Sound of Freedom – Il canto della libertà

Sound of Freedom – Il canto della libertà

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A sette mesi dall’uscita nelle sale statunitensi arriva in Italia Sound of Freedom – Il canto della libertà, il film diretto dal messicano Alejandro Monteverde che tante polemiche politiche ha sollevato dall’altra parte dell’oceano. Accostato a QAnon e ad altri gruppi politici dell’estrema destra americana il film di Monteverde ha fatto parlare di sé ben più di quanto avrebbe meritato sotto il profilo strettamente cinematografico, quello di un thriller un po’ loffio e prevedibile, che alla stessa stregua di un’intera schiatta di opere “progressiste” si trincera dietro il comodissimo schermo della “storia vera”.

Il cacciatore di pedofili

Dopo aver salvato un ragazzino da spietati trafficanti di bambini, un agente federale scopre che la sorellina è ancora prigioniera e decide di imbarcarsi in una pericolosa missione per salvarla. Con il tempo che stringe e fronteggiando numerosi ostacoli, lascia il lavoro e si addentra nella giungla colombiana, mettendo a rischio la sua stessa vita pur di liberarla da un destino peggiore della morte. [sinossi]

Pochi sono i film statunitensi su cui si è aperto un dibattito così preventivo negli ultimi anni come quello che ha circondato fin dalla sua genesi Sound of Freedom, che in Italia trova come sottotitolo il quasi letterale Il canto della libertà (interessante come il concetto di suono, più neutro e soprattutto naturale, sia sostituito dall’idea di canto, che sposta l’immaginario in direzione del lirismo, e dunque dell’intervento “umanista”, che è poi in fin dei conti alla base della narrazione). Sia chiaro, non sono stati in molti a soffermarsi sulle reali o supposte qualità dell’opera diretta dal messicano Alejandro Monteverde – ma la produzione è in tutto e per tutto a stelle e strisce. Come si scriveva le critiche e il dibattito sono infatti stati preventivi dall’altra parte dell’oceano. Immediatamente accostato a QAnon e in generale collocato in una zona grigia dello spettro politico in cui si agitano i più deteriori fantasmi della destra statunitense, Sound of Freedom è stato usato a mo’ di bandiera da chi in quell’area culturale sguazza, e come spauracchio dall’altra parte della barricata, trovandosi dunque nel mezzo dei flutti di un agone nei quali non ha potuto far altro che annaspare. Ciononostante proprio questa dicotomia nell’approccio alla storia “vera” (il virgolettato è d’obbligo, come si vedrà più avanti) dell’agente federale Timothy Ballard, in lotta contro il traffico di minorenni nell’America Latina – nello specifico in Colombia –, ha finito per far emergere anche nella memoria collettiva un lavoro che altrimenti con ogni probabilità sarebbe rimasto celato nell’ombra, insieme a tutta quella genia di opere medie e mediocri, prive di slancio o di reali motivi d’interesse strettamente cinematografico.

Ecco invece che questo thriller politico basico, scritto rozzamente e diretto con professionalità ma senza particolari slanci espressivi da Monteverde, è rimbalzato da una testata giornalistica all’altra, oltre ad aver potuto contare su un battage pubblicitario alimentato dall’estrema destra nordamericana. Ed è anche probabile che il regista messicano poco c’entri con tutta questa vicenda, per quanto Sound of Freedom narri le gesta di un fierissimo repubblicano, sia prodotto da un promotore della lotta all’aborto, venga distribuito su suolo statunitense da Angel Studios (che si autodefinisce “luce amplificata” della comunità mormone), e abbia ricevuto il plauso incondizionato da tutti gli hollywoodiani che si muovono nel campo della destra cristiana, e che vedono con in fumo negli occhi qualsiasi propaganda progressista. Vista la penuria di qualità intrinseche dell’opera, che si muove nel campo di un’avventura accorata di medio cabotaggio, con svolte narrative abbastanza prevedibili e un superamento continuo della linea del credibile – e infatti lo stesso Ballard, interpellato sulla veridicità di ciò che si vede sullo schermo, ha affermato che si tratta pur sempre di cinema, e che dunque le vicende sono state riviste in un’ottica tesa alla spettacolarizzazione, d’azione ed emotiva –, appare semmai particolarmente interessante riflettere sulle modalità con cui si “accoglie” un film come Sound of Freedom. Dopotutto si tratta del negativo fotografico di un’intera schiatta di opere “progressiste” che, esattamente alla stessa stregua del film di Monteverde, si trincerano dietro il comodissimo schermo della “storia vera”, che protegge in automatico da qualsivoglia riflessione reale, tanto sullo sguardo quanto su quello che prende corpo in scena.

Insomma, la destra torna al solito mito del giustiziere solitario, dell’uomo che nonostante i legacci e le pastoie della legge riesce a muoversi in direzione del giusto, di ciò che non si può evitare di fare, anche a costo di rompere qualche uova di troppo. La rappresentazione del mondo pedofilo è abbastanza becera e semplicistica, non si pone quesiti, non cerca di interrogarsi sull’aberrazione e sul motivo della sua esistenza. In un’ottica puramente religiosa, che è ciò che muove gli ingranaggi di questo racconto, si tratta del Male, e va debellato, sic et simpliciter. È però un peccato, nonostante questo, che Monteverde non abbia il coraggio di osare, di andare oltre la prammatica della messa in scena, cosicché Sound of Freedom assume le sembianze di una puntata di un serial crime di second’ordine, privo dunque dello spessore necessario a far scaturire anche dalle immagini quella dialettica, quel dibattito che è invece esploso nel palinsesto mediatico. Lo stereotipo vince persino sulla voglia di rivalsa di un settore dell’industria cinematografica che rivendica anche giustamente il proprio diritto all’espressione. C’è bisogno di un “cinema di destra”? Certo, perché la sua esistenza rappresenterebbe un pensiero reazionario che è vivo nella popolazione. Il problema è che ci sarebbe bisogno di un cinema di destra ben fatto, e non di un accumulo di situazioni così profondamente retoriche da non sviluppare alcuna riflessione che vada al di là della mera requisitoria contro i “cattivi”. Da un certo punto di vista viene persino da sussurrare “peccato”.

Info
Il trailer di Sound of Freedom – Il canto della libertà.

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