Pride and Glory – Il prezzo dell’onore

Pride and Glory – Il prezzo dell’onore

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Pride and Glory conferma il talento di Gavin O’Connor, in un thriller che si sposa al noir e che mette in scena una New York corrotta, nella mente prima ancora che nella prassi. Un poliziesco spietato, dal ritmo notevole, violento e sporco come si addice alla bisogna.

La Grande Mela bacata

Quattro agenti della polizia di New York sono rimasti uccisi in un agguato. Il tragico evento scuote l’intero Dipartimento di Polizia, mettendo tutti in allerta. Con un assassino a piede libero e così tanto in gioco, Il Capo dei Detective di Manhattan, Francis Tierney Senior, chiede a suo figlio, il Detective Ray Tierney, di condurre le indagini. Ray accetta il caso anche se con riluttanza, consapevole del fatto che i poliziotti uccisi prestavano servizio sotto il comando di suo fratello, Francis Tierney, Jr., e al fianco di suo cognato, Jimmy Egan… [sinossi]

La platea al termine della proiezione stampa di Pride and Glory, presentato in concorso nella sezione “Anteprima/Première” del Festival del Film di Roma, era un calderone di opinioni tra le più divergenti: in molti hanno rimproverato al film di Gavin O’Connor di essersi incanalato in un filone (quello del poliziesco che mette in risalto il lato più deteriore delle forze dell’ordine) già ampiamente abitato e usuratosi nel corso del tempo. Alcuni affermando l’inutilità di un “Serpico dei giorni nostri”, altri addirittura rinfacciando al film di ripiegare su una scelta di comodo come quella della dicotomia razziale presente nella pellicola, con i poliziotti irlandesi da una parte e i criminali latinoamericani dall’altra.
Tutte argomentazioni rispettabili, ma con le quali si sente la necessità di dissentire con forza; infatti, nell’individuare in Pride and Glory matrici razziste o il canto del cigno della trappola narrativa poliziotto buono/poliziotto cattivo, si commette un errore di calcolo non indifferente. Altresì, a colpire piacevolmente è stata proprio la scelta di campo operata dal regista di Comfortably Numb, anche sceneggiatore in compagnia di Joe Carnahan (il quale pare essere al lavoro, anche come regista, sul remake di Bunny Lake is Missing, capolavoro del mystery firmato da Otto Preminger nel 1965), ovvero mettere in scena un microcosmo, la polizia di New York, nel quale è letteralmente impossibile non sporcarsi le mani con il crimine. Anche il presunto Serpico di turno, ovvero il disilluso Raymond Tierney interpretato da un magistrale Edward Norton (l’occasione permette di rallegrarsi per il ritorno agli script che merita di uno dei migliori attori statunitensi degli ultimi anni, e più in generale per rimarcare l’assoluto valore dell’intero cast) non ha la coscienza linda e pinta, tutt’altro: il suo porsi contro la marea di omertà montante che sembra aver invaso i distretti della Grande Mela, è comunque strettamente legato al senso di colpa per la morte di un ragazzo, avvenuta alcuni anni prima durante un’operazione di servizio.

O’Connor  sembra voler mettere sull’avviso lo spettatore: non aspettatevi di ritrovare nel corpo di polizia quei valori di giustizia e correttezza che di solito vengono sbandierati ai quattro venti, perché non ne troverete. Un giudizio netto, senza dubbio, che esaspera una condizione reale (basta andare a scorrere la storia della polizia newyorchese per rendersi conto degli elevati casi di corruzione che si sono avvicendati nel corso degli anni) ma che a livello cinematografico funziona come l’incedere ineluttabile di una bomba a orologeria: Pride and Glory è infatti un poliziesco spietato, dal ritmo notevole, violento e sporco come si addice alla bisogna. Se gli si può rimproverare qualcosa, è piuttosto in alcune scelte narrative che non sono sembrate essenziali: è così per il personaggio del giornalista, spurio rispetto all’intera vicenda, che procura alla pellicola una digressione tutt’altro che indispensabile, e per il combattimento a mani nude tra Norton e Colin Farrell, soluzione che ha il sapore fastidioso della facile spacconata. Ma sono dettagli che riescono a malapena a scolpire la corazza che protegge la pellicola: in contrapposizione si pongono infatti soluzioni assai felici, come la bella sequenza dell’uccisione dello spacciatore e lo splendido finale in cui il poliziotto corrotto accetta il ruolo di vittima sacrificale per mondare i propri peccati.
Alla prova dei fatti Pride and Glory si dimostra un poliziesco solido, sporco il necessario, diretto con mano ferma e recitato splendidamente: in alcuni frangenti sembra quasi di trovarsi di fronte alla versione popolare e di genere del capolavoro We Own the Night di sua maestà James Gray. E questo non è un complimento che si è disposti a regalare al primo che capita…

Info
Il trailer di Pride and Glory.
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