Intervista a Richard Williams
Il nome non dirà molto ma bastano alcune sue opere, Chi ha incastrato Roger Rabbit e due titoli animati della serie della Pantera rosa (La Pantera rosa colpisce ancora, 1975, e La Pantera rosa sfida l’ispettore Clouseau, 1976), per avere un’idea dell’importanza di Richard Williams nel cinema d’animazione. Lo abbiamo intervistato alla 33esima edizione delle Giornate del Cinema Muto.
[La foto è di Paolo Jacob]
Da diversi anni Richard Williams è ospite delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone – avendo realizzato la sigla che precede le proiezioni, una sequenza di volti del muto disegnati a mano – dove lo si vede sempre in sala come spettatore affezionato. Lo abbiamo incontrato nel corso della 33esima edizione del festival friulano.
Partiamo da questa sigla delle Giornate, che si segnala per il tipo di animazione molto semplice, e che testimonia di un tuo amore per il cinema classico che torna nelle tue opere. In Chi ha incastrato Roger Rabbit c’è tutta una galleria di personaggi dei cartoon, da Disney a Chuck Jones, mentre in una delle tue due sigle animate della Pantera rosa, La pantera rosa sfida l’ispettore Clouseau (The Pink Panther Strikes Again), realizzi una serie di omaggi al grande cinema. Come ti ha influenzato il cinema nel tuo lavoro?
Richard Williams: Adoro il cinema muto. I film muti sono la mia principale fonte di ispirazione, sia per quanto riguarda le storie che per la composizione dell’immagine, il tipo di sguardo, la costruzione della scena. Viene tutto da lì. Pensa a Ben-Hur: A Tale of the Christ di Fred Niblo, che abbiamo visto qui a Pordenone. Vedi quel film e capisci anche Akira Kurosawa, che aveva il respiro del cinema muto. Per quanto riguarda l’animazione, sicuramente sono stato molto influenzato da Chuck Jones, che era mio amico; comunque, mi piace di tutto, le influenze sono tante. Suppongo che nell’animazione, Pinocchio sia stato il punto più alto raggiunto, ma credo che stranamente Kurosawa sia la mia principale fonte di ispirazione, specialmente per quello che sto facendo ora. Vedi, devo guadagnarmi da vivere in qualche modo. Tra gli anni Cinquanta e i Settanta l’unico modo in cui si poteva lavorare in questo medium, che era così vasto, era di fare titoli dei film, o pubblicità. Ho provato di tutto, a partire dai film commerciali. La sola cosa che faceva guadagnare erano le pubblicità, quindi ne ho fatte migliaia.
Per quanto riguarda i titoli di testa animati, i tuoi sono bellissimi. Le commedie sofisticate degli anni sessanta, Ciao Pussycat (What’s New Pussycat), James Bond 007 – Casino Royale (Casino Royale), i due della Pantera rosa, I seicento di Balaklava (The Charge of the Light Brigade) di Tony Richardson. Come mai, secondo te, c’era questa tendenza a realizzare animazioni per i titoli di testa, che coinvolgeva anche la serie di James Bond?
Richard Williams: Saul Bass aveva iniziato questa cosa, ed è per questo che venivano usati. Ci ha aperto la strada, ma il problema era che ho dovuto passare molto tempo a lavorare alle pubblicità per finanziare il mio lavoro come titolista. Quindi ho pensato che per fare quello che mi piaceva avrei dovuto fare più pubblicità e le migliori possibili per essere considerato al top dell’industria dal punto di vista tecnico. Questo è quello che ho sempre cercato di fare.
Come lavoravi con Blake Edwards? Ti impartiva direttive precise o eri tu a fare proposte?
Richard Williams: Blake Edwards è stata una delle persone migliori per le quali ho lavorato, insieme a Tony Richardson e Chuck Jones. Blake venne nel mio studio di Londra, dove all’epoca lavorava anche Ken Harris che aveva partecipato, prima di lavorare da noi, all’animazione dei titoli del primo film della Pantera rosa, ma non si erano ancora conosciuti. Ken Harris era in un’altra stanza dello studio e li ho presentati, gli ho detto, questo è Ken Harris che ha fatto i due terzi del lavoro di animazione della prima Pantera rosa. Ken era fantastico, e andarono d’accordo. Disse che voleva vedere qualcosa di quello a cui stavo lavorando, e quando lo vide voleva subito lavorare con me. A dire la verità mi diede dei consigli molto utili sul film che stavo facendo al momento, e quando se ne andò, Ken Harris mi disse: “Finalmente abbiamo un vero regista” (ride). Collaborare con Blake fu molto divertente. Ken e io andammo a trovarlo e ci disse di fare qualsiasi cosa volessimo con la Pantera, richiedendo solo che fosse su uno sfondo nero e che si vedesse il suo muso attraverso il diamante. Iniziammo così a lavorare sui titoli, fu molto divertente ed entrambi lavoravamo alle animazioni. Io ero il direttore dell’animazione e Ken l’assistente. Blake chiamò durante la lavorazione e ci chiese “Posso vedere qualcosa? Magari lo storyboard?” e io risposi “Non c’è nessuno storyboard, stiamo facendo senza” e disse “Ok” e mi mandò una bottiglia di champagne. Poi chiamò di nuovo più avanti e chiese “Ora posso vedere qualcosa?” e io risposi “Non credo che dovresti, ma sta venendo molto bene”. Lui disse “Ok” e mi mandò un’altra bottiglia di champagne. Alla fine a un certo punto arrivò, mentre i titoli non erano ancora del tutto finiti, ci ringraziò e io chiesi: “Va bene? È così che lo volevi, dunque? “, lui disse: “Vuoi cambiare qualcosa?” e io risposi: “No!!!” e lui: “Bene, allora, è così che lo volevo. In ogni caso sono molto contento perché sono io che guadagnerò tanti soldi con questo film. Grazie mille” e se ne andò! Quando gli dissi che avevamo sforato il budget di 50 000 sterline, perché l’avevamo tirato per le lunghe per fare buona pubblicità al nostro studio di animazione, rispose che non importava perché tanto ne avrebbe fatto un altro di film della Pantera rosa con noi, e per quell’altro ci avrebbe lasciati meno liberi per risparmiare tempo e soldi. Infatti è quello che facemmo e i titoli vennero meno belli. Anche Blake disse che erano meno belli, e io risposi che era perché avevamo seguito le sue istruzioni per fare qualcosa di più redditizio e lui rispose “Giusto!” (ride). Quindi è stata un’esperienza molto piacevole.
Non hai avuto a che fare anche con Henry Mancini?
Richard Williams: No, c’era un altro musicista che ci aveva suonato un pezzo della musica con un piccolo pianoforte. Conoscevamo già la musica, esisteva già e avevamo in mente il ritmo.
E com’è stato invece collaborare con Chuck Jones?
Richard Williams: Chuck Jones mi fece fare A Christmas Carol. Mi dava tanta libertà. Aveva i soldi per fare il film e mi aveva lasciato lavorare da solo chiedendomi solo due cose: una che avrei dovuto utilizzare nell’animazione i tetti di Londra e poi ci voleva dentro la canzone ‘Jingle Bells’. Quindi io ho fatto lunghe sequenze sui tetti di Londra ma ho tralasciato ‘Jingle Bells’! (ride). Non se ne accorse nemmeno. Fu meraviglioso lavorare per lui perché mi lasciò fare tutto da solo. Inoltre, verso la fine del lavoro lo chiamai al telefono spaventato perché credevo che non sarei riuscito a rispettare la scadenza, avendo molto lavoro da fare, e la cosa mi preoccupava molto, visto che rispetto sempre le scadenze. Mi disse che c’erano tre animatori che lavorano per lui, uno era Abe Levitow e gli altri due venivano dalla Disney ed erano Hal Ambro e George Nicholas, e me li prestò per sei settimane per aiutarmi a finire il lavoro. E Abe Levitow era fantastico perché sapeva anche disegnare. Quindi con Chuck ho avuto un’ottima relazione.
Arriviamo ora a Chi ha incastrato Roger Rabbit. Com’è nata la collaborazione con Robert Zemeckis?
Richard Williams: È molto strano, perché non lo volevo fare. Stavo andando molto bene con le pubblicità e spendevo molti soldi per fare i miei lavori personali. Poi Chuck Jones mi chiamò al telefono e mi tenne al telefono per due ore dalla California, dicendomi che dovevo fare questo lavoro per il quale mi aveva raccomandato, quindi mi ha convinto. Quando diceva che Spielberg era molto buono e mi avrebbe trattato bene, era vero. Poi incontrai Zemeckis a Londra e gli dissi: “Guarda, sono molto preoccupato da questo film, perché mi viene in mente Mary Poppins, che è l’unico film Disney che non mi è mai piaciuto per niente, nonostante l’animazione coi pinguini, che erano animati meravigliosamente da Frank Thomas, ma sembrava che fossero adesivi attaccati a una bottiglia di latte, perché erano piatti in confronto ai personaggi reali. Inoltre Mary Poppins non guarda mai i personaggi”. Zemeckis mi disse: “La Industrial Light & Magic ha fatto dei grandi progressi. Guarda per esempio la scena delle motociclette volanti nel terzo Star Wars: questo è quello che si riesce a fare oggi per fare sembrare che due cose riprese separatamente siano nello stesso posto allo stesso momento e farle interagire”. E allora ho accettato, perché ho pensato: “Se loro sono capaci di fare questo, io sono capace di fare le animazioni”. Avevo appena fatto una pubblicità, proprio per la Disney, con animazioni più live action, infrangendo tutte le regole del genere, ed era venuto bene. Zemeckis disse che avrebbe voluto girare le scene con gli attori con la mdp in movimento continuo e che i direttori dell’animazione con cui aveva parlato volevano invece lavorare con immagini statiche. Io allora gli ho risposto: “Hanno fatto questa richiesta perché sono pigri!” Devono essere capaci di fare girare le cose, è il loro lavoro. Mi ha chiesto allora se avrei potuto inserire il coniglio in scene molto movimentate e io ho risposto di sì, che con me avrebbe potuto fare quello che voleva, cambiare le prospettive ecc. Gli ho detto di lasciare spazio per un coniglio, e io ce l’avrei messo. Quindi abbiamo fatto un po’ di prove su come mettere le luci e ombre. Zemeckis diceva che voleva tre cose dall’animazione: “Voglio personaggi che abbiano un volume come nei Looney Tunes, voglio l’articolazione dei movimenti della Disney e voglio lo humour di Tex Avery, ma non così brutale come l’originale, un po’ ridimensionato”. Ho pensato che fosse davvero una ricetta ottima,
È possibile che il personaggio di Jessica Rabbit sia qualcosa di simile alle ragazze, ballerine, spogliarelliste, di Tex Avery?
Richard Williams: Sì assolutamente, ma con un aspetto un po’ più umano. Inoltre ho combinato la bocca di Sophia Loren con la Rita Hayworth di Gilda, e Veronica Lake con la sua pettinatura peekaboo bang, insomma è una combinazione delle tre. Inoltre c’è anche una figura femminile di un cartoon di Paperino, Duck Pimples (1945), una detective story animata da Milt Kahl, uno dei miei animatori preferiti.
Veniamo invece a quello che è considerato il tuo capolavoro. The Thief and the Cobbler (1993), film dalla storia produttiva travagliata, un progetto più volte abbandonato che sei riuscito a concludere dopo il successo di Chi ha incastrato Roger Rabbit. Un’opera fatta con diverse tecniche e dalle atmosfere da Le mille e una notte e Il ladro di Bagdad. Ci sono anche delle influenze pittoriche?
Richard Williams: Sì, sono molto influenzato dalla pittura, in questo caso anche dalle miniature persiane, ma anche da pittori giapponesi come Hokusai e Utamaro, e poi da Degas.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Richard Williams: All’Academy a Hollywood faranno una grande mostra dei miei disegni tra tre mesi e mezzo. Io invece sto facendo un film che mi è venuto in mente quando avevo quindici anni. Mi era venuta quest’idea e mi chiedevo se sarei mai stato bravo abbastanza per farla. Dopo aver fatto The Thief and the Cobbler era come se mi fossi riformato una verginità artistica, ci fu una grande proiezione del film a Los Angeles e fu un grande successo. Allora cominciai a lavorare a questo progetto, volendo rimanere fuori dall’industria cinematografica, perché pensavo di averne bisogno per fare un lavoro davvero buono. Così iniziai, avevo bisogno di molti soldi e sapevo che avrei lavorato da solo, perché non conoscevo nessuno a cui chiedere di collaborare anche perché rimaneva un progetto non commerciale. Ho iniziato vent’anni fa e ora ho appena finito la prima sezione del film. Lo sto facendo diviso in capitoli, così se muoio mentre ho fatto solo metà dei capitoli, sarà un film di solo sei capitoli (ride). La gente mi chiede che titolo abbia questo film, e io dico che il titolo provvisorio è Will I Live to Finish This?. Ho mostrato 25 secondi di questo film a circa mille persone che sono rimaste a bocca aperta. Già pensavo che fosse una cosa buona, perché sto facendo qualcosa di molto nuovo, ma non credevo che avrebbe avuto un impatto così forte. Sto lavorando per conto mio e non avrei potuto fare diversamente, perché sono tornato a lavorare pensando come quando ero uno studente, fuori dal business e con i soldi appena necessari , e sta venendo benissimo. È un peccato che succeda così tardi nella mia vita ma è solo ora che sono in grado di fare una cosa del genere. Ne ho parlato tre anni fa con mio fratello, che è un avvocato e mi ha detto che non importava perché non è mai troppo tardi. Il problema in realtà in questo caso è la natura.
Info
Il sito delle Giornate del Cinema Muto
La pagina Wikipedia dedicata a Richard Williams
I titoli di testa di La pantera rosa colpisce ancora
https://www.youtube.com/watch?v=dUA7lHvAr0E