I cavalieri del Nord Ovest

I cavalieri del Nord Ovest

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I cavalieri del Nord Ovest, uno dei tre film che John Ford dedicò alla cavalleria statunitense, insieme a Il massacro di Fort Apache e Rio Bravo, torna a mostrare il suo splendore alla Festa di Roma. Una summa, anche se forse meno nota di altre, della poetica del regista statunitense: i temi sono una volta di più quelli delle radici, della memoria, della malinconia del passato e, ovviamente, della morte.

L’ultima missione di Nathan Brittles

Nel 1876 la cavalleria statunitense, dopo la sconfitta del Generale Custer a Little Bighorn, deve fronteggiare un’imponente offensiva degli indiani che hanno costituito una larga e temibile alleanza. Al forte Starke, un presidio del nord-ovest, il capitano Nathan Brittles, ad una settimana dal congedo, è chiamato dal suo superiore e vecchio amico, il maggiore Allshard, a condurre una missione che si presenta alquanto pericolosa. Il maggiore gli ordina di ricacciare eventuali attacchi dei Cheyenne e, nel contempo, accompagnare sua moglie e sua nipote alla stazione della diligenza, perché possano poi partire verso est… [sinossi]
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Secondo molti accreditati biografi di John Ford I cavalieri del Nord Ovest (She Wore a Yellow Ribbon in originale) così com’è arrivato fino a oggi lo si deve alla visione de Il fiume rosso di Howard Hawks, uscito nel settembre del 1948 nei cinema statunitensi. Una vulgata piuttosto diffusa, e di cui si può trovare traccia tanto nelle biografie cartacee che in quelle reperibili online, vuole che al termine della proiezione del film di Hawks, Ford abbia esclamato: “E chi se l’immaginava che quel figlio di puttana sapesse recitare!”. Il figlio di puttana, beninteso, era il quarantenne John Wayne, che all’epoca aveva avuto modo di recitare per Ford già in dodici film, tra i quali Ombre rosse, che aveva lanciato il nome dell’attore nell’empireo di Hollywood. Al termine dell’estate del 1948 Ford era alla ricerca del cast definitivo per il suo nuovo film, il secondo capitolo di una trilogia dedicata alla cavalleria iniziata proprio in quell’anno con Il massacro di Fort Apache (uscito in marzo e sempre con Wayne nel ruolo principale) e destinata a terminare nel 1950 con la realizzazione di Rio Grande (Rio Bravo, per la distribuzione italiana), a sua volta dominato dall’interpretazione del ‘Duke’. Ford non aveva alcuna intenzione di scegliere anche per I cavalieri del Nord Ovest Wayne, che considerava inadatto al ruolo, sia per la differenza di età che avrebbe dovuto avere rispetto al personaggio, sia per le qualità della sua recitazione, a dire di Ford più fisica che altro. Il fiume rosso ribaltò completamente la sua prospettiva, e lo convinse che Wayne fosse l’attore perfetto per donare vita e spessore al personaggio del capitano Nathan Brittles, uno dei ruoli più complessi e stratificati della sua carriera. In molte interviste Wayne confermò come quello di Brittles fosse uno dei ruoli che l’avevano più gratificato, insieme a quello di Ethan Edwards in Sentieri selvaggi, forse il capolavoro definitivo di Ford e punto di non ritorno dell’intera epica western sul grande schermo.

Sarebbe difficile immaginare, a quasi settant’anni di distanza, un volto diverso da quello di Wayne per il saggio e giusto capitan Nathan: basterebbe la sequenza che lo vede dialogare con la tomba della moglie per giustificare l’assunzione dell’attore tra i grandissimi della Settima Arte. Dei tre titoli che compongono la trilogia dedicata alla Cavalleria, I cavalieri del Nord Ovest è con ogni probabilità quello lasciato nel dimenticatoio, quasi si trattasse di un’opera minore, se non addirittura di un passaggio a vuoto di uno dei grandi maestri della Settima Arte. Si tratterebbe però di un gravissimo abbaglio critico: schiacciato tra la messa in scena della dialettica tra potere militare e ordine morale (Il massacro di Fort Apache, in cui si discute in maniera articolata dei diritti dei nativi americani, con troppa facilità sorvolati dall’esercito statunitense) e lo scontro generazionale che è alla base di Rio Bravo, I cavalieri del Nord Ovest acquista una luce più canonica, meno furente da un lato e meno empatica dall’altro. In realtà questo film, che portò via a Ford e alla sua troupe un mese di lavorazione nel bel mezzo della Monument Valley e in condizioni tutt’altro che comode, rappresenta un tassello fondamentale per comprendere il senso che il regista dava all’epopea del west e al sentimento di una nazione ancora alla ricerca delle proprie radici.
Il rapporto affettivo, che trova la sua sublimazione nella citata sequenza sulla tomba della moglie, è in realtà il minimo comun denominatore dell’intero film: si pensi all’amore ‘segreto’ tra Olivia e il tenente Cornill, che dona addirittura il titolo originale, visto che è proprio la ragazza a indossare il famoso yellow ribbon quando viene accompagnata al treno. Anche nei rapporti con i nativi è un rapporto personale, quello tra Brittles e il capo indiano, a permettere un dialogo, seppur poco risolutore. Ford nega con forza l’idea di un west in cui l’ordine viene impartito senza dialettica. Anzi, proprio laddove il dialogo viene meno, sia nell’assetto familiare che in quello militare, si annidano i germi del disastro, del massacro, della sconfitta. Rifuggendo quasi completamente l’aspetto bellico – perfino il combattimento può essere scongiurato, evitando dunque qualsiasi inutile spargimento di sangue – I cavalieri del Nord Ovest spinge in direzione di una lettura umanista dello spazio sconfinato. L’uomo è nulla rispetto al panorama che lo circonda, e i soldati possono quasi scomparire in una tempesta, eppure è vivo.

Proprio la sequenza appena citata della tempesta, con ogni probabilità il passaggio più noto del film, permette di aprire il discorso sullo strapotere autoriale di Ford. Per le generazioni più giovani di cinefili potrebbe essere un nome oramai dimenticato, ma Winton Hoch, all’epoca della produzione del film, era uno dei direttori della fotografia più accreditati di Hollywood. Proprio nel 1949 (I cavalieri del Nord Ovest uscì in sala a ottobre) vinse il suo primo Oscar per il lavoro su Giovanna d’Arco di Victor Fleming, con Ingrid Bergman nella parte della martire. Inoltre aveva già lavorato sui set de Il drago recalcitrante della Disney, Bombardieri in picchiata di Michael Curtiz e 3 Godfathers proprio di Ford. Se I cavalieri del Nord Ovest permise a Hoch di stringere tra le mani di nuovo l’ambita statuetta dorata il merito dovrebbe essere condiviso però anche con il regista, con il quale ebbe un rapporto a dir poco tumultuoso – in ogni caso i due collaboreranno anche per Un uomo tranquillo e Sentieri selvaggi –: la sequenza della tempesta fu infatti un’improvvisa idea di Ford, che sfruttò a suo favore un clima a dir poco ostile continuando a girare incurante dei rischi e del maltempo. Hoch, che era già pronto a riporre tutta l’attrezzatura, non volle partecipare alle riprese, e lasciò che fosse Ford a dirigere in ogni aspetto quel momento del lavoro. Hoch arrivò addirittura a denunciare il comportamento di Ford al sindacato. In questa occasione, forse, il regista avrebbe dovuto attingere all’umana saggezza del buon Brittles, che fa tutto ciò che è nelle sue possibilità per evitare ogni tipo di scontro e cercare una soluzione che possa essere positiva per tutte le parti in causa.
Ma se nel west è la leggenda a vincere sulla realtà, nella vita di tutti i giorni le cose non stanno proprio così… Battute a parte, I cavalieri del Nord Ovest è una summa, per quanto meno nota di altre, della poetica di Ford. Lo si recepisce nelle scelte tematiche, con la morte che è base del discorso sulla memoria, sulle radici, sulla malinconia del passato, e ancor più nelle scelte tecniche, nella costruzione delle sequenze in esterni, nei campi totali che diventano più stretti in un raccordo sul personaggio che Ford, per sua stessa ammissione, rubò a David W. Griffith, portandolo però poi alle estreme possibilità espressive, nella soave ironia figlia della cultura irlandese che si intravvede di tanto in tanto. Sguardo beffardo e mestamente dolce su una vita ai limiti del sopportabile, ma viva. Sempre.

Info
I cavalieri del Nord Ovest, un trailer.
 
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