Wild Card

Wild Card

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La cinematografia coreana si conferma, anche con un prodotto medio come Wild Card, capace di affrontare qualsiasi sfida. Regie oculate, tecnici preparatissimi, sceneggiature convincenti, attori solidi, a volte indimenticabili. E un valore aggiunto: il coltello.

Elogio della lama tagliente

Un poliziotto navigato e il suo collega, giovane e vigoroso. Una bellissima ragazza da conquistare. Dei capi mafia un po’ ridicoli. Andrebbe tutto bene se non ci fossero in giro degli spietati assassini che nessuno riesce a trovare… [sinossi]

Il coltello è un’arma onesta. È alla portata di tutti. Si trova persino in cucina, travestito da affetta pane o da trita cipolla. Non fa rumore e, se usato bene e accuratamente affilato, è letale. Il coltello è un’arma onesta e senza pietà. Brutale.
La cinematografia coreana deve molto alla trasparente spietatezza del coltello. Pistole, mitragliatrici e persino bazooka sono armi pirotecniche, spettacolari, e hanno il loro fascino. Ma la lama lascia il segno, è come uno sfregio sulla sensibilità dello spettatore. Figurarsi se occidentale, abituato al solito Rambo di turno che armato fino ai denti abbatte centinaia di imprecisi cecchini.

Non è che manchino sparatorie memorabili, al contrario. Ma il coltello affonda direttamente nella nostra carne e si imprime nella nostra memoria. Il coltello è shakespeariano. Guardate, o riguardate, il bellissimo Friend (2001) di Kwak Kyung-taek. La sequenza della morte di Han Dong-su (Jang Dong-gun, rivisto al Far East 6 grazie all’altalenante Tae Guk Gi) racchiude il profondo senso di amore, morte, amicizia, dolore, tradimento e rimpianto che percorre tutta la pellicola. Una tragedia altissima. E ogni coltellata è un insostenibile colpo al cuore.
Un altro esempio lampante dell’onestà del coltello, e del suo enorme contributo alla cinematografia coreana, lo troviamo nell’insospettabile Conduct Zero (2002) di Cho Keun-shik. Commedia giovanile, un po’ spaccona e un po’ chiassosa. Ricca di inventiva. Divertente e tenera. E alla fine spietata e spiazzante. Grazie a un piccolo coltello che appare dal nulla, inaspettato, e poi nel nulla ritorna. Il coltello come valore aggiunto.

Wild Card non ha lo spessore artistico e umano del lungometraggio autobiografico di Kwak Kyung-taek e, in un certo senso, si può accostare alla variopinta commedia di Cho. Kim Yoo-jin, già autore di otto pellicole, tra le quali spiccano Just Because You Are a Woman (1990) e il grande successo A Promise (1998), confeziona con indubbia perizia un perfetto ingranaggio da intrattenimento: azione, humour, tensione, amore. La base è il classico poliziesco all’americana. Poliziotto giovane, spavaldo e pieno di energie, e poliziotto più anziano, ovviamente più esperto e misurato. Il solito gioco dei ruoli, ben supportato dagli attori. Yang Dong-geun (l’impulsivo Bang Je-su), ex stellina hip-hop che ha fatto fortuna con Bet on My Disco (2002) di Kim Dong-won, sembra avere energia da vendere e se la cava bene anche nelle parti rosa. Jung Jin-young (Hi, Dharma!, Guns & Talks) gestisce con sapienza un ruolo che richiede carisma e un pizzico di ironia.

La parte poliziesca è arricchita dall’inusuale gruppetto di giovani assassini. Quattro ragazzi coreani qualunque, senza arte né parte. E su questo aspetto il regista gioca anche in maniera comica e autoironica – i coreani sono tutti uguali? La scena del finto gruppo di assassini apre il dibattito.
I quattro killer sembrano agire senza una vera motivazione, in maniera confusa e compulsiva. Aspetto che lascia interdetti, quasi turbati. Un ritratto efficace di gioventù sbandata, enfatizzato dal loro selvaggio e inconsueto modo di uccidere.
Non molto riusciti, ma non fastidiosi, i siparietti comici con i capetti della mafia coreana. La scelta di puntare su un tono grottesco non è del tutto convincente e, a parte alcune brillanti gag, si ride a denti stretti. Più equilibrata, e meglio inserita nella sceneggiatura, la parentesi sentimentale, che contribuisce a inquadrare il personaggio di Bang, duro dal cuore d’oro. Impossibile non segnalare la bellezza decisamente sopra le righe di Han Chae-young (Bet on My Disco), a proprio agio nel ruolo dell’amata Kang Na-na, poliziotta molto professionale, che finge indifferenza ma che arde di passione.

Azione, humor, tensione, amore. E un colpo di coda. Un colpo che affonda nella carne. Un colpo che squarcia lo schermo. Perché bisogna condividere il dolore della lama se si vuol essere un buon poliziotto. Poi molte cose saranno più chiare. Anche la paura.
Wild Card è un buon film. Un film di genere che astutamente attraversa più generi. E che ci regala un finale forte, a effetto. La cinematografia coreana si conferma, anche con un prodotto medio, capace di affrontare qualsiasi sfida. Regie oculate, tecnici preparatissimi, sceneggiature convincenti, attori solidi, a volte indimenticabili. E un valore aggiunto: il coltello. La tragica legge della lama tagliente. La sua onestà e trasparenza. Il suo modo brutale di dirti che il mondo può farti tanto tanto male. Anche se fino a un momento prima ridevi di cuore.

Info
Wild Card sul sito del Far East di Udine.
Il trailer di Wild Card.
La scheda di Wild Card sul sito del Kofic.
Wild Card sul sito della Third Window Films.
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