Les sorcières de l’Orient

Les sorcières de l’Orient

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Nuovo prezioso tassello della poetica cinefilo-sportiva di Julien Faraut, Les sorcières de l’Orient ci riporta alla pallavolo degli anni Sessanta, alle imprese sul campo e negli anime delle fantastiche atlete giapponesi, a una dimensione sportiva fatta di abnormi passioni e sacrifici, di talento e scoperte tecnico-tattiche, di gloria e leggenda. Presentato al Pesaro Film Festival, come il precedente e splendido L’empire de la perfection, vincitore dell’edizione 2018.

Noccioline e gelati

Le atlete della squadra nazionale di pallavolo del Giappone erano note con il nomignolo di Streghe dell’Oriente grazie ai presunti poteri soprannaturali che dispiegavano durante le partite. Faraut evoca il loro percorso e la rigida disciplina dalla formazione della squadra nei tardi anni Cinquanta nel dopolavoro della fabbrica tessile fino al trionfo alle Olimpiadi di Tokyo nel 1964 attraverso sequenze recenti, immagini di repertorio e cartoni animati, in cui s’intersecano storia e fantasia… [sinossi – catalogo Pesaro Film Festival]
Tute colorate, noccioline gelati
gomma americana, bandierine e noi qui
squadra nazionale coi colori del cuore…
La fantastica Mimì, sigla della serie
Mimì e la nazionale di pallavolo (1969-1971)

Speriamo non si esaurisca mai la vena creativa di Julien Faraut e questa sua osservazione, analisi e messa in scena così stratificata delle discipline sportive: una mappatura tecnica, storica e umana di sport e campioni, dal tennis e dall’immenso John McEnroe de L’empire de la perfection alle splendide pallavoliste giapponesi de Les Sorcières de l’Orient, che alle Olimpiadi di Tokyo 1964 fecero man bassa, senza dimenticare il manifesto cinefilo-sportivo Un regard neuf sur Olympia 52 e il piccolo ma assai significativo Tableaux noir écran lumineux. Da Chris Marker a Mimì Ayuhara il passo è incredibilmente breve.
Il cinema di Faraut mescola infatti teoria e pratica, biopic e racconto corale, storico, sociologico, pescando a piene mani dalle ampie possibilità offerte dal linguaggio cinematografico, tra documentario, finzione, sperimentazione. Un insperato incontro tra la settima arte, anche nelle sue declinazioni animate, e la pratica sportiva più elevata, i gesti tecnici sublimi, le imprese memorabili. Faraut scandaglia i micro\macrocosmi delle singole discipline, disseziona volée e schiacciate, rullate e palle corte; osserva da vicino l’uomo e l’atleta, il suo contesto, le dinamiche della preparazione atletica, psicologica; riporta il gesto sportivo al suo status spesso disconosciuto di espressione artistica, di capolavoro vivo e pulsante. E con precisione certosina trova la chiave di lettura di uno sport, di un’epoca sportiva, in un gesto preciso e nella sua ossessiva ripetizione – la ripetizione infinita, nel suo tendere alla perfezione, è l’unica via percorribile per gli atleti: migliaia di bagher, di passanti, di partenze dai blocchi, nella speranza di raggiungere la massima efficienza possibile.

Tra ralenti e sovrimpressioni, nostalgiche tavole rotonde e pellicole in 16mm che strappano il cuore, Faraut coglie l’essenza delle streghette del Sol Levante e del loro mitologico allenatore Hirofumi Daimatsu, padre padrone dai metodi militareschi e dal cuore buono: la difesa, la sua disperata applicazione, come arma di logoramento delle più massicce avversarie (le russe, ovviamente) e la rullata (kaiten reshību) come gesto distintivo e metaforico. Non il tuffo, più potente e forse spettacolare, ma un movimento che consente in un gesto fluido e circolare di essere nuovamente in posizione di difesa, per rispondere a un altro attacco, e poi un altro, un altro, un altro. Fino alla fine, anche senza attacchi invisibili e gocce di ciclone, ma con l’aiuto un po’ sovrannaturale di una bambola daruma. Sarà per la prossima volta, Bolkinskaja!

Responsabile dell’archivio dei film in 16mm dell’Institut National du Sport, de l’expertise et de la performance, Faraut mette a frutto tutta la sua esperienza e passione, il materiale infinito a sua disposizione, la sete di conoscenza e analisi, il talento e la passione cinefila. Ed è quasi commovente, nonché illuminante da un punto di vista teorico\analitico, il recupero della serie Mimì e la nazionale di pallavolo, che omaggiava proprio le imprese delle giocatrici di Daimatsu. Nelle sovrimpressioni tra le azioni di Ayuhara e compagne e gli allenamenti delle giocatrici in carne e ossa possiamo (ri)valutare pienamente il lavoro degli animatori della Tokyo Movie Shinsha, la loro capacità di osservare e riprodurre la realtà – e poi di modellarla, inventarla, divinizzarla. Les sorcières de l’Orient è un pozzo senza fondo di suggestioni, ricordi, intuizioni, di storia e tecnica dello sport e del cinema.

Info
Il trailer originale de Les sorcières de l’Orient.
La scheda de Les sorcières de l’Orient sul sito di Pesaro.

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