Dream Scenario – Hai mai sognato quest’uomo?

Dream Scenario – Hai mai sognato quest’uomo?

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Il terzo film di Kristoffer Borgli si intitola Dream Scenario – Hai mai sognato quest’uomo? ed è di produzione statunitense, ma non perde per strada la sagacia e l’umorismo corrosivo del regista. Tra black comedy e horror, ancora una volta il giovane autore norvegese fa centro sul contemporaneo e i suoi sintomi, raccontando la storia di un dimesso professore di biologia che vorrebbe soltanto essere celebrato per il suo lavoro e diventa invece, agli occhi di tutti, una sorta di meme vivente.

L’uomo dei sogni

Paul Matthews, anonimo professore universitario e padre di famiglia, trova la sua vita stravolta quando inizia ad apparire in sogno a milioni di perfetti sconosciuti. Da un giorno all’altro, è famoso, uno status che potrebbe permettergli forse di realizzare ogni suo desiderio. Ma la fama, si sa, è una cosa effimera, passeggera. E dopo l’inaspettata, travolgente celebrità, Paul scoprirà presto che basta un attimo per trasformare ogni sogno nel suo opposto. [sinossi]

Il talentuoso regista norvegese Kristoffer Borgli al suo terzo film, dal titolo Dream Scenario – Hai mai sognato quest’uomo?, sbarca negli States, e la buona notizia è che non perde un grammo del suo umorismo nero, tipicamente nordico, e neanche la sua affilata capacità di osservare e rielaborare i maggiori “tic” della contemporaneità. La A24, sempre a caccia di giovani autori dallo stile già ben identificabile e dunque vendibile (fra i produttori spicca fra l’altro il nome di Ari Aster) gli garantisce il controllo creativo: sceneggiatura e montaggio sono opera dello stesso regista, che si porta dietro anche il direttore della fotografia del suo film precedente. Dai suoi due lavori norvegesi, DRIB (2017) e Sick of Myself (Syk pike, 2022), si evince che il tema principale che interessa Borgli è quello dell’ossessione della visibilità, e cioè quella che un tempo si chiamava semplicemente fama, ma che nelle nuove generazioni oggi è specificamente connessa con l’atto del vedere e l’essere visti, che inevitabilmente s’intreccia con l’altra questione chiave che è quella della viralità. Stavolta tuttavia c’è una differenza fondamentale, che scaturisce soprattutto dall’età anagrafica del protagonista: un professore quasi in età da pensione (dunque non esattamente un giovane influencer) che ingenuamente crede di poter utilizzare il meccanismo della visibilità/viralità per ottenere il successo e l’affermazione di sé e del proprio lavoro. invece dapprima famoso e poi famigerato, per motivi che non potrebbero essere più lontani dalle sue aspirazioni.

Durante una delle sue lezioni di biologia, il professor Paul Matthews (Nicolas Cage) spiega ai suoi studenti il perché delle strisce bianconere delle zebre, che non servono a mimetizzarsi con l’ambiente, bensì fra loro: riunite in branco, grazie alle loro strisce, il singolo esemplare si confonde col gruppo agli occhi dei predatori, rendendo così più difficile isolarle e cacciarle. Lo stesso Matthews si è sempre sentito una zebra nel branco, un uomo comune, con la differenza che lui vorrebbe spiccare sul resto dei suoi simili, ma non ci riesce, mentre sono gli altri a sopravanzarlo. Poi Matthews comincia ad apparire in sogno alla gente: famigliari, amici, emeriti sconosciuti. Sogni di tutti i tipi, dagli incubi ai sogni erotici, con lui che a un certo punto appare senza però mai intervenire o agire in alcun modo. Un elemento estraneo e inconcludente. E’ impossibile non notare come questo elemento ricorrente – il suo attraversare i sogni sempre con la stessa andatura e la stessa espressione – si presti a fare di Matthews (ma anche dello stesso Cage) un meme vivente: e cioè un elemento, un’informazione, che viene trasmessa da un individuo all’altro, come un refrain. A ciò si aggiungono la fisicità e l’espressività auto-caricaturale di un attore spesso (e volutamente) sopra le righe come Nicolas Cage che ben si prestano al gioco.

Insomma Matthews, inizialmente lusingato da questa improvvisa notorietà, cerca di sfruttarla a suo vantaggio in modo da poter la garanzia di poter pubblicare finalmente un lavoro che cova da anni ma che non ha ancora scritto. Gli viene invece proposto invece da un’agenzia pubblicitaria di realizzare uno spot per la Sprite. In tutto questo marasma d’inventiva, Borgli completa la sua esilarante e a tratti macabra metafora del mondo contemporaneo tirando in ballo la teoria psicanalitica dell’inconscio collettivo (per cui Cage diventerebbe nientemeno che uno degli archetipi junghiani!), nonché la paura e l’ossessione per l’altra viralità, quella letterale: qualcuno a un certo punto la chiama “epidemia onirica”. Infine, quando le apparizioni di Matthew iniziano a trasformare i sogni altrui in incubi terrificanti (con scene che sembrano parodiare il nuovo canone dell’elevated horror edificato dalla A24), portando così al progressivo e inesorabile isolamento dello sventurato protagonista, si giunge a parlare di cancel culture, mentre un guru della tecnologia brevetta un congegno in grado di sfruttare a scopi pubblicitari l’intrusività nei sogni altrui, come Freddy Kruger, ma, anziché gli artigli, con in mano un prodotto da sponsorizzare (cos’è peggio?).

Non poco del merito del film va alla scelta del protagonista, un Nicolas Cage irresistibilmente tragicomico come non lo si vedeva dai tempi di Arizona Junior (Raising Arizona, 1987, fratelli Coen) o di quell’altra gemma dimenticata che è Stress da vampiro (Vampire’s Kiss, 1989, Robert Bierman). Solo lui poteva conferire una maschera perfettamente aderente a una vicenda fanta-horror-demenziale, che diviene credibile in virtù di una sagace mappatura sintomatica del contemporaneo più vera del vero: reality scenario.

Info
Il trailer di Dream Scenario – Hai mai sognato quest’uomo?

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