Dangerously Excited

Dangerously Excited

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Koo Ja-hong dirige con Dangerously Excited un’opera piccola piccola produttivamente (il costo complessivo è stato di appena 130.000 dollari) e anche fragile sotto l’aspetto narrativo, ma che sprigiona una freschezza coinvolgente e profondamente sincera.

Bass-guitar Hero

Han Dae-hee è un impiegato statale di settimo livello, e conduce una vita scandita da ritmi ben definiti: sul posto di lavoro si è guadagnato tra i colleghi la fama di onnisciente, e le sue serate le passa sulla poltrona a guardare i suoi programmi televisivi preferiti. La vita di Han è però destinata a cambiare radicalmente quando si imbatte nei membri di una giovane band indie-rock, che sono stati turlupinati e non hanno più un posto dove provare. Han decide dunque di ospitarli nella propria cantina, pur non nutrendo alcuna passione per la musica: e quando il bassista decide di mollare la band… [sinossi]

Se vi fosse chiesto su due piedi quali sono stati i tre migliori bassisti della storia della musica, cosa rispondereste? Tralasciando il parere di chi scrive (nella personale lista rientrerebbero di diritto John Entwistle, Holger Czukay e Roger Waters, probabilmente), si può esser matematicamente certi che nel novero dei pretendenti al podio non rientrerebbe Han Dae-hee, protagonista della divertente commedia sudcoreana Dangerously Excited, presentata nel programma della quattordicesima edizione dell’udinese Far East Film Festival. Il film diretto da Koo Ja-hong (che si è presentato al pubblico del Teatro Nuovo Giovanni da Udine mettendo ripetutamente le mani avanti, e chiedendo “scusa” tanto per il poco budget a disposizione del film, 130.000 euro, quanto per l’immaturità del proprio stile registico: un intervento fin troppo catastrofico nei toni, visto il risultato finale raggiunto) ha un pregio indiscutibile, quello di apparire immediatamente sincero e di non lasciarsi sedurre dalla facile scorciatoia della retorica. In tema di rock è sempre più difficile infatti riuscire a rintracciare pellicole che siano dotate della freschezza narrativa indispensabile per evitare le secche proprie di una visione del mondo musicale quanto mai artefatta e lontana dalla realtà: un universo che si vorrebbe scintillante, fatto di fan idolatranti, groupie pronte a cedere al fascino del frontman di turno, uomini e donne bellissimi, droga e sesso in quantità inesauribile. Chiunque abbia frequentato anche solo in maniera occasionale il multiforme sottobosco di chi suona sa benissimo che i tratti distintivi sono invece i locali fatiscenti, il pubblico sparuto e a volte annoiato, le stecche prese nel bel mezzo di un assolo e via discorrendo. 

Tutto questo in Dangerously Excited viene mostrato senza reticenze, ed è un merito che sarebbe davvero delittuoso non riconoscere a Koo e alla sua seconda creatura cinematografica – la prima, The Wolf Returns, risaliva addirittura al 2004. In tal senso la sequenza dell’audizione sprigiona un’aura di tenera verità e permette l’accostamento, per altri versi blasfemo, con il concerto nella palestra del liceo che chiudeva il capolavoro di Nobuhiro Yamashita Linda Linda Linda, a tutt’oggi il più scintillante esempio di cinema dedito al culto del demone del rock. Per il resto Dangerously Excited si muove sulle tracce di una commedia gentile, mai intenzionata ad alzare i toni e piuttosto attenta a lavorare di sottrazione, seguendo i ritmi e la monotonia del personaggio principale, l’impiegato statale Han Dae-hee: la sua vita, che passa dalle otto ore di ufficio durante le quali riceve telefonicamente le lamentele della popolazione al relax casalingo davanti alla televisione, si scontra con il mondo del rock quando una giovane band indipendente perde strumentazione e locale dove svolgere le prove (anche) per colpa di Han il quale, sentendosi in colpa, decide di aprire al gruppo di musicisti le porte della sua cantina. Da qui inizia un percorso che porterà il placido quarantenne Han a imbracciare il basso elettrico e a lanciarsi sul palco nelle vesti di rock-star. È proprio nella figura ai limiti dell’impossibile di Han che si può rintracciare la parte migliore e più convincente del film di Koo: affidato alle cure del bravissimo Yoon Jae-moon (nel suo curriculum quasi nessun ruolo da protagonista, per quanto sia apparso in alcune delle più importanti pellicole coreane dell’ultimo decennio), il signor Han diventa un eroe mascherato, in grado di combattere il grigiore della propria esistenza borghese a colpi di Bob Dylan, Led Zeppelin e Pink Floyd. Il suo corso accelerato da autodidatta di storia del rock (e della mitologia a esso legata) per permettergli di sfoggiare l’abituale saccenza nelle situazioni conviviali è una delle sequenze più spassose del film, e ne racchiude a suo modo il senso: un’opera piccola piccola e anche fragile sotto l’aspetto narrativo, ma che sprigiona una freschezza coinvolgente e profondamente sincera. E l’apparizione, tra i vari vinili ritrovati in soffitta, di un LP dei New Trolls, spiazza e sorprende anche il pubblico italiano.

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