L’eredità scomoda di Franco Cristaldi

L’eredità scomoda di Franco Cristaldi

Franco Cristaldi è stato uno dei produttori fondamentali per lo sviluppo del cinema in Italia, tra i pochissimi in grado di comprendere il valore artistico della Settima Arte ma anche di saper portare avanti un discorso popolare, accessibile a tutti. In occasione di un ampio speciale dedicato a Franco Cristaldi proponiamo un’introduzione personale di Gianluca Arcopinto, docente del corso di Produzione cinematografica e televisiva all’Università La Sapienza di Roma.

In un pomeriggio primaverile del 1991 il teledrin che portavo alla cintura dei pantaloni emette una vibrazione. Compare un numero che non conosco. L’utilizzo di quello strumento, che ha preceduto di qualche anno l’invasione della telefonia mobile, impone di richiamare. È la Fandango. Domenico Procacci mi vuole parlare. Salto sulla vespa rosso bordeaux e arrivo nell’ufficio di via Salaria. Quello che diventerà, sia pure a senso unico, il mio più grande amico nel mondo del cinema che conta mi propone di lavorare nel reparto produzione del film La corsa dell’innocente. Quel film è l’occasione di collaborare con Domenico, che già allora aveva dimostrato di essere il migliore della mia generazione. Ma è anche l’occasione di incrociare la mia carriera con uno dei produttori italiani più interessanti di sempre: Franco Cristaldi, che ha deciso di produrre il film appunto con Domenico Procacci.

Avevo incontrato da lontano Franco Cristaldi al Centro Sperimentale di Cinematografia qualche mese prima, in occasione di un incontro con gli allievi organizzato da Lina Wertmuller, allora Commissario straordinario della scuola. Io, diplomato da alcuni anni, ero stato designato a organizzare le riprese degli eventi. Quegli incontri erano una sorta di corso di specializzazione che ebbi la fortuna di frequentare. Cristaldi ci raccontò le alterne vicende di Nuovo Cinema Paradiso, culminate nell’Oscar come miglior film straniero. Al termine dell’incontro noi dell’organizzazione ci avvicinammo per fargli firmare la liberatoria di immagine. Lui, con la sua eleganza che avevo già intuito in televisione, mi sorrise, mi strinse la mano e mi disse “questo deve essere solo l’inizio”.

Quello rimase il mio unico incontro con Franco Cristaldi. Alla fine decisi di non lavorare alla Corsa dell’innocente. Rimandai di qualche mese la mia collaborazione con la Fandango. Non ho mai rimpianto di non aver fatto quel film per banali motivi di orgoglio, ma ancora oggi rimpiango di non aver visto direttamente all’opera Cristaldi. Negli anni di frequentazione quotidiana con Procacci, ogni tanto ci prendevamo delle piccole pause. Allora lui mi raccontava di quello che aveva imparato da Cristaldi. E più lui mi raccontava, più cresceva in me la curiosità di conoscere e vedere tutti i suoi film.

C’è una frase di Franco Cristaldi che più di ogni altra cosa si possa dire su di lui ne spiega la grandezza industriale, la lungimiranza economica e la forza politica: “Il cinema è un’industria culturale. Realizzare film significa anche assumersi una responsabilità sociale e morale. Pertanto, non dobbiamo produrre quello che si può vendere, ma vendere quello che si vuol produrre”. Ecco, mai come oggi, in cui il modo di produrre è sempre più esattamente il ribaltamento della frase di Cristaldi, credo che approfondire la figura di Cristaldi sia per così dire un atto rivoluzionario che rifugga l’omologazione e un conseguente abbassamento della qualità dei prodotti offerti al pubblico. Io credo che chi voglia avvicinarsi alla produzione, debba necessariamente fare i conti con quella frase. Per farla propria bisogna filtrare i sogni, che devono rimanere la scintilla necessaria per produrre qualcosa, con l’analisi dei sistemi economici e finanziari, con la ricerca incessante sfibrante ma appagante della conoscenza della società in cui si vive, con il coraggio di una presa di posizione e di un ricerca del nuovo. “Ogni film è un prototipo”, ogni film deve avere dentro un’unicità che ne giustifichi l’esistenza. Non si deve cavalcare quello che funziona, bisogna sempre inventare qualcosa di nuovo e di diverso. Bisogna “strappare”, continuando a creare delle visioni del mondo che essenzialmente portino a vivere la libertà.

Articoli correlati