The Surfer

The Surfer

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Più un Nicolas Cage movie che un revenge movie. Presentato fuori concorso al Festival di Cannes 2024, The Surfer di Lorcan Finnegan guarda all’exploitation australiana degli anni Settanta e si piazza pesantemente sulle spalle, sul volto provato e sulla generosità attoriale di Nicolas Cage, star dalla parabola davvero bizzarra. Ottima confezione con l’obiettivo evidente di diventare un piccolo cult. Potrebbe andare persino così.

Ozploitation, forza 3

Un uomo torna sull’idilliaca spiaggia della sua infanzia per andare a fare surf con suo figlio. La loro giornata si trasforma in un incubo quando una banda di surfisti locali li bandisce dall’oceano. Umiliato e minacciato, il padre dovrà lottare per riconquistare il suo territorio e la stima del figlio. Su questa spiaggia dall’atmosfera soffocante inizia una lotta che lo condurrà ai limiti della follia… [sinossi – festival-cannes.com]

Aussiesploitation o Ozploitation. Guardano più o meno lì Lorcan Finnegan e lo sceneggiatore Thomas Martin, buttando un occhio anche a Un uomo a nudo (The Swimmer, 1968) di Frank Perry. Quindi, Nicolas Cage come Burt Lancaster? Non ci spingiamo fino a questo punto così estremo, ma nell’operazione architettata da Finnegan\Martin l’ex-Ghost Rider è decisamente un plus valore. E lo si capisce subito, fin dal primo piano con quei denti che stridono, così ben evidenziati da Finnegan – gli accreditati di Cannes hanno gradito, inevitabilmente. Funziona Cage, che si carica sulle spalle un film girato in pochi metri quadrati, ottimamente confezionato ma bisognoso di un volto scolpito, significante fin dalla prima inquadratura, portatore sano di exploitation a qualsiasi longitudine e latitudine. Senza Cage e il bizzarro fanatismo che lo circonda sarebbe stato difficile tenere in piedi il pur interessante The Surfer.

Girato in Australia, dalle parti di Yallingup, The Surfer richiama fin dai cromatismi accesi e dal font dei titoli di testa l’exploitation aussie degli anni Settanta, promettendo una sorta di declinazione balneare di Cane di paglia. C’è la comunità ristretta e respingente, la mascolinità super-tossica, la differenza culturale, un protagonista remissivo o quantomeno non aggressivo. Tutto ovviamente aggiornato alla contemporaneità, ai cellulari, alla rete, alla new economy: in questo senso, è interessante il percorso di privazione lenta ma implacabile a cui è sottoposto il malcapitato protagonista. Quanto siamo dipendenti dalle nostre tecnologiche comodità? Dalla carica del cellulare?
Thriller psicologico a tratti un po’ disturbante, The Surfer conferma non solo l’aura magica di Cage ma anche il talento di Lorcan Finnegan, soprattutto sul piano visivo. Sul piano squisitamente narrativo, invece, il film finisce per restare imbrigliato nel suo stesso microcosmo, incapace di scavare sotto la pur ammirevole superficie – in fin dei conti, tanto per citare un titolo a caso tra i tanti, e neppure nobile, non è che si vada molto più in là sul piano sociologico di The Skulls.

Finnegan cita Roeg e Kotcheff e cerca di ampliare lo spazio scenico scovando minuziosi dettagli che riecheggiano l’outback e che accompagnano e anticipano il tracollo psicologico del protagonista, sempre più vicino a oltrepassare il paletto nero. Il sole, gli insetti, i serpenti, l’uomo che pian piano diventa bestia. Un percorso più suggestivo che rigoroso, ma almeno fino a un certo punto distante da derive moraleggianti. Il problema, semmai, è nel riuscire a chiudere il discorso, nel riuscire a trovare una via d’uscita da un meccanismo che si nutre di un loop tragico e fin troppo forzato. Come trovare la quadra dopo aver accumulato più di una vendetta da consumare? Un po’ come per Vivarium, non conta solo il viaggio, ma anche la meta. Purtroppo. E qui The Surfer, pur sostenuto da un cast scelto con cura (Julian McMahon, Justin Rosniak, Alexander Bertrand…), si appesantisce, rinnega buona parte delle premesse e promesse ozploitation e tratteggia un finale tanto deludente quanto discutibile. Ancora una volta, Finnegan resta intrappolato nella gabbia dorata che si è così minuziosamente costruito. Restiamo comunque più che fiduciosi.

Info
La scheda di The Surfer sul sito del Festival di Cannes.

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