Love in a Puff

Love in a Puff

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Love in a Puff segna il ritorno in grande stile di Pang Ho-Cheung tanto al Far East Film Festival di Udine (dove è sempre stato di casa, fin dagli esordi) quanto nello scacchiere produttivo hongkonghese e cinese. Una commedia sentimentale spiazzante, dal ritmo incessante e scandita da dialoghi scritti in punta di penna, grazie anche all’ottima performance della coppia protagonista composta da Miriam Yeung e Shawn Yue.

Amore al primo pacchetto

Dopo la ratificazione della legge hongkonghese che bandisce il fumo al chiuso e nei luoghi pubblici, Cherie, commessa in una profumeria, si concede una pausa sigaretta dal lavoro insieme ad altri lavoratori nelle sue stesse condizioni. In questa ristretta cerchia di persone incontra Jimmy, un pubblicitario più giovane di lei di qualche anno: tra i due scatta una relazione che si evolverà rapidamente nel giro di appena una settimana… [sinossi]

Il cinema di Pang Ho-cheung non ha molti eguali nel panorama contemporaneo di Hong Kong, e non solo per una questione meramente qualitativa: la verità è che di registi in grado come lui di passare dalla farsa grossolana alla commedia di costume, senza dimenticare incursioni eversive nel giallo e nello slasher movie, non ce ne sono più molti nella città-stato tornata a far parte della Mainland China appena quindici anni fa. Mentre molti dei suoi colleghi fanno a gara a rincorrere stili, ritmi e gusti del pubblico cinese, Pang continua anno dopo anno, film dopo film, a portare a termine operazioni cinematografiche puramente hongkonghesi: anche nelle sue sortite autoriali meno compiute (si pensi al retrivo Trivial Matters e al fascinoso ma incompiuto Exodus), il giovane cineasta, neanche quarant’anni e già undici regie sulle spalle, ha il pregio di non accontentarsi mai della soluzione più facile, ribadendo la propria appartenenza a una cinematografia che non può essere ridotta in maniera semplicistica a costola del mastodonte cinese.

L’ennesima dimostrazione di quanto appena affermato è possibile rintracciarla fin dai titoli di testa di Love in a Puff, film del 2010 che la quattordicesima edizione del Far East Film Festival ha ospitato come ideale traino per la proiezione del recente Love in the Buff, seguito del film di due anni fa: a completare l’opera di “pangizzazione” della kermesse friulana ci pensa poi Vulgaria, ultimo parto in ordine di tempo dell’iperattivo regista, presenza fissa al FEFF dove ha avuto modo di presentare tutti i suoi film eccezion fatta per il già citato Exodus. La genesi di Love in a Puff è a dir poco unica nel suo genere: ratificata nel 2009 la legge di Hong Kong che proibisce di fumare nei luoghi pubblici, Pang non ha perso tempo e in quattro e quattr’otto ha messo in piedi una commedia sentimentale che prende corpo proprio per via della costrizione al fumo. La storia d’amore tra Cherie e Jimmy è dunque scandita non solo da una progressione temporale ben definita – il film si svolge nell’arco di una settimana – ma anche dall’accumularsi continuo di mozziconi di sigarette, pacchetti, accendini e via discorrendo. Un film in cui il fumo potrebbe quasi assurgere al ruolo di vero e proprio personaggio: tramite lui i due protagonisti hanno modo di conoscersi e puntarsi reciprocamente. Ed è sempre per via del fumo che si materializza una delle sequenze più riuscite e significative di Love in a Puff: i due innamorati – per quanto pieni di dubbi – attraversano Hong Kong alla ricerca di tutti i pacchetti di sigarette possibili da reperire sul mercato la notte prima che vengano rincarati i prezzi.

Al di là dell’ottimo livello di scrittura, caratterizzato da dialoghi brillanti e battute al vetriolo che sembrano cercare un punto di incontro tra la prassi hongkonghese e la screwball comedy della golden age hollywoodiana, ciò che colpisce profondamente è lo stile radicale con il quale Pang affronta la sfida registica: Love in a Puff è un film completamente libero da costruzioni artificiose, in cui gli elementi sembrano armonizzarsi per pura e semplice vocazione naturale. Episodico ma mai slabbrato, capace di cogliere l’intima “verità” di ciò che si sta raccontando, Love in a Puff si incolla agli occhi dello spettatore, traducendosi in una delle commedie più innovative e sincere viste nel corso degli ultimi anni, e non solo nell’Estremo Oriente. Soluzioni come il folgorante incipit orrorifico, la prima notte insieme nel motel per coppiette, il colloquio nippo-coreano con il poliziotto, o come i gustosi intermezzi pseudo-documentari tesi a sviscerare ulteriormente il rapporto oscuro tra sigarette e amore denotano una maturità espressiva inequivocabile: Pang sembra qui ritrovare la compattezza autoriale e la schiettezza emotiva alla base dei suoi lavori migliori, Men Suddenly in Black, Beyond Our Ken  e Isabella, e la unisce a una rinnovata consapevolezza stilistica.
Ma una gran parte del merito della riuscita di Love in a Puff, commedia in grado di evitare tutti i cliché del genere facendosene beffe a più riprese, va senza dubbio ascritto all’alchimia creatasi sul set tra Miriam Yeung (al lavoro in passato anche con Fruit Chan, il grande eretico del cinema di Hong Kong) e Shawn Yue (una carriera decollata nell’action, da Infernal Affairs a Dragon Squad): per una coppia così non si può non tifare in maniera spudorata, come dimostra anche il successivo Love in the Buff, seguito in terra cinese apprezzabile ma non altrettanto sorprendente. Dopotutto Pang l’aveva preannunciato due anni, durante l’intervista che ci rilasciò sempre a Udine: “mi farebbe piacere dirigere una commedia per famiglie”. Obiettivo raggiunto!

Info
Il trailer di Love in a Puff.
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