La folla

La folla

di

Considerato a giusto titolo uno dei vertici del cinema muto hollywoodiano, La folla di King Vidor ci appare ancora oggi miracolosamente in equilibrio tra il racconto minuzioso della vita di un uomo comune e la grande parabola morale. Proiettato in 35mm in apertura della 36esima edizione delle Giornate del Cinema Muto.

Beat the crowd

Alla sua nascita, il 4 luglio 1900, 124º anniversario della dichiarazione d’Indipendenza, suo padre aveva esclamato: “Quest’ometto farà stupire il mondo”. E John crescerà convinto di essere destinato a grandi cose. Ma sarà sconfitto nello scontro con la spietata realtà della metropoli. [sinossi da Wikipedia]

Si è aperta ieri sera con una stupenda proiezione in 35mm de La folla (1928) di King Vidor la 36esima edizione delle Giornate del Cinema Muto. Il film rientra nel ristretto novero dei super-classici del muto, uno di quei titoli fondamentali che hanno fatto la storia del cinema mondiale e che, rivisto oggi, appare ancora e sempre in perfetto equilibrio tra le istanze tipicamente americane della grandeur spettacolare e il pensiero critico di natura più europea. Nel raccontare infatti la vicenda di un uomo comune, nato simbolicamente nel 1900 – nel giorno della festa d’Indipendenza – e che spera vanamente di emergere dalla massa, Vidor metteva in scena una critica feroce sia alla massificazione dei consumi, sia all’ideologia dell’America come terra delle opportunità.
L’individuo è morto, ci dice Vidor, sopraffatto da milioni di altri individui ‘robotizzati’ che fanno tutti esattamente la stessa cosa. John, il protagonista del film, lavora infatti in un ufficio con migliaia di impiegati seduti davanti a scrivanie uguali alla sua, mentre in spiaggia giacciono sterminate distese di famiglie che prendono il sole e in ospedale tanti uomini attendono di diventare genitori e altrettante donne sono appena diventate mamme. Tra l’altro, per visualizzare quest’ultimo momento, Vidor ci regala uno scenario inquietante, mostrandoci una stanza enorme con ai lati i letti d’ospedale e al centro una infermiera che regola il traffico. Tutto in attesa del celeberrimo finale, con cui Vidor affonda definitivamente il colpo: l’infinita ed esagerata carrellata dall’alto a mostrare il pubblico che ride seduto sulle poltroncine, momento che ancora oggi è in grado di farci rabbrividire perché con quel guizzo finale Vidor mostrava noi stessi, il pubblico-massa pronto a piangere e a ridere di fronte alla macchina-cinema.

Introiettata la lezione dell’espressionismo tedesco, Vidor riusciva dunque a trasporlo miracolosamente su un piano di apparente realismo. Anzi, ancor meglio potremmo dire che La folla è chiaramente debitrice del langhiano Metropolis, di poco precedente, con la genialità di trasporre quella magnificenza scenografica e fantascientifica nel mondo reale. La New York della fine degli anni Venti è già fantascienza; il futuro immaginato da Lang è già arrivato: lo dimostrano le prime inquadrature de La folla, dove vengono ripresi dal basso degli imponenti grattacieli. E, così come si passa improvvisamente dal racconto individuale a quello collettivo, La folla passa anche – per improvvisi squarci – da una messinscena realistica e piana a una più simbolica e astratta. Si pensi al momento in cui al giovane protagonista viene annunciata la morte del padre: ci appare una scala gigantesca, chiaramente irreale e dal potentissimo portato evocativo, con in fondo una ‘folla’ di persone che assistono sbigottite e silenti al dramma privato del piccolo John. Non si è mai soli, d’altronde: John e Mary si baciano per la prima volta nascosti in una barchetta nel tunnel dell’amore delle giostre, ma improvvisamente il tunnel viene scoperchiato e una serie di sconosciuti ride di loro. Ancor più forte però ci appare un altro momento, che – al di là del finale – si può considerare il vero climax simbolico del film: quello in cui la figlia di John e Mary è malata, in fin di vita, e John va in strada a chiedere silenzio, a supplicare la folla di fermarsi per rispettare il dolore della sua famiglia, e allora un poliziotto sentenzia: “Il mondo non può fermarsi solo perché tua figlia sta male”. L’indifferenza assoluta: ancor più della Natura leopardiana, la folla è il vero mostro moderno.

Su tutto questo Vidor innesta una forma narrativa spietatamente ‘oggettivizzante’, quasi entomologica, giocando su delle ampie ellissi atte ad evocare la struttura del grande romanzo ottocentesco. E poi, con lucido pragmatismo americano e con grande senso della sintesi, lavora sul meccanismo del contrasto di eventi lieti/tragici: John bambino sogna il suo futuro insieme a dei coetanei e subito dopo gli viene annunciata la morte del padre; John adulto si lascia con sua moglie Mary e lei gli annuncia che è incinta del loro primo figlio; John e Mary hanno appena guadagnato la cifra più considerevole della loro vita e la figlia più piccola viene investita da un’auto. Lungi dal cadere nello schematismo, questo meccanismo di racconto – basato su un crudele e laico sentimento del contrappasso – permette piuttosto a La folla di esplicitare ancor meglio il suo discorso sull’inesorabilità della vita, sul fatto che niente ci viene perdonato.

Più tardi, alcuni grandi maestri rifletteranno sullo stesso tema di La folla. Si pensi solo al cinema di Frank Capra, a un film come Mr. Smith va a Washington, o anche a quello di De Sica, in particolare a Ladri di biciclette, che deve molto a questo film, specialmente per la sequenza del padre e del figlio disperati in strada. Ma sia Capra che De Sica declineranno il pessimismo cosmico di Vidor in un più ottimista ‘umanitarismo’. E dunque La folla resta come profetico monumento del mondo meccanizzato e definitivamente dis-umanizzato.

Info
La scheda di La folla sul sito delle Giornate del Cinema Muto.
La pagina Wikipedia dedicata a La folla.
  • la-folla-1928-king-vidor-1.jpg
  • la-folla-1928-king-vidor-2.jpg
  • la-folla-1928-king-vidor-3.jpg
  • la-folla-1928-king-vidor-4.jpg
  • la-folla-1928-king-vidor-5.jpg

Articoli correlati

Array
  • Festival

    Giornate del Cinema Muto 2017 – Presentazione

    Comincia con La folla di King Vidor e si chiude con Il principe studente di Ernst Lubitsch la 36esima edizione delle Giornate del Cinema Muto, che si terrà a Pordenone dal 30 settembre al 7 ottobre.