Angèle e Tony

Angèle e Tony

di

Presentato alla Settimana della Critica della Mostra del Cinema di Venezia 2010, Angèle e Tony è stato definito dalla sua autrice una “favola dal forte realismo ricca di speranza”: la Delaporte riesce nell’ardua impresa di non cedere a compromessi estetico-narrativi, lasciando che la sua opera prima faccia trasparire la propria maturità attraverso una sapiente rilettura delle inquadrature e grazie all’essenzialità di dialoghi scarni che non valicano mai il confine della funzionalità.

Oltre gli scogli

Angéle abita in un piccolo villaggio di pescatori nella bassa Normandia: scontata una pena carceraria perché ritenuta responsabile di un incidente costato la vita al marito, la donna è alle prese con le complesse procedure giudiziarie relative all’affidamento di suo figlio, momentaneamente accudito dai nonni paterni. Grazie a un’inserzione su un quotidiano, Angéle conosce Tony, un pescatore profondamente legato al proprio lavoro, con un radicato senso della famiglia che lo porta a condividere le mura domestiche con la madre dopo che suo padre è scomparso in mare dopo una battuta di pesca… [sinossi]
Per vedere Angèle e Tony su Raiplay clicca a questo link.

Alix Delaporte è stata una giornalista e il suo cinema appare fortemente permeato dall’asciuttezza e dalla curiosità acquisite con la professione di cronista: appassionata osservatrice dell’umanità, la regista non nasconde la vena profondamente emotiva del suo modo di affrontare l’arte, là dove le sensazioni rappresentano il vero traguardo del racconto di una storia. Premio Michel D’Ornano come migliore opera prima francese del 2010, presentato con successo nel corso dell’ultima Mostra del Cinema di Venezia nella selezione della Settimana della Critica, Angèle e Tony è una finestra sulla scoperta dell’amore, sulla crescita, sulla consapevolezza dei propri sentimenti. Il dato che pare contraddistinguere le emozioni trasferite sulla pellicola è un generale senso di pudore che pervade tutte le situazioni che la regista si trova ad affrontare: l’amore fra i due protagonisti ne è senz’altro un esempio lampante ma non è da meno lo straziante rapporto che lega la donna a suo figlio, in una ingarbugliata e allo stesso tempo elementare rete di relazioni umane.

Le sfiancanti corse in bicicletta di Angele, che testardamente persegue la battaglia per l’affidamento del figlio sottolineando la sua irruenza spesso sfociante nell’aggressività, così come l’eroica graniticità di Tony, più restio ad abbandonarsi agli impeti emotivi e propenso a nascondere la sua dolcezza dietro una burbera maschera, sottolineano la poliedricità dei personaggi le cui personalità appaiono contrastanti e complementari allo stesso tempo.
Angèle e Tony è stato definito dalla sua autrice una “favola dal forte realismo ricca di speranza”: la Delaporte riesce nell’ardua impresa di non cedere a compromessi estetico-narrativi, lasciando che la sua opera prima faccia trasparire la propria maturità attraverso una sapiente rilettura delle inquadrature e grazie all’essenzialità di dialoghi scarni che non valicano mai il confine della funzionalità.

La cura minuziosa per l’aspetto visivo del film (che nasce proprio dalla suggestione della regista per un’immagine, quella che ritrae l’accorato abbraccio fra la protagonista e il suo bambino) si avvale della preziosissima collaborazione di Claire Mathon la cui fotografia esalta con grande eleganza i cromatismi freddi della Normandia, arricchendo il quadro di costruzione dell’atmosfera: sarebbe errato però considerare Angèle e Tony una mera impalcatura formale sul cinema “d’autore” svuotato del proprio valore, soprattutto alla luce del tipo di approccio alla regia della Delaporte che con movimenti minimi di macchina scava alla ricerca della “fisicità” dell’immagine.
Il film disegna con delicatezza i tratti di due personalità ferite, profondamente segnate dalla diffidenza nei confronti del prossimo e il loro incontro/scontro segna un’importante svolta nel  modo di rapportarsi con l’esterno: se per la donna l’amore per Tony rappresenta la prima vera opportunità di lasciarsi andare ai propri sentimenti, anche il pescatore imparerà da Angèle a rinunciare alla corazza dietro la quale ha scelto di ripararsi per difendersi dalle dure sferzate della vita. La Delaporte rinunciando a ogni slancio patetico spoglia di ogni orpello il suo racconto e ben presto palesa il suo interesse sociologico e la sua fascinazione per gli spaccati umani. Soprattutto nelle piccole comunità locali infatti è possibile rintracciare comportamenti e abitudini che talvolta appaiono appannati dalla fitta coltre di superficialità che ammanta la contemporaneità: i pescatori del paese nel quale si rifugia Angèle non la rifiutano in quanto “diversa”, ma superando lo scetticismo iniziale la inglobano nei meccanismi “solidali” che stanno alla base del funzionamento della loro comunità. Il senso di appartenenza e di comunanza (le coccarde per la commemorazione dei dispersi in mare vengono realizzati da tutte le donne riunite), insieme alla necessità di costruire spazi di collettività, denuncia indirettamente l’impoverimento delle popolazioni metropolitane che assuefatte a tempistiche sempre più concentrate hanno finito per dimenticare gradualmente il calore che al contrario sarebbe alla base della società umana: la Delaporte è però ben attenta a non idealizzare l’immagine della comunità di Port-en-Bessin, evitando di cadere negli stereotipi della “società ideale” e anzi sottolineando anche le profonde contraddizioni che animano i piccoli nuclei cittadini.

Una sceneggiatura capillare – abile nel modellare una scrittura tesa e asciutta nelle forme arrotondate della scoperta dell’amore – si dimostra ben capace di incasellare in questo contesto fortemente emotivo un sottile richiamo alle dinamiche politico-sociali: il timore per la perdita del proprio lavoro, il problematico rapportarsi con un mercato globalizzato sempre più intricato e allo stesso tempo monopolizzante che rischia di ridurre importanti poli produttivi a mere attività “periferiche” è quindi tratteggiato con estrema lucidità grazie a un abile utilizzo del sottotesto narrativo.
Angèle e Tony è un film compatto, che fa leva sulla ricerca di forza e di verità che sta alla base stessa del progetto: un contributo determinante ai fini della riuscita della pellicola proviene senz’altro da un eccellente prova del cast, capitanato in primis da Clotilde Hesme e Grégory Gadebois che prestano i loro volti ai due protagonisti. La regista ha confessato di aver ricercato proprio nella solidità delle interpretazioni degli attori la chiave di realizzazione della pellicola, che elude determinati cliché proprio concentrandosi sull’alchimia e la fiducia davanti alla mdp: se talora i cineasti scelgono di portare sullo schermo la veridicità avvalendosi di attori non professionisti (nel cinema d’oltralpe ne sono un esempio i fratelli Dardenne), la Delaporte punta i riflettori sulla preparazione minuziosa del cast, coinvolto a 360° nel contribuire nei dettagli alla costruzione dei personaggi.

Associato talora al cinema dei Dardenne per alcuni slanci di metaforica evocazione del realismo, il film descrive con naturalezza un incontro fra solitudini: lacerati e scalfiti da passati difficili, i due protagonisti troveranno il conforto del reciproco sostegno, assorbendo ognuno dalle esperienze dell’altro. Un’opera prima solida, commovente e non retorica che sa restituire il sapore di ricordi d’infanzia, filtrati attraverso un occhio allenato alla ricerca e con piglio emotivo soffuso e mai intrusivo: è questo Angèle e Tony, un percorso nell’umanità priva di sovrastrutture, fra sentimenti puri e spesso bistrattati, nel contesto quanto mai attuale di una comunità che non si abbatte malgrado la crisi economica.

Info
Angèle e Tony sul sito della SIC.
Il trailer italiano di Angèle e Tony.
  • Angele-e-Tony-2010-Alix-Delaporte-01.jpg
  • Angele-e-Tony-2010-Alix-Delaporte-02.jpg
  • Angele-e-Tony-2010-Alix-Delaporte-03.jpg
  • Angele-e-Tony-2010-Alix-Delaporte-04.jpg
  • Angele-e-Tony-2010-Alix-Delaporte-05.jpg
  • Angele-e-Tony-2010-Alix-Delaporte-06.jpg
  • Angele-e-Tony-2010-Alix-Delaporte-07.jpg
  • Angele-e-Tony-2010-Alix-Delaporte-08.jpg
  • Angele-e-Tony-2010-Alix-Delaporte-09.jpg
  • Angele-e-Tony-2010-Alix-Delaporte-10.jpg
  • Angele-e-Tony-2010-Alix-Delaporte-11.jpg
  • Angele-e-Tony-2010-Alix-Delaporte-12.jpg

Articoli correlati

Array
  • Venezia 2014

    Le dernier coup de marteau

    di Dopo i due film deludenti di Beauvois e Jacquot, il cinema francese in concorso a Venezia 71 si riscatta con il secondo lungometraggio di Alix Delaporte. Corretto, senza sbavature, sapientemente trattenuto nei suoi elementi melodrammatici. Ma resta la voglia di un cinema francese più sorprendente.