Revenant – Redivivo

Revenant – Redivivo

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Ammaliante e squilibrato, vetrina per le doti di Iñarritu e per quelle di DiCaprio e Hardy, Revenant – Redivivo mostra qualche elemento di evoluzione nella poetica del suo autore, pur confermandone peculiarità e limiti.

Odissea nello squilibrio

1823: una spedizione di caccia del Nord Dakota viene attaccata e decimata da un gruppo di indiani Ree. Uno dei superstiti, Hugh Glass, viene ferito dal successivo assalto di un orso grizzly, che lo lascia in fin di vita; uno dei suoi compagni, davanti ai suoi occhi, uccide suo figlio e tenta di seppellirlo vivo, per incassare la sua parte di ricompensa. Ma Glass riesce sorprendentemente a sopravvivere, e si mette in cammino attraverso il territorio dello stato in cerca di vendetta… [sinossi]

Si esce con sensazioni contrastanti, dalla visione dell’ultima opera di Alejandro Gonzalez Iñarritu. Laddove non ci si voglia schierare (aprioristicamente) tra gli estimatori o i detrattori del regista messicano, personalità controversa e ingombrante del cinema dell’ultimo quindicennio, questo Revenant – Redivivo necessita una riflessione più complessa di quanto si potrebbe pensare. Un lavoro che mostra, nella dimensione di un blockbuster Academy oriented, un interessante elemento di evoluzione in un cinema tanto personale quanto per molti, comprensibilmente, respingente. La tentazione di liquidare il film di Iñarritu come opera furba e magniloquente, tutta tesa a mettere in mostra i lustrini autoriali del regista, seppure in un contesto diverso da quelli finora da lui adottati, certamente c’è. Così come c’è, dal lato opposto, la voglia di lodarne la grandezza di visione, il respiro da cinema classico, la cura formale, il lavoro sull’immagine messo al servizio (qui più che in passato) della narrazione di una storia. In realtà, Revenant (oltre ad essere ennesima vetrina per le doti tecniche del regista, e per quelle attoriali di Leonardo DiCaprio e Tom Hardy) si pone come tappa, per Iñarritu, di un percorso che tra mille contraddizioni sta trasformando le premesse del suo cinema. E che qui trova forse la dimensione più adatta per esprimersi.

Inizia nel migliore dei modi, il film di Iñarritu. Nella prima mezz’ora, che pone le basi per il revenge movie in cui presto il film si trasformerà, il regista agguanta con perizia (ma senza astuzie formali) occhio e nervi dello spettatore. Nella messa in scena sanguigna, nervosa, fisica, dello scontro tra la spedizione e gli indiani Ree, le doti tecniche del regista messicano riescono a dispiegarsi nel modo più efficace; senza che la tendenza alla sovrastruttura, da sempre limite e peculiarità del cinema di Iñarritu, intacchi la brutale essenzialità richiesta dalla storia. La macchina da presa incollata a volti e corpi degli attori, l’abbondanza di piani ravvicinati, l’uso insistito del piano sequenza (tecnicamente pregevole quello che anima l’assalto dei Ree), evidenziano una ricerca formale che, supportata dal lavoro sull’immagine di Emmanuel Lubezki, si integra felicemente con i ritmi e il mood richiesto dalla vicenda. L’attacco del grizzly, culmine narrativo che chiude idealmente la prima parte del film, introduce l’odissea (nella sua valenza letterale di ritorno a casa e vendetta) che sarà vissuta da un protagonista la cui prova passa inevitabilmente in primo piano. Ma in questa fase, oltre a evidenziare in modo insistito il volto e il corpo deturpato di DiCaprio, Iñarritu stenta a tenere a bada, ancora una volta, la sua tendenza al formalismo. Con tutti gli squilibri che ne conseguono.

Il tour de force fisico di un DiCaprio istintivo e debordante, comprensibilmente smanioso (e il regista sembra a tratti assecondarlo) di ottenere l’ambita statuetta, si accompagna qui a un susseguirsi di parentesi oniriche, frammenti di sogni e visioni, simbolismi di difficile lettura e giustificazione che costellano il viaggio del protagonista; componenti che mal si integrano con l’essenzialità di una vicenda morale e di vendetta, chiara nelle sue premesse e basilare nelle pulsioni a cui rimanda. Accantonati, apparentemente, i temi del destino e degli incastri del caso (nella doppia dimensione della narrazione frammentata delle prime pellicole, e dell’unità di tempo e luogo del recente Birdman) Iñarritu sembra qui voler recuperare questi elementi sul piano metafisico. Andando a porli deliberatamente nella struttura di un’opera dichiaratamente improntata al realismo e alla fisicità, introducendo così un elemento di stonatura che il film, nelle sue due ore e mezza di durata, non si preoccupa mai di spiegare e giustificare.
Iñarritu, vien fatto di pensare, non è Terrence Malick, e il suo film condivide con le ultime opere di quest’ultimo solo la fotografia di Lubezki; ma, prima ancora di ciò, è la vicenda che racconta a non giustificare un simile approccio. La tendenza del regista all’esibizione esplicita delle marche autoriali, tenuta a bada e opportunamente instradata nella prima parte del film, torna sovente fuori controllo nelle fasi successive. Rischiando a più riprese di debordare.

Squilibrato e poco coeso, produttivamente e visivamente grandioso, quanto narrativamente difettoso (il personaggio di Hardy e quello del giovane Domnhall Gleeson esibiscono dialoghi e azioni che spesso difettano in credibilità) Revenant è un film che va approcciato evitando il più possibile i pregiudizi; non lasciando che la diffidenza verso un autore evidentemente innamorato della sua estetica (prestato qui alla Hollywood più magniloquente) intacchi la serenità della valutazione. Iñarritu, al contrario, sembra trovare per larga parte del film una sua ideale dimensione, nella narrazione di una vicenda apparentemente lontana dalle sue corde; mostrando un’evoluzione che, al netto delle evidenti cadute di tono e velleità “autoriali” (nel senso più deteriore del termine) potrebbe portare più di una sorpresa nei successivi sviluppi del suo cinema. È invero questa, più che le poco entusiasmanti discussioni sul numero di statuette che il film riceverà (e sul raggiungimento o meno di questo traguardo per il suo protagonista) la curiosità più stimolante che la visione di questo film ci ha lasciato.

Info
Il trailer di Revenant.
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