Far East 2017 – Presentazione
Tagliato il traguardo della diciannovesima edizione, il Far East 2017 apre i battenti il 21 aprile per la consueta immersione nel cinema asiatico: Hong Kong, Cina, Giappone, Corea del Sud, Thailandia, Taiwan, Filippine, Indonesia, Vietnam, Laos, Cambogia… Il FEFF come crocevia di nazioni, di generi, di cinema del futuro ma anche del passato, con la retrospettiva Creative Visions: Hong Kong cinema 1997-2017 e il restauro di Made in Hong Kong di Fruit Chan.
Far East 2017, diciannovesima edizione. L’acqua è passata sotto i ponti, i giovani studenti universitari presenti alle primissime edizioni del FEFF sono cresciuti e da un po’ si possono abbozzare bilanci. Il progetto Far East continua a essere ambizioso, ogni tanto aggiusta il tiro, ha conquistato da anni la dimensione dell’evento. Tra i più importanti e significativi in Italia e in Europa, il festival di Udine è una irrinunciabile finestra sul cinema asiatico, un punto d’osservazione privilegiato, meta di cinefili, spettatori comuni e curiosi, giornalisti, critici, produttori, registi, attori di grido o di belle speranze.
In linea con le precedenti edizioni, il Far East 2017 intreccia generi – manca l’Horror Day, ma dipende dal materiale a disposizione – e cinematografie, impreziosendo il programma con la retrospettiva Creative Visions: Hong Kong cinema 1997-2017, evento nell’evento. Dieci pellicole che hanno segnato il cinema hongkonghese post-Handover: Made in Hong Kong di Fruit Chan (1997), The Mission di Johnnie To (1999), Infernal Affairs di Andrew Lau e Alan Mak (2002), Kung Fu Hustle di Stephen Chow (2004), After This Our Exile di Patrick Tam (2006), Ip Man di Wilson Yip (2008), Accident di Soi Cheang (2009), Love in a Puff di Pang Ho-cheung (2010), A Simple Life di Ann Hui (2011) e The Grandmaster di Wong Kar-wai (2013). Una retrospettiva che ci riporta all’anno zero del FEFF, alla seminale edizione dell’Hong Kong Film, che è poi diventato il Far East, si è accasato al Teatro Nuovo e ha cambiato il panorama del cinema asiatico nel Bel Paese (uno dei tanti punti d’arrivo è la collana di dvd e blu-ray, un tempo impensabile chimera).
Il Far East è anche restauro, con Made in Hong Kong di Fruit Chan rimesso a lucido in collaborazione con la Cineteca di Bologna. È l’invisibile che torna visibile, è il lavoro di recupero e valorizzazione che i festival spesso di dimenticano di fare. E non poteva mancare, sempre in tema di restauri, La farfalla sul mirino (1967) di Seijun Suzuki, gigante scomparso il 13 febbraio: in questo caso il restauro è della Criterion, mentre la CG si sta occupando dell’edizione italiana home video – in corso un crowdfunding. La mini-sezione Restored Classics, oltre al cult di Suzuki, ospita anche Cain and Abel (1982) di Lino Brocka, Moments in a Stolen Dream (1977) di Mike De Leon e Three Years Without God (1976) di Mario O’Hara.
I punti d’arrivo e di ripartenza del Far East sono numerosi. Da sempre vulcanici, gli organizzatori del FEFF hanno fatto crescere questo microcosmo cinefilo/culturale/popolare/commerciale, dalle proiezioni e iniziative al Visionario fino alle varie diramazioni Ties That Bind, FEFF Campus, Focus Asia, senza dimenticare il Cosplay Contest. Una crescita che ha bisogno dei suoi fisiologici aggiustamenti – la questione del cinema di genere europeo, ad esempio – ma che continua a poggiare le proprie fondamenta sulla consueta immersione: film, film e ancora film, persino troppi (anche 8 al giorno), proveniente dai colossi Giappone (13 titoli) e Corea del Sud (13), da Cina e Hong Kong (16), Taiwan (4), Thailandia (3), Filippine (3), e poi Laos, Vietnam, Cambogia… non ci resta che cercare di vederli, poi se ne riparlerà. Buone visioni & immersioni.