Coincidenze d’amore

Coincidenze d’amore

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Coincidenze d’amore, con cui torna alla regia Meg Ryan mettendosi in scena insieme a David Duchovny, sembra il relitto di un’epoca passata, una commedia sentimentale a due oramai imbolsito, stanco, privo di un reale senso narrativo, estetico, e produttivo. E forse proprio per questo struggente.

Di rom-com e d’altri fantasmi

Bill e Willa in passato avevano avuto una relazione, che tuttavia si era chiusa in maniera abbastanza dolorosa per entrambi. Circa vent’anni dopo, i due si ritrovano per caso in un piccolo aeroporto di provincia: l’incontro finisce per protrarsi molto più a lungo dei pochi minuti di circostanza che avevano previsto, dato che entrambi i loro voli vengono cancellati a causa di una violenta tormenta. I due hanno così modo di ripensare al passato e ai motivi che li avevano spinti a prendere strade diverse. [sinossi]

Ha un che di davvero struggente, Coincidenze d’amore, il film che vede il ritorno in scena di Meg Ryan in un ruolo cinematografico a distanza di ben otto anni dal precedente Ithaca – L’attesa di un ritorno, che segnava anche l’esordio alla regia per l’allora cinquantaquattrenne attrice statunitensei; per trovare l’ultimo film in cui Ryan è stata diretta da altri bisogna tornare indietro nel tempo addirittura di quindici anni, a Serious Moonlight di Cheryl Hines. L’aggettivo struggente non lo si utilizza qui a caso, né con leggerezza. Meg Ryan e David Duchovny, che nella finzione si rincontrano in modo del tutto episodico in un aeroporto minuscolo, dopo essere stati innamorati decenni prima, appaiono nel film come residui del passato, memorabilia di un’epoca che non è più qui, non ha più alcuna connessione con il presente, con il contemporaneo. Una sensazione che Coincidenze d’amore acuisce per via di quell’ambientazione asettica, con Bill e Willa – questi i nomi dei personaggi – che sono praticamente gli unici esseri umani vivi in attesa di un imbarco, mentre fuori dalle vetrate dell’aeroporto fiocca una neve incessante. Sono due fantasmi, Bill e Willa, e lo sono l’uno per l’altra ovviamente, visto che il loro grande amore si è risolto solo in una nostalgica memoria; ma sono due fantasmi anche perché incarnano un’idea di cinema che fece faville a Hollywood tra la fine degli anni Ottanta e i primissimi anni Duemila ma ora non cavalca più nessuno. L’idea della rom-com come ripresa neoclassica e meno tragica del mélo d’antan, quello che primeggiava alla Mecca del Cinema nel corso degli anni Cinquanta. Meg Ryan fu l’interprete femminile per eccellenza di quella breve fase dell’industria, e lo testimoniano titoli come Harry, ti presento Sally…, Joe contro il vulcano, Insonnia d’amore – in cui si citava apertamente Un amore splendido di Leo McCarey, a proposito delle filiazioni –, Amarsi, Genio per amore, French Kiss, Innamorati cronici, C’è post@ per te, Kate e Leopold; non a caso venne eletta dai media come “fidanzatina d’America”.

In Coincidenze d’amore quegli oltre vent’anni non sono trascorsi solo per il personaggio, ma anche per il cinema statunitense e le sue abitudini: la massa non ha più voglia di quella tipologia di romanticismo, preferendo il rutilare a pochi passi dal comico di opere come Tutti tranne te di Will Gluck, e così nessuno si ricorda più di Ryan, che come i personaggi degli horror ectoplasmatici potrebbe perfino vivere in quell’aeroporto, anima alla ricerca della pace. Questo aspetto del film, il cui titolo originale What Happens Later sembra quasi possedere una salace crudeltà proprio nell’interpretare lo scorrere inesorabile del tempo, è senza dubbio il più interessante, e anche quello emotivamente in grado di coinvolgere più in profondità lo spettatore – sempre che sia avvezzo al genere e alla sua storia. Il problema di Coincidenze d’amore è infatti tutto insito nel film in quanto tale: la sceneggiatura non presenta mai uno scarto degno di nota, ma prosegue inesausta verso una fine che travalica i confini del prevedibile, la regia di Ryan è quasi del tutto inerte, e l’interpretazione dei due protagonisti è stanca, come se il copione in cui immergersi fosse sempre lo stesso, in una reiterazione priva oramai di un reale senso (narrativo, estetico, e produttivo). Ecco quindi che per lo spettatore che non si lanci in speculazioni “altre” un film come quello diretto da Ryan si profila come una bolsa figura riesumata da un tempo lontano, che non possiede mai la battuta sagace, non sa intrattenere, e mette in fila una sfilza pressoché infinita di drammi personali su cui i personaggi possono interrogarsi, in qualche modo riaccendendo la fiamma mai completamente sopita dell’amore che li travolse eoni prima. Tra aborti, figli dati in adozione, sensi di colpa mai affrontati fino in fondo, e quella passione che è diventata mesta rimembranza del proprio sentimento, Coincidenze d’amore mette in fila una serie non indifferente di ovvietà, con l’unico scopo di tenere insieme nell’inquadratura due interpreti che fanno di tutto per rendere credibile lo smarrimento dei loro personaggi, ma non riescono a uscire vincenti dalla contesa. Così anche l’omaggio dichiarato a Nora Ephron non fa che acuire la distanza di questo film da quell’epoca a suo modo irripetibile, ricordando che il tempo scorre inesorabile, perfino quando si è in attesa di un imbarco.

Info
Coincidenze d’amore, il trailer.

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