Non sarai sola

Non sarai sola

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Lo sceneggiatore australiano di origine macedone Goran Stolevski esordisce alla regia con Non sarai sola, e come molti suoi contemporanei si muove nei sentieri del cosiddetto folk-horror. Nonostante un innamoramento a tratti eccessivo per l’immagine e la sua “perfezione”, Stolevski riesce a restituire un’atmosfera inquietante e affascinante, utilizzando il genere per un discorso non banale sull’identità.

Le molte vite di Nevena

Per secoli, le montagne macedoni hanno nascosto paurosi segreti soprannaturali, inclusa l’esistenza della “Vecchia Zitella Maria”, una strega incattivita la cui terribile storia terrorizza i bambini da 200 anni. Maria desidera ardentemente una figlia che le tenga compagnia. Tenta di rapire una contadina appena nata, Nevena, costringendo la madre disperata della bambina a fare un patto terrificante: se alla madre è permesso di crescere la sua bambina, permetterà a Maria di prendere Nevena quando compirà 16 anni. Maria marchia la ragazza per suggellare l’accordo, rendendola muta. Al 16° compleanno di Nevena, Maria ritorna e trasforma la ragazza in una strega. Ma la maternità non è fatta per Maria… [sinossi]

Chissà se Goran Stolevski, il regista australiano di nascita e macedone di origine che esordisce alla regia di un lungometraggio con Non sarai sola, ha mai visto o anche solo sentito nominare il finlandese Valkoinen peura, conosciuto a livello internazionale con il titolo inglese The White Reindeer e distribuito a livello regionale perfino in Italia negli anni Cinquanta come Il bianco pastore di renne. Nel film del 1952 di Erik Blomberg una donna, rimasta sola a casa dopo la partenza del marito pastore di renne, si rivolge a uno sciamano locale che le predice la sua trasformazione in un vampiro sotto forma di renna bianca assetata di sangue. Il folklore locale – balcanico invece che lappone, ma sono dettagli –, l’animismo, la stregoneria, il rapporto con la natura e con gli animali più caratteristici sono tutti elementi che tornano anche in Non sarai sola, e che ne connotano lo spirito, l’animo più profondo. Non è causale d’altronde che il film di Blomberg sia spesso indicato come progenitore di quello che oggi verrebbe chiamato folk-horror e che tanta parte sta avendo nella produzione di genere a livello internazionale: non è neanche casuale che Stolevski sembri guardare per taglio dell’inquadratura e tipo di ambientazione al cinema scandinavo, visto che da quelle parti sono arrivati negli ultimi anni tanto Midsommar di Ari Aster (produzione statunitense così come il suo regista, ma ambientazione svedese) quanto Lamb di Valdimar Jóhannsson, che per di più condivide con l’esordio di Stolevski anche l’interpretazione di Noomi Rapace. Se il folk-horror è dunque oramai una realtà consolidata, lo sguardo di Stolevski sembra suggerire la volontà nel suo approccio al genere di smarcarsi da qualsiasi apparentamento con l’immaginario anglosassone, nel tentativo forse di rintracciare le proprie origini culturali. I balcani sono uno dei luoghi più misterici d’Europa, con una mitologia mostruosa fatta di vampiri, streghe, demoni, licantropi, esseri mutaforma di ogni tipo e dimensione.

È un racconto imbevuto di mito quello su cui si costruisce Non sarai sola. Un mito storico, quello per l’appunto derivato dal folklore macedone; un mito cinematografico, con Stolevski che da buon apprendista autore si guarda attorno e pesca a piene mani da ipotesi visive altrui, senza per questo trasformarsi in un mero esecutore; un mito metanarrato, perché sono gli stessi personaggi del film – in uno dei pochi passaggi sfocati di un’opera per il resto lucidissima – a utilizzare una delle figure chiave dell’opera come strumento di narrazione popolare, adatta a un racconto da fare di fronte al focolare magari per spaventare i più piccoli. Prima ancora che Stolevski ne sviluppi la storia è già parte del mito la “Vecchia zitella Maria”, la donna che venne bruciata sul rogo ma non morì, tramutandosi in strega e sopravvivendo nei secoli, con la capacità di mutare forma in ciò che predilige, e nutrendosi di sangue, in una perpetuazione infinita della malvagità. In qualche modo è come se Stolevski, entrando in media res – il film inizia brutalmente con la strega che rivendica una neonata, strappando alla madre la promessa di poterla far sua, per avere una “figlia”, quando la piccola avrà compiuto sedici anni: la mitopoiesi è evidente, con l’utilizzo dell’adolescenza come momento di passaggio determinante del racconto –, stesse rivendicando il suo ruolo di narratore di fiabe oscure: non è necessario spiegare perché vi sia una temibile strega con il corpo completamente ustionato (ed è proprio per questo che quando la storia di Maria viene spiegata si avverte un sentore di ridondanza inutile). Non è però Maria la vera protagonista di Non sarai sola, bensì proprio la bimbetta di cui ha rivendicato la proprietà: Nevena, resa muta dalla maledizione della strega, dopo essere stata tenuta in cattività dalla madre nel tentativo disperato di non farla cadere tra le grinfie di Maria, inizierà un percorso di conoscenza di sé che è anche conoscenza dei suoi poteri, e del senso del loro possibile utilizzo. Le streghe, infatti, possono trasformarsi in qualsiasi essere dopo averlo ucciso, solo inserendo le viscere del defunto (sia esso umano o animale) nel proprio petto.

Stolevski può dunque orchestrare un romanzo di formazione in piena regola – con tanto di educazione sentimentale – ragionando in modo scoperto sul tema della ricerca dell’identità: Nevena, che non ha nessuna esperienza della vita, passa di corpo in corpo, di sesso in sesso, di età in età, come se tutto dovesse essere esperito, provato, testimoniato con la propria essenza vitale. Una riflessione non banale, soprattutto di questi tempi, e che scardina una volta di più Non sarai sola dal tracciato canonico dell’horror. Non ha nessuna intenzione di spaventare, Stolevski, per quanto sia in grado di costruire con una certa precisione una dimensione orrorifica e incubale, ma vuole – come la sua protagonista – scoprire la vita, cercare di comprenderne il significato. La messa in scena della natura, vista con sgomento e ammirata allo stesso tempo, oltre a rivendicare una tensione panica e panteistica della vita serve a Stolevski per tracciare il punto di interconnessione tra il folk-horror e il super-naturale à la Malick: Nevena è come il soldato Witt interpretato da Jim Caviziel ne La sottile linea rossa, e come lui di fronte all’orrore della vita – Nevena uccide, ovviamente, per diventare altro, ma è a sua volta vittima di lutti – trova lo stupore nella natura, nel processo di milioni di anni che ha dato vita alla Terra. In questo percorso a ostacoli che dovrà formare una coscienza di vita in un mostro progettato per essere tale, Non sarai sola racconta ovviamente anche la dialettica tra “madre” e “figlia”, e tra spietatezza e compassione, tra sprezzo dell’umano e tentativo di comprenderne la stratificazione, le immense debolezze, gli slanci sorprendenti. Di quando in quando il giovane regista si fa prendere la mano, e stupefatto come la sua protagonista si lascia ammaliare dal bello, rischiando la calligrafia visiva. Ma è un danno collaterale, su cui si può facilmente soprassedere. Insieme alle opere di Ari Aster – che ha però una consapevolezza del mezzo superiore – Stolevski sembra essere tra i pochi ad aver davvero compreso il senso del folk-horror. Sperando che il futuro possa confermare questa impressione.

Info
Il trailer di Non sarai sola.

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