T2 Trainspotting

T2 Trainspotting

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Decadentismo lisergico. Sembra una contraddizione in termini eppure è questo lo spirito che anima T2 Trainspotting di Danny Boyle, rilettura, prima che sequel, del cult movie del 1996.

Non si esce (vivi) dagli anni ’90

Mark Renton torna nell’unico posto che da sempre chiama casa. Lì ad attenderlo ci sono Spud, Sick Boy, e Begbie, insieme ad altre vecchie conoscenze: il dolore, la perdita, la gioia, la vendetta, l’odio, l’amicizia, l’amore, il desiderio, la paura, il rimpianto, l’eroina, l’autodistruzione e la minaccia di morte. Sono tutti in fila per dargli il benvenuto, pronti ad unirsi ai giochi… [sinossi]

Body aderenti dentro jeans ascellari, LA Gear e anfibi anche sotto la gonna, il codino di Fiorello che roteava al Karaoke, gli Ace of Base, Beverly Hills 90210, le merendine del Mulino Bianco con relative sorprese alle cinque del pomeriggio, gli ultimi echi del grunge da Seattle sui canali musicali in tv. In effetti se Trainspotting è diventato un instant cult per i giovani e meno giovani degli anni ’90 delle ragioni ci sono. Possedeva quell’impeto di rottura, sufficientemente anarchico, poneva in discussione il “sistema”, giusto poco prima di celebrarvi l’adesione, ci raccontava di un proletariato scozzese tossico e sporco, vitale e cialtrone. E poi c’era quella colonna sonora che mescolava abilmente imperituri classici del passato (Lust for Life di Iggy Pop su tutte) con nuove sonorità elettroniche (Born Slippy degli Underworld).
Recuperare quello spirito, così figlio dei tempi, non era cosa facile, e infatti, a vent’anni di distanza, Danny Boyle con T2 Trainspotting si spinge verso altri lidi, più pensosi, di certo non meno proletari, ma decisamente cupi e a tratti autoriflessivi.
La prima notizia è che si esce vivi dagli anni ’90, la verità è che non si esce dal tunnel del primo Trainspotting. C’è una discendenza ricercata esplicitamente da Boyle, anche troppo, con il primo capitolo delle avventure di questi oramai ex ragazzi di Edimburgo, oggi alle prese con un perpetuo fare i conti col passato, l’età che avanza, i relativi rimpianti.

Mark Renton (Ewan McGregor) ha ora 46 anni e per ragioni un po’ stiracchiate (la donna l’ha lasciato, a Londra non gli è andata poi così bene) fa ritorno a casa. Gli amici del bel tempo che fu non serbano certo di lui un bel ricordo, dal momento che li ha traditi e derubati del cospicuo incasso ricavato da una partita di eroina. Solo il buon vecchio Spud (Ewen Bremner), risarcito già al tempo con una mazzetta di sterline, lo accoglie fraternamente, mentre il sempre biondo (tinto) Simon/Sick Boy (Jonny Lee Miller) nutre accesi sentimenti di vendetta, mitigati solo dalla presenza, al suo fianco, della dolce prostituta Veronika (Anjela Nedyalkova). Quanto al sempre assai rissoso Begbie (Robert Carlyle), una volta evaso di prigione, vendicare quel torto subito nel ’96 diventa per lui l’unica ragione di vita.

Una pigra trama da revenge movie accompagna dunque le vicende dei quattro ex amici, tre dei quali (a esclusione di Begbie il terribile) si impegnano poi nel romantico sogno di costruire, da bravi bricoleur, un bordello di gran classe per la bella Veronika. Ad arricchire questo esile plot e le ancor più lasche motivazioni (la vendetta su tutte) ci pensano poi i ricordi dei vecchi tempi: ecco allora che in flashback ritroviamo quella rocambolesca corsa per Edimburgo, compare poi la risata satanica di Mark rivolta stavolta a un altro ignaro automobilista, appaiono altre memorie in simil super8 dei protagonisti bambini, mentre alla diarrea di Spud si sostituisce un getto di vomito. L’originale è dunque opportunamente omaggiato, ma T2 Trainspotting non sa bene come procedere, continua a muoversi tra presente e passato, senza sapere dove andare. Appaiono interessanti alcuni episodi di rilettura in salsa “pop” della Storia inglese, che per lo più si traducono in riassunti stile “Bignami” fatti ad uso e consumo della dolce Veronika, ma che raggiungono poi il loro obiettivo nell’unica scena degna di nota del film, dove un evento storico tramutato in canzonetta adempie pienamente ad una funzione satirica. Una soluzione brillante che resta però un caso isolato all’interno del film. Il topos della vendetta non basta infatti certo a tenere desta l’attenzione, né a provocare la tensione necessaria per edificarci intorno una storia che si rispetti. La fotografia “smarmellata” del talentuoso Anthony Dod Mantle ce la mette tutta a riportarci verso i bei tempi andati, e Boyle da par suo non dimentica di inserire rallenty, accelerazioni, stop frame e ardite sovrimpressioni, ma la realtà su cui questi virtuosismi si vanno ad inserire non è più quella di un tempo e non lo sono nemmeno i personaggi. D’altronde recuperare gli stilemi del videoclip in un’epoca in cui questo è praticamente svanito o comunque ininfluente, non ha alcuna utilità.

C’è un senso di sconfitta che aleggia sui personaggi e sull’intero progetto-film, e questo ne costituisce al tempo stesso la debolezza più evidente e la nota di maggior interesse. Perché alla fine dei giochi, seppur futili e a tratti tediosi (la sostanziale ripetitività di situazioni e trovate, il costante ritorno al passato), quello che ci vuole dire T2 Trainspotting è che il passato non si può rivivere, né riscrivere, né ri-filmare. Certo è poca cosa e non ripaga lo spettatore né nel corso, né dopo il – seppur riuscito – finale del film. Resta un senso di amarezza, che fa rimpiangere quello spirito goliardico e ironico del predecessore – l’aspetto “commedia” è qui completamente messo da parte – e prevale la netta sensazione che probabilmente questi quattro personaggi non meritavano una seconda possibilità né una nuova sortita sul grande schermo. Di certo poi, e le poco incisive scelte musicali di questo secondo capitolo lo confermano; del resto se al cult movie di un tempo togliamo la colonna sonora, non resta molto per cui esaltarsi. Ecco allora che T2 Trainspotting finisce per porre in luce soprattutto i difetti del suo celebrato precursore smontandone, involontariamente, pezzo per pezzo tutte le ragioni che ne hanno fatto un cult movie. Probabilmente i fan non apprezzeranno: messi così brutalmente davanti allo specchio, a contare rughe e delusioni, rischiano di ritrovarsi ad ammettere che il loro film preferito non era poi un granché.

Info
La pagina di T2 Trainspotting sul sito della Warner.
Il trailer italiano di T2 Trainspotting.
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