Algiers

Thriller che segna la rinascita del cinema algerino, Algiers è l’esordio al lungometraggio di finzione per Chakib Taleb-Bendiab che sfrutta appieno gli archetipi del genere per un film dove domina l’immagine della città, anche assurta a teatro di nuove detection story, nei meandri delle sue stradine e tra gli appariscenti palazzi bianchi coloniali. E inoltre occasione per inserire il sottotesto del ruolo femminile nella società e raccontare di un paese uscito dal decennio nero della guerra civile. In concorso all’El Gouna Film Festival 2024, dopo l’anteprima al Flickers’ Rhode Island International Film Festival.

Lascia perdere, è Algeri

Il rapimento di una bambina crea tensione e sospetto ad Algeri. Solo Dounia, una brillante psichiatra, e Sami, un ispettore di polizia, possono portare alla luce i demoni del passato. [sinossi]

Una grande distesa di palazzi bianchi, accarezzati dal sole, che dirada verso il mare, architetture neocoloniali per una metropoli luminosa, mediterranea. Questa è Algeri come magnificamente esaltata nel thriller dal titolo appunto Algiers, esordio al lungometraggio di finzione per Chakib Taleb-Bendiab, visto all’El Gouna Film Festival 2024, dopo l’anteprima al Flickers’ Rhode Island International Film Festival. La città è indubbiamente la protagonista di un’opera che vuole farne il contenitore di delitti e teatro di nuove detection, come una nuova Marsiglia, nella sponda opposta del Mediterraneo, che tanto ha dato al cinema di genere, con le stesse scalinate di uno sviluppo urbanistico fitto e verticale e con le luci della cartolina della città notturna. Scopo del regista è anche quello di mostrare un nuovo paese, moderno, che pure porta ancora le tracce della violenza recente della guerra civile, il decennio nero, spesso evocato nel film. Sono i due protagonisti del film a incarnare due volti della nuova società algerina. Entrambi in ruolo presso le forze dell’ordine. Sami è un giovane, fascinoso, ispettore di polizia, Dounia è invece una strizzacervelli, come ironicamente definita dai colleghi, ovvero una psichiatra criminologa. Le loro indagini si svolgono parallele e portano in direzioni diverse. Sono il risultato di due approcci che riflettono due anime della società algerina, una moderna e una ancora ancorata nel passato. La modernità è incarnata da Dounia, prima di tutto perché donna con un ruolo chiave nelle forze dell’ordine. E poi in quanto esercita una professione che contempla la comprensione psicologica del criminale, cosa che genera diffidenza negli altri poliziotti. Dounia è una Clarice Starling che cerca il suo Hannibal Lecter, in un film che spesso segue gli archetipi del genere, è lei ad avere l’intuizione chiave di avere di fronte un criminale seriale, in questo caso nel campo dei rapimenti a scopo pedofilo, altro tema forte per una società come quella algerina. Dounia rappresenta la donna colta, emancipata in quella società araba. Lei parla francese con i suoi colleghi, che le rispondono in arabo. Si rivolge nella lingua araba solo quando fa interrogatori a persone di basso livello di istruzione. Sami invece rappresenta un ispettore classico, uno Sherlock Holmes con la lente di ingrandimento. Entrambi, comunque, si distinguono da altri poliziotti dai metodi sbrigativi, brutali, non certo garantisti, reminiscenti di situazioni oscure del passato.

Chakib Taleb-Bendiab mostra un notevole senso cinematografico. Il prologo del film, il rapimento di una bambina dalla piazza mentre sta giocando con un gruppo di coetanei, viene inizialmente visto dall’interno della macchina che si avvicina minacciosa. Quindi una carrellata dal basso all’alto segna l’ingresso nel film, nella storia, nella città. Lo stesso movimento di macchina che poi concluderà il film nella notte. Dounia, come si diceva, capisce il carattere seriale di quel crimine. Da topo di biblioteca qual è consulta archivi, documenti ingialliti. E il clou dell’indagine è proprio in una lunga ricerca nei vecchi faldoni polverosi, un po’ come quella del disegno nella scuola di Profondo rosso. La chiave viene da un caso del 1999, proprio nel pieno della guerra civile. Un rapinatore pedofilo seriale aveva agito indisturbato nel caos di quegli anni, senza che nessuno se ne accorgesse, in un’epoca che Sami ricorda come quella in cui «i terroristi ci facevano fuori». Quel decennio di sequestri di minori diventa così l’estensione metaforica di quell’oscuro passato. Le ferite rimangono e il film le racconta, mentre mostra una memoria di uno splendete passato, nelle immagini televisive, di una prosperosa Algeri nella grana da 35mm, e un presente comunque incerto, vedi le manifestazioni di protesta per la mancanza d’acqua. Chakib Taleb-Bendiab usa anche i giusti momenti d’azione, irruzioni. E nella parte finale la narrazione si distribuisce in mille rivoli, con montaggi alternati sempre più fitti. Un po’ come nell’irruzione di Clarice Sterling – torniamo sempre lì – che creava ambiguità tra gli spazi. Un’ottima prova per il giovane regista algerino e Algiers è stato selezionato come candidato dell’Algeria all’Oscar al miglior film in lingua straniera alla 97ª edizione degli Academy Awards.

Info
Il trailer di Algiers.

  • algiers-2024-chakib-taleb-bendiab-02.webp
  • algiers-2024-chakib-taleb-bendiab-01.webp

Articoli correlati

Array
  • Festival

    El Gouna Film Festival 2024 presentazioneEl Gouna Film Festival 2024 – Presentazione

    Dal 24 ottobre al 1° novembre è in scena l’El Gouna Film Festival 2024 (GFF), diretto da Marianne Khoury e giunto alla settima edizione. Saranno presentate 83 opere suddivise tra le sezioni competitive di lungometraggi di finzione, documentari e corti.
  • Festival

    El Gouna 2024

    Dal 24 ottobre al 1° novembre è in scena l’El Gouna Film Festival 2024 (GFF), diretto da Marianne Khoury e giunto alla settima edizione. Saranno presentate 83 opere suddivise tra le sezioni competitive di lungometraggi di finzione, documentari e corti.