Giornate degli autori 2018 – Presentazione
Come da tradizione la presentazione del programma delle Giornate degli Autori segue di un giorno quella della Settimana della Critica. Alle Giornate degli Autori 2018, con la guida di Giorgio Gosetti, ci sarà spazio per molte opere prime e di giovani registi, ma anche per capisaldi del calibro di Alexander Kluge, Peter Medak e Rithy Pahn.
Le Giornate degli Autori 2018 festeggiano un avvenimento cui forse avrebbe potuto prestare attenzione la selezione ufficiale della Mostra del Cinema; a cinquant’anni dal 1968, quel momento simbolico in cui il mondo occidentale si sentì in rivoluzione perenne, culturale e in parte anche sociale, torna al Lido Alexander Kluge. Kluge, colui che trionfò proprio nel ’68 con Artisti sotto la tenda del circo: perplessi, ultimo Leone d’Oro per un decennio (perché il vagito rivoluzionario previde anche l’abolizione dei premi e dei riconoscimenti), concludendo di fatto anche la direzione di Luigi Chiarini della Mostra. Le Giornate degli Autori danno dunque un duplice segno di vitalità storica, dimostrando che la memoria non ha con sé necessariamente il peso polveroso del tempo. A ottantasei anni Kluge sarà fuori concorso nella quindicenne sezione collaterale del festival – la prima edizione si svolse nel 2004, primo anno della Mostra sotto la direzione di Marco Müller -, e presenterà al pubblico Happy Lamento, bizzarro progetto che vede in veste di co-sceneggiatore (o giù di lì) Khavn de la Cruz, incontrollabile videasta filippino; un anziano maestro che volge lo sguardo verso un collega assai più giovane. Alla ricerca, chissà, di una comunanza di ottiche e prospettive.
Forse è qui, nella comunione di (amorosi?) sensi, l’anima più evidente della sezione, che vede dodici opere concorrere per i premi e altre muoversi tra fuori concorso ed eventi speciali – tra questi l’oramai fissa collaborazione con Miu Miu che nei suoi “Women’s Tales” ospita quest’anno un cortometraggio diretto da Dakota Fanning e il nuovo lavoro della saudita Haifaa Al-Mansour, The Wedding Singer’s Daughter. Cercare nel proprio sguardo lo sguardo dell’altro, tra co-produzioni e una pratica del cinema che cerca sempre di farsi dialettica. Già, il fare cinema… È davvero un piacere incontrare di nuovo la mente brillante di Peter Medak, anch’egli fuori concorso con The Ghost of Peter Sellers: il regista de La classe dirigente, Changeling e The Krays – I corvi si rimette in gioco tornando con la memoria al 1973 e a un film picaresco-piratesco con protagonista Sellers che non vide mai la luce. La memoria di ciò che non accadde contro la memoria impossibile da cancellare dell’orrore della Storia, tatuato sulla pelle perennemente viva di Rithy Pahn, che aprirà le Giornate con Les tombeaux sans noms, nuova riflessione sul genocidio perpetrato da Pol Pot e dai suoi sodali.
Attorno a questi tre giganti del cinema (Pahn, Kluge e Medak) si sviluppa il percorso scelto da Gosetti e dai suoi collaboratori: un percorso che si muove dal Kirghizistan al Brasile, dal Guatemala alla Malesia, fino all’Austria dei nuovi schiavi invisibili, quelli che si vorrebbe ricacciare in mare, e che in mare si lascia che affoghino, ma che smuovono la nostra economia attraverso l’ennesima pratica di sfruttamento coloniale. Come già si è visto nel programma della Settimana Internazionale della Critica, anche le Giornate degli Autori 2018 sulla carta sembrano muoversi verso un cinema che sappia raccontare il reale senza dover per forza scendere a compromesso con il reale stesso.
Oltre ai nomi succitati, se si dovesse scommettere a occhi chiusi su qualche titolo la scelta con ogni probabilità cadrebbe su Domingo di Clara Linhart e Fellipe Barbosa (racconto dell’avvento al potere di Lula e delle preoccupazioni che questo avvenimento portò nella borghesia bene brasiliana), il quasi rohmeriano Three Adventures of Brooke di Yuan Qing e Continuer, western contemporaneo che il belga Joachim Lafosse ha ambientato nella steppa kirghisa. Per conferme e smentite sarà però necessario attendere ancora un mese e poco più.
ps. Ultima annotazione in calce. Su venticinque tra corti e lungometraggi selezionati undici sono diretti o co-diretti da donne. Senza invocare alcun ricorso a fantomatiche quote rosa viene naturale affermare “era ora”.