalle.

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