Ghost Sweepers

Ghost Sweepers

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Il terzo lungometraggio del regista sud-coreano Shin Jung-won, Ghost Sweepers, diverte e regala anche qualche brivido, per quanto non tutte le potenzialità del plot vengano sfruttate a dovere. Al Far East 2013.

Ghostbusters alla coreana

Un gruppo di esperti del paranormale si ritrova a Uljin, una città costiera sudcoreana nota come il Triangolo delle Bermuda locale. Qui deve unire le proprie forze per combattere contro uno spirito maligno che tiene la città nel suo pugno ectoplasmatico. Agli “acchiappafantasmi” si unisce anche una giovane giornalista, figlia di un noto reporter deceduto quando lei era solo una bambina… [sinossi]

Strappa simpatia, pur non convincendo fino in fondo, la stravagante commedia di marca soprannaturale firmata da Shin Jung-won. Uno specialista del (sotto)genere, verrebbe da dire: già responsabile degli effetti speciali in produzioni riconducibili a qualche filone analogo, il cineasta sudcoreano aveva esordito al lungometraggio con una brillante e fortunata horror comedy, intitolata How to Catch a Virgin Ghost (2004); per poi tentare il bis con Chaw (2009), film su un cinghiale gigante che pare provarci gusto a turbare la quiete di un altrimenti sonnacchioso paesotto di campagna. E anche con quest’ultimo Ghost Sweepers, che abbiamo goliardicamente apparentato all’indimenticabile Ghostbusters – Acchiappafantasmi di Ivan Reitman, ci si diverte e si prova qualche piccolo brivido, per quanto non tutte le potenzialità del plot vengano sfruttate a dovere.

Emblematico è il caso di Padre Brown. Cosa c’entra il popolare sacerdote cattolico nonché detective, con la nostra storia? C’entra, c’entra. Vi è anche la versione taroccata di Padre Brown, nel nutrito drappello di esperti del paranormale cui viene affidato, all’inizio del film, l’ingrato compito di disinfestare un isolotto, ribattezzato il Triangolo delle Bermude coreano, in cui si trova lo sfortunato borgo di Uljin. Sembra infatti che nel modesto villaggio di pescatori le morti strane siano state parecchie, negli ultimi anni. E che i trapassati siano diventati spiriti errabondi, tormentati a loro volta da uno spirito maligno dai poteri ben più impressionanti. Riusciranno i nostri eroi a scoprire l’origine della maledizione? Sciamani, scemoni, paragnosti, paraculi, ragazzini medium, veggenti, studiosi della materia, monaci dai modi bizzarri e tanta altra gente converge sul luogo per porre rimedio all’incresciosa situazione. Tra trucchi visivamente ben congegnati e qualche colpo di scena, il racconto promette vivacità. E la primissima parte, la più parodica, riesce nel compito di divertire e contemporaneamente incuriosire al mistero, indubbiamente sinistro, che si cela in quel tratto di costa.

Quando il plotoncino di strampalati personaggi si assottiglia di colpo (molti fuggiranno dall’isola a gambe levate, dopo i primi contatti con una entità rivelatasi più potente e irritabile del previsto), permettendo all’autore di concentrarsi sul nucleo più ristretto dei protagonisti, la storia si sfilaccia un po’ e si assiste a qualche calo di umorismo. Ma è nella mezz’ora finale che Ghost Sweepers riprende quota, con un mix di humour e azione grazie al quale Shin Jung-won conferma le proprie doti di intrattenitore; una scioltezza narrativa e un dominio del set, insomma, che tra il dipanarsi dei sub-plot precedentemente accennati e la sfida al burbero e a tratti grottesco fantasma, regala quella conclusione adrenalinica, in cui i paradigmi della ghost story orientale ben si mescolano coi ritmi dell’entertainment americano anni ’80.

Info:
La scheda di Ghost Sweepers sul sito del Far East
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