Love

Melodramma medico sul tumore alla prostata e film romantico sulla sessualità libera, ma soprattutto una celebrazione di Oslo (e dintorni) e dei suoi abitanti, Love di Dag Johan Haugerud è stato presentato in concorso a Venezia 81. 

Love & Welfare

Marianne, una dottoressa pragmatica, e Tor, un infermiere compassionevole, stanno entrambi evitando le relazioni convenzionali. Una sera, dopo un appuntamento al buio, Marianne incontra Tor sul traghetto. Tor, che spesso passa lì la notte in cerca di incontri fortuiti con altri uomini, le racconta di esperienze di intimità spontanea e di importanti conversazioni. Incuriosita da questa prospettiva, Marianne inizia a mettere in discussione le norme sociali e si chiede se tale intimità casuale possa essere un’opzione anche per lei. [sinossi]

Amore e welfare nella città di Oslo, potrebbe essere questa la tag line promozionale di Love di Dag Johan Haugerud, presentato in concorso a Venezia 81. Secondo capitolo di una trilogia dedicata alle fondamentali necessità umane – il precedente, Sex, era alla Berlinale e seguirà poi Sogno – il film del regista norvegese (suo l’ottimo Beware of Children, alle Giornate degli Autori nel 2019) è un compendio di situazioni e, soprattutto, dialoghi dedicati all’amore e alla sessualità nella Oslo contemporanea. Anzi, capovolgendo lo sfondo con il primo piano, possiamo ben dire che la capitale norvegese è la vera mattatrice di Love, l’unica che ha sempre ragione. Anche perché in tutta evidenza è un luogo dove tutto funziona perfettamente, inclusi l’ospedale, il trasporto pubblico, gli uffici comunali.

Se dal punto di vista dell’immagine abbiamo dunque la città che risplende in innumerevoli vedute urbane irrorate dal sole d’agosto, sul versante narrativo siamo chiamati a seguire gli intrecci amorosi e lavorativi di personaggi dai ruoli rilevanti nel milieu cittadino: l’oncologa, l’infermiere, il geologo, l’impiegata comunale addetta alla cultura. Marianne è sulla quarantina, ha scelto di studiare urologia perché “i sentimenti hanno sede nel basso ventre”, non è sposata né desidera farlo, sta cominciando a frequentare Ole, un geologo, ma non si nega un rapporto occasionale con un manovale conosciuto sul traghetto. A iniziarla a questo tipo di incontri è stato l’infermiere Tor, un giovane omosessuale che durante le traversate da Oslo alla penisola di Nesodden, con l’ausilio di Tinder e/o Grindr seleziona uomini disponili a trascorrere con lui la serata, o anche solo a farsi una chiacchierata sul ponte. Ragazzo dal cuore d’oro, Tor inizia poi ad aiutare a domicilio uno psicologo conosciuto sul ferry e a cui è stata appena asportata la prostata. Quanto al geologo Ole, lui ha scelto questa professione perché gli “piace sentire le rocce sulla pelle”, è stato sposato due volte e ha due figlie, ma ora si è innamorato di Marianne. Spetta a lui prodigarsi in un’affascinante descrizione della composizione del suolo di Oslo: rocce cambrio-siluriane, lava e basalto, insomma un bel “calderone”. E anche un’interessante metafora della varia umanità che su quel suolo si agita. Altro ruolo importante del film è infine quello dell’impiegata comunale addetta alla cultura: è lei che ha fatto incontrare Ole e Marianne e che nell’incipit del film ci introduce, sulla scorta di un gruppo di turisti, ad alcuni dei suoi monumenti principali, nei quali è ben evidente, a suo dire, la celebrazione dello sport, del corpo umano, della femminilità, dell’omosessualità, persino del ménage a trois.

È davvero un gran calderone Love, dove il continuo dialogare dei personaggi dà luogo a esternazioni non sempre convincenti e al limite del ridicolo (vedi i virgolettati qui sopra), mentre immagini urbane tendenti alla cartolina postale (c’è anche un arcobaleno) fanno da ponte tra una vicenda e l’altra. Eppure è apprezzabile la schiettezza con cui il film ci informa, senza falsi pudori, di tutte le problematiche relative all’asportazione della prostata ed è di certo un sollievo scoprire l’assenza di moralismo con cui Haugerud affronta la sessualità libera dei suoi protagonisti. Si resta di contro un po’ basiti dalla scelta di affiancare il percorso amoroso di Marianne alla sua ricerca di un comodino Ikea (o forse due), un’idea poco brillante e ancor meno efficace per esprimere il suo schietto e aproblematico pragmatismo nelle relazioni amorose.

In parte melodramma medico sul tumore alla prostata, in parte film romantico sulla sessualità libera, Love è un film a tratti spiazzante, che non vuole dirci altro rispetto a quanto dicono i suoi personaggi (e dicono tanto), che non prevede scelte estetiche degne di nota, che con la sua costante esaltazione della città di Oslo, finisce per emanare il forte sentore di un prodotto confezionato per incentivare il turismo.

Info:
La scheda di Love sul sito della Biennale.

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