At Berkeley

At Berkeley

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Frederick Wiseman inserisce un nuovo tassello nel suo sterminato mosaico sulla società statunitense: At Berkeley, fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2013.

At Berkeley è un documentario sull’Università della California a Berkeley, il più antico e prestigioso dei dieci campus che costituiscono il sistema educativo pubblico californiano nonché una delle strutture per la ricerca e l’insegnamento migliori del mondo. Il film mostra in che modo viene amministrata la prima università pubblica d’America e lascia intuire il complesso rapporto che intercorre fra i suoi elementi costitutivi: corpo studentesco, docente, amministrativo, la comunità degli ex studenti, la città di Berkeley, lo stato della California e il governo federale… [sinossi]

La storia insegna che Università di Berkeley fu fondata il 23 marzo del 1868 su iniziativa del sacerdote congregazionalista Henry Durant, smentendo così le leggende popolari che circolano tra gli studenti del campus e che assegnerebbero l’idea dell’istituzione della più antica tra le dieci università della California a tre studenti visionari. Nell’immaginario collettivo Berkeley è una delle università per eccellenza dell’istruzione statunitense, insieme a Yale e a Harvard, e nell’avallare questo paragone in pochi si soffermano sulla differenza fondamentale che pone Berkeley in una posizione del tutto particolare: laddove Yale e Harvard (come altre realtà consolidate sui cinquanta stati) sono università private, la cui retta è sostenibile solo per una fetta esigua di popolazione, Berkeley è una realtà che fa del suo finanziamento pubblico uno dei punti di forza. Questo dettaglio, insieme alla travagliata e affascinante storia dell’ateneo, entrato nell’immaginario collettivo per le proteste studentesche degli anni Sessanta e la forte concentrazione di allievi pronti a lottare per i diritti civili, non poteva non solleticare l’ingegno di Frederick Wiseman, tra i più autorevoli e fondamentali documentaristi della storia della Settima Arte.

Per quanto si tratti di un prodotto commissionato dalla stessa università, At Berkeley (ospitato, come il lavoro dell’altro maestro del documentario Wang Bing, nel Fuori Concorso della settantesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia) dimostra fin dalle primissime inquadrature la forte impronta autoriale di Wiseman: laddove alcune delle ultime incursioni dietro la macchina da presa, come Crazy Horse, sembravano cercare un punto di contatto tra le urgenze espressive del cineasta e le volontà di chi lo aveva incaricato del lavoro, At Berkeley riporta il cinema di Wiseman dalle parti di capolavori conclamati come Law and Order, Hospital, Juvenile Court, Welfare, Near Death, il dittico Domestic Violence e State Legislature. La struttura del documentario è quella a cui Wiseman ha abituato il suo pubblico nel corso dei decenni: il quadro complessivo non si compone attraverso una narrazione classica – per quanto in maniera episodica essa faccia la sua irruzione sullo schermo, come dimostra lo splendido segmento dedicato alla protesta degli studenti e all’occupazione della biblioteca: il rapporto dicotomico tra gli allievi e la direzione dell’università raggiunge qui il suo naturale acme – ma seguendo la vita del campus in maniera che solo a uno sguardo disattento può apparire dispersiva. Nel voler tracciare un compendio della vita quotidiana a Berkeley, si passa dunque da una lezione a una manifestazione di protesta, da una riunione dei docenti alle segreterie del campus, registrando umori, prassi, distonie ed epifanie improvvise, problemi e incomprensioni.

At Berkeley apre in questo modo il fianco non solo a una disamina attenta di uno dei punti saldi del microcosmo universitario degli Stati Uniti, ma anche e soprattutto a una riflessione sul capitalismo, che continua a rodere le fondamenta del servizio pubblico auspicando una sempre maggiore aderenza all’iniziativa privata: in tal senso gli sforzi del rettore, alle prese con i folli tagli al bilancio imposti dalla California, acquistano un valore che non è solo ed esclusivamente documentale, ma si spinge a metafora dell’intero sistema sociale e politico statunitense.

L’elogio all’istruzione superiore, insito nel progetto, diventa anche amara constatazione di una realtà che sta procedendo a grandi balzi verso lo sperpero del proprio potenziale culturale e didattico. Tutto questo senza dimenticare stilettate, neanche troppo velate, al corpo studentesco, sempre meno pronto a rivendicare i propri diritti e omologato oramai a una concezione della vita sociale che punta in maniera fin troppo evidente sul profitto personale. Ma Wiseman non è un giudice, e non ha intenzione di trasformare l’uso della videocamera in un esercizio retorico e moralista. Come già in passato – impossibile non trovare un naturale parallelo tra At Berkeley e i due capitoli di High School, diretti rispettivamente nel 1968 e nel 1994 – si “limita” a costruire universi a se stanti, da scandagliare con il telescopio per studiarne in maniera dettagliata le peculiarità. Viene da chiedersi perché, proprio in un’edizione della Mostra in cui il documentario è stato assunto come elemento di (relativa) novità, a Wiseman sia stato negato il diritto di concorrere per la conquista del Leone d’Oro. Ne avrebbe avuto pieno merito.

Info
Il sito di Berkeley.
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