Todd Haynes: «Il mio amore per Douglas Sirk»

Todd Haynes: «Il mio amore per Douglas Sirk»

Regista, attore, sceneggiatore, Todd Haynes è uno dei principali cineasti americani contemporanei. La sua filmografia gravita attorno ad alcuni temi forti come l’omosessualità – già dal suo primo lungometraggio, Poison, considerato un film chiave del nuovo cinema queer –, i biopic di musicisti – iniziati con il corto Superstar: The Karen Carpenter Story, realizzato con bambole, passando per gli acclamati Velvet Golmine, sul glam rock, e Io non sono qui, su Bob Dylan –, il cinema classico hollywoodiano e l’America dei decenni passati – con Lontano dal Paradiso, Carol, e la miniserie HBO Mildred Pierce.
Abbiamo incontrato Todd Haynes durante il 75 Locarno Film Festival, dove è stato ospite nell’ambito della retrospettiva su Douglas Sirk.

Già il tuo secondo lungometraggio, Safe, risente di un influsso da Sirk, nell’ambientazione alto-borghese della protagonista, e nella stessa figura femminile di Carol, la protagonista.

Todd Haynes: Safe è stato senz’altro un prodotto dell’epoca, quando divampava l’epidemia di AIDS. Già il mio primo lungometraggio, Poison, affrontava diverse tematiche connesse alle persone estraniate alla società. I gay avevano iniziato a percepire e accettare questa specie di responsabilità verso ciò che stava succedendo. La malattia a quel tempo per me era una sorta di tema inevitabile. Volevo ambientare questa storia in un ambiente molto sicuro e confortevole. Ho pensato ai film di Sirk e al modo in cui i personaggi femminili hanno una relazione claustrofobica verso il mondo in cui vivono, e quanto gli oggetti attorno a loro e i loro possedimenti definiscono chi siano o comunque contribuiscono a interrogarsi su chi siano. Carol, la protagonista di Safe, è già in una bolla quando si suppone che lei sia il perfetto esempio della ricchezza e della classe medio-alta americana, ma la malattia inizia a rivelare cose riguardo a sé stessa, e anche riguardo alle persone che ha attorno. C’è qualcosa che non va. È un film pessimista perché il luogo in cui lei va per cercare delle risposte è un’altra bolla, un altro modo per rimuoverla dal mondo e un altro linguaggio di sé che deve adottare, ponendosi come una persona colpevole, che ha la colpa di non sentirsi bene. Stavo cercando di aver uno sguardo critico su questo discorso che presumibilmente rafforza il soggetto ma in realtà lo blocca. Eppure ho percepito che Carol non era qualcuno di estraneo e che gli esseri umani tendono a colpevolizzare loro stessi per situazioni che sfuggono al loro controllo ed è stato lì che ho sentito una connessione con Carol. Ho capito che lei fosse qualcuno che io capivo, potrei dire che era una sorta di istinto americano, non so, sicuramente è stato un istinto umano.

Oltre che Sirk, in Carol riprendi anche Breve incontro di David Lean. Come definiresti le tue operazioni sul cinema classico? Da un lato sei molto filologico, dall’altro espliciti tematiche, come l’omosessualità, che in quel cinema non potevano essere trattate se non con vaghe allusioni.

Todd Haynes: Sono dei mondi diversi che voglio esplorare. La differenza tra le influenze in Lontano dal paradiso e in Carol riguarda il fatto che il primo è un melodramma domestico come sono i film di Douglas Sirk, mentre il secondo è una storia d’amore. La love story, rispetto al melodramma domestico, dipende molto dal punto di vista. Quello che sentivo fosse molto interessante dal punto di vista cinematografico e nella forma narrativa, è come di solito si è allineati con il personaggio più vulnerabile della relazione, mentre la persona che sembra essere più potente è l’oggetto del desiderio. Così l’altro cerca di leggere ogni segnale di un possibile interesse, chiedendosi «magari gli piaccio anche io?» o cose del genere. Questa è la posizione vulnerabile di cui il film si occupa. Breve incontro trattava dell’amore. Quando l’ho rivisto in questo contesto, ho amato questa idea di riproporre la stessa scena due volte, e l’ho inserita. Non c’era né nel romanzo originale né nell’adattamento di Phyllis Nagy. È stato bellissimo in Breve incontro ed è stato utile in Carol, Carol diventata la persona più vulnerabile mentre Therese la allontana dopo essere stata allontanata a sua volta. Così Carol deve rivalutare la sua esperienza e torna da Therese con tutta la sua vulnerabilità. Ho pensato che fosse un modo molto interessante di affrontare queste due diverse posizioni dai due diversi punti di vista di due donne, e passare da uno all’altro utilizzando lo stesso luogo e la stessa scena.

In Lontano dal paradiso riprendi anche quei giardini curati e colorati delle cittadine della piccola America di Douglas Sirk, così come il ruolo della natura e delle stagioni. Il film comincia in autunno e finisce in primavera, con un acero dalle foglie gialle e un ciliegio in fiore. Entrambe le immagini sono riprese in dipinti che aprono e chiudono la pellicola. Come sei arrivato a una tale soluzione?

Todd Haynes: L’autunno gioca un certo ruolo in Secondo amore, il film di Sirk cui stavo guardando maggiormente, come in Lontano dal paradiso. Però ho scelto di avere piccoli ramoscelli con i boccioli di fiori a rappresentare la primavera nell’ultima scena del film. Considerando il discorso delle stagioni e come sono rappresentate, direi che abbiamo praticamente saltato l’inverno, cosa che non succede in Secondo amore dove l’inverno gioca un ruolo importante. Ho commissionato a un pittore quei ramoscelli, li ha dipinti a mano come anche l’immagine sui credits di Lontano dal paradiso, è dipinta a mano. Sono particolarmente fiero perché quel film è stato realizzato in era pre-digitale e quindi tutto è stato ottenuto con effetti ottici. Non avevamo a disposizione tutti quei trucchi digitali che ci sono ora. Per le immagini dei credits di chiusura non ricordo quanti quadri sono serviti, forse qualcosa come otto dipinti diversi che il pittore ha realizzato. Abbiamo usato un singolo pezzo di un negativo di film a colori, abbiamo fatto le dissolvenze in camera per passare da un quadro all’altro fino alla fine. Poi abbiamo riavvolto lo stesso pezzo di negativo e ci abbiamo impresso i credits in bianco. Quindi non abbiamo nemmeno usato dei processi ottici, abbiamo fatto tutto in camera. L’ho rivisto di recente e ho pensato che abbiamo fatto davvero un buon lavoro, senza trucchi o CGI. Anche se amo gli effetti ottici, e amo pure gli effetti digitali, non sono un moralista.

Com’è nato il tuo amore per il cinema di Douglas Sirk?

Todd Haynes: Risale a quando ero al college e scoprivo i suoi film così come La paura mangia l’anima che è un adattamento di Secondo amore come il mio Lontano dal paradiso. I capolavori per me sono Come le foglie al vento, Lo specchio della vita e Secondo amore. Credo che Come le foglie al vento sia il principale e, anche se sono tutti capolavori straordinari ma sono molto diversi tra di loro, questo è brillante, forse all’eccesso il che se potrebbe allontanare uno spettatore neofita. Lo specchio della vita è un film di grande risonanza, trattando il tema della razza; il fingere di essere qualcun altro, la percezione sbagliata di cosa sei e chi sei, cosa vera per il personaggio di Lana Turner ma anche per i dilemmi di Sarah Jane che sono così integrati nel film. Anche se ho amato il film originale di John Stahl, questa versione è davvero complicata e radicale considerando quando è stata fatta. L’aver scelto Lana Turner come attrice è stata una scelta furba considerando l’altra parte della storia in cui c’è qualcuno che si spaccia per bianco. Trovo che sia una notevole fiaba moderna che non invecchia mai e riesci a comprendere la posizione di ogni personaggio, riesci a empatizzare con Sarah Jane perché il mondo non è giusto con lei ma allo stesso tempo ami Annie, sua madre, e sei diviso dal conflitto emotivo tra le due donne. Fassbinder ha detto che tutti abbiamo pianto, comprendiamo sia Annie che Sarah Jane, ma l’unico modo per risolvere il problema è cambiare il mondo ed proprio per questo che piangiamo, perché ci rendiamo conto che è difficile cambiarlo. Il film termina con una sorta di liberazione. Quanti film di quel tipo possono vantare un finale dove puoi piangere per la perdita di un personaggio come Annie?

Perché senti comunque il bisogno di tornare al cinema del passato?

Todd Haynes: Continuo a imparare qualcosa riguardo al cinema di quelle epoche e dalle culture di quelle epoche. Quando mi occupo di un film ambientato nel passato, sento che anche solo lavorando così è come se mettessi una sorta di cornice attorno alla storia e all’esperienza di chi guarda: questa cornice chiede all’osservatore di fare un po’ di lavoro di traduzione e lettura mentre guarda. Per me è un’opportunità eccitante, ma non è per tutti, ci sono persone che vogliono solo vedere film ambientati nel presente che riflettono sulla cultura contemporanea in cui vivono. Io apprezzo quello che succede quando c’è della distanza e quella distanza devi riempirla tu con la tua conoscenza, le tue aspettative, la tua consapevolezza del genere che stai guardando. Ovviamente varia da un film all’altro. Ho fatto film riguardanti artisti eccezionali o capitoli musicali della cultura popolare come il glam rock oppure Bob Dylan. Ci sono poi storie di un’altra categoria cui spesso torno, sceneggiature domestiche con donne che sono le protagoniste della storia. Ogni volta che guardo il cinema di quel periodo imparo qualcosa di nuovo. Anche semplicemente guardando i film di Sirk. Qui a Locarno si proietta il documentario Douglas Sirk – Hope as in a Despair, dove io sono tra gli intervistati. Ho rivisto alcuni dei suoi film prima che il regista Roman Huben venisse da me a Portland per intervistarmi. Ogni volta che ne rivedo uno è un momento educativo, ne ho parlato anche con altri registi. Ho incontrato Guillermo del Toro a Cannes e dal nulla mi ha detto «Sto guardando ripetutamente i film di Sirk, non riesco a smettere». Gli ho risposto che ero nella stessa situazione, che imparo qualcosa di nuovo ogni volta e gli ho detto di venire a Locarno perché avremmo partecipato alla retrospettiva su Sirk. Lui ha risposto che sarebbe venuto ma ovviamente per impegni non è riuscito.

Info
Todd Haynes sul sito del Festival di Locarno.

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