Rotterdam 2021 – seconda parte
In partenza la seconda parte, l’edizione di giugno, dell’International Film Festival Rotterdam, che chiude così la sua edizione celebrativa per i 50 anni di festival, dopo la prima parte di febbraio. Sarà un’edizione ibrida con i film visibili on demand, come gli incontri con gli autori, e proiettati nelle sale della città olandese.
Torna il festival di Rotterdam, dopo l’edizione di febbraio, con una seconda parte, così come ormai è diventata politica condivisa da parte di tutti quei festival che si sono tenuti lo scorso inverno, da Trieste a Berlino, costretti a presentarsi in forma ridotta, per via della pandemia, nei loro giorni tradizionali tra gennaio e febbraio, e poi a tornare in presenza – o quantomeno in forma ibrida – in questi giorni di giugno con programmazioni soprattutto rivolte al pubblico locale. La seconda parte della cinquantesima edizione dell’International Film Festival Rotterdam si tiene dal 2 al 6 giugno, sotto la guida della nuova direttrice artistica Vanja Kaludjercic. E sarà un’edizione ibrida, per l’appunto.
Il film di apertura il 2 giugno sarà The World to Come di Mona Fastvold, storia femminile dell’America di metà Ottocento, già passato a Venezia; mentre a chiudere, il 6, un anime giapponese dello Studio 4°C, Poupelle of Chimney Town di Yusuke Hirota, tratto da un popolare libro per l’infanzia nipponico. Tra queste due date passeranno al festival 139 opere di tutti i formati. Alle sezioni confermate del festival, Harbour, Bright Future, Cinema Regained e Short & Mid-length, si aggiunge anche un programma di classici, l’IFFR Classic’s, che propone quattro opere iconiche che fanno parte della storia del festival: Sweetie, film d’esordio di Jane Campion, che era all’IFFR 1990, Night on Earth di Jim Jarmusch, dall’IFFR 1992, Caro diario di Nanni Moretti, dall’IFFR 1995 e Battle Royale di Kinji Fukasaku, dall’IFFR 2001.
Molto ricco il programma della sezione Harbour, che prevede The Blue Danube, la nuova opera del filmmaker giapponese Akira Ikeda, trionfatore a Rotterdam nel 2014 con il surreale Anatomy of a Paper Clip; la portoghese Cláudia Varejão con Amor fati; e poi due cineasti leggendari: Kazuo Hara, con Minamata Mandala, documentario girato nel corso di 15 anni, sulle battaglie per la salute della comunità di una cittadina del Sud del Giappone, contro le attività industriali inquinanti; e Júlio Bressane con Capitu and the Chapter, tratto dal romanzo Dom Casmurro (1899) di Machado de Assis, che il cineasta brasiliano ha adattato con una varietà di sperimentazioni visive e teatrali.
La sezione Bright Future, da sempre dedicata alle opere prime, propone sei opere. Tra queste Damascus Dreams della visual artist Émilie Serri, sulla storia di rifugiati della propria famiglia, BERG del filmmaker olandese Joke Olthaar, esperienza visiva e paesaggistica in bianco e nero, Phoenix dell’artista belga Bram Droulers, che celebra la fluidità tanto in campo artistico che sessuale, e la commedia fantascientifica OK Computer dei registi indiani Pooja Shetty e Neil Pagedar. Cinema Regained è la sezione che esplora le contaminazioni possibili con il cinema del passato. Quest’anno prevede Neck ‘n’ Neck, opera giovanile di Disney, ritenuta perduta fino al 2018 quando ne è stata ritrovata una copia in una collezione in Giappone; Sea Palace, film live action del 1917 di uno dei fondatori dell’animazione nipponica, Namakura Gatana; Careless Crime dell’iraniano Shahram Mokri che indaga sulle connessioni con il cinema della rivoluzione del 1979; Mat Magic, film di Singapore del 1971 codiretto dal grande attore e illusionista John Calvert. A completare il programma dell’IFFR, anche i talk con i registi dei film presentati e non, come quello sul massacro di Srebrenica che vede la presenza tra i relatori di Jasmila Žbanić, regista bosniaca vincitrice del premio del pubblico nell’edizione di febbraio, con il film Quo vadis, Aida?, incentrato su quel tragico evento.