This is Orson Welles

This is Orson Welles

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Welles come l’abbiamo sempre visto. Il secondo documentario dedicato all’autore di Quarto potere presentato a Cannes Classics, This is Orson Welles, ripropone i temi tipici (dallo scandalo di La guerra dei mondi al trasferimento in Europa) senza aggiungere nulla di nuovo.

Non era solo questo Orson Welles

Scoprire l’uomo dietro il mito attraverso le testimonianze di suoi ammiratori e delle persone a cui era più legato: Martin Scorsese, Henry Jaglom, la sua figlia maggiore Chris Welles, Peter Bogdanovich e Joseph McBride. [sinossi]

Vedere due documentari dedicati ad un unico argomento che finiscono per usare le stesse argomentazioni e che si rivolgono persino agli stessi intervistati? Il rischio di fare dei film fotocopia è alto, ma – a quanto pare – diventa addirittura inevitabile quando quell’argomento è Orson Welles, laddove la tentazione di cadere nei soliti cliché è troppo forte da tenere a freno. I due film in questione sono stati presentati nella sezione Cannes Classics alla 68esima edizione del Festival di Cannes, all’interno di un omaggio dedicato al cineasta americano che avrebbe potuto – e dovuto – essere molto più ricco (sono stati presentati anche i restauri di Quarto potere, di La signora di Shanghai e di Il terzo uomo). Del primo, Orson Welles, autopsie d’une légende di Elisabeth Kapnist, ne abbiamo già parlato; sul secondo, This is Orson Welles di Clara e Julia Kuperberg non c’è molto da dire, se non che quantomeno vi sono raccolte un maggior numero di testimonianze, tra cui quella a Peter Bogdanovich e quella alla prima figlia di Welles, Christopher.

Come in Orson Welles, autopsie d’une légende, anche in This is Orson Welles si è deciso di affrontare il mastodontico personaggio senza prendere una posizione precisa, cercando piuttosto di passare in rassegna il complesso della sua carriera e finendo dunque per riepilogare i consueti topoi che lo riguardano, dall’esordio con Quarto potere allo scandalo della registrazione radiofonica di La guerra dei mondi, passando per il Macbeth nero e per il trasferimento in Europa. E allora, al cospetto di un ginepraio ancora insolubile che è composto da tutti i suoi progetti incompiuti (i cui principali sono The Other Side of the Wind e Don Chisciotte), non ci resta altro che sottolineare ancora una volta la nostra amarezza di fronte al fatto che un’opera quale quella di Welles – in continua postuma evoluzione proprio per le ricorrenti scoperte che la riguardano – venga invece ogni volta ‘immobilizzata’. Ci sembra anche curioso in tal senso notare come in nessuno dei due documentari si faccia cenno al ritrovamento di Too Much Johnson, l’evento principale riguardante Welles di questi ultimi due anni, un film che – presentato alle Giornate del Cinema Muto del 2013 – non ha ancora avuto ancora quasi alcun tipo di attenzione biblio-filmografica. Vien quasi da concludere allora che l’immensa e quasi ingestibile eredità wellesiana sia molto più vitale e proteiforme di quanto i wellesiani sparsi per il mondo siano in grado di gestire. E il parallelismo con l’immagine delle casse abbandonate, dimenticate e bruciate alla fine di Quarto potere diventa perciò sempre più tristemente calzante…

Va comunque segnalato che il pubblico presente qui al festival ha apprezzato This is Orson Welles, applaudendo con convinzione alla fine della proiezione. Un compito primario evidentemente viene comunque svolto da questo tipo di film ‘generalisti’. E allora teniamoci stretta questa consolazione…

Info:
La scheda di This is Orson Welles sul sito del Festival di Cannes
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