Eva no duerme

Eva no duerme

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In Eva no duerme, Pablo Agüero racconta la figura iconica di Evita Perón, in grado di influenzare la politica argentina anche da morta. Alla Festa di Roma.

Una questione di tecnica

1952. Eva Perón, uno dei personaggi politici più amati ma allo stesso tempo più odiati dell’Argentina, è appena morta. Uno specialista viene incaricato di imbalsamarla e, dopo anni di lavoro, ottiene un notevole risultato. Nel frattempo in Argentina si susseguono i colpi di stato e alcuni dittatori cercano di cancellare Evita Perón dalla memoria del popolo. Per venticinque anni il suo corpo sarà causa di conflitto. Questa “bella addormentata” diventa così una icona più potente di qualsiasi altro politico in vita. [sinossi]

“Chi arriverà dopo di me sarà molto peggiore. Vi fucilerà, vi torturerà, violenterà le vostre donne mentre sono incinte. Vi distruggerà, non resterà nulla di voi. Non ne avete idea…”
“E quale sarebbe questa idea, Generale?”
“Non si tratta di idee, ma di tecniche”

Nel drammatico faccia a faccia tra il Generale Pedro Eugenio Aramburu, tra i leader della dittatura militare in Argentina tra il 1955 e il 1970, e i suoi rapitori Montoneros, si nasconde il significato profondo di Eva no duerme di Pablo Agüero, presentato nella selezione ufficiale della decima edizione della Festa del Cinema di Roma. Nella sua rilettura, strutturata attraverso bruschi balzi in avanti nel tempo, della vicissitudine cui andò incontro la salma imbalsamata di Eva Perón, il regista argentino fotografa la struttura instabile di una nazione che non ha mai trovato una reale via al processo democratico, e si è rinchiusa in una serie di devozioni, autentiche e imposte che fossero. La devozione all’obbedienza è quella che guida i militari che accettarono dai loro superiori in grado il compito di torturare e uccidere la popolazione civile; la devozione quasi in aria di santità è invece il rapporto fideistico che si instaurò tra il popolo argentino e l’amata, amatissima Evita. Il justicialismo, personale via al populismo tracciata da Juan Domingo Perón, trovò nei “descamisados”, negli strati più bassi e proletari della popolazione, il proprio diretto referente. “Le bestie”, come le chiama con disprezzo l’Emilio Eduardo Massera interpretato da Gael Garcia Bernal, invasero le città, abbandonando le campagne per tentare la propria sorte nella nuova nazione industriale, sospinta verso l’avvenire. Un avvenire di sangue, come dimostrarono le dittature militari succedutesi con tragica regolarità, e osservate con una certa connivenza dall’occidente.

È una questione di tecnica, come afferma Aramburu nell’ultimo confronto con i Montoneros che l’hanno sequestrato e di lì a poco lo giustizieranno, come parziale (e inutile) rivalsa contro le angherie subite nel corso degli anni. L’intera gestione dello Stato non è altro che una questione di tecnica. Le ideologie, gli ideali, le divisioni più o meno classiste, sono tutti dettagli secondari, utili a imbonire una popolazione che ha bisogno di trovare punti fermi, di identificare leader a cui affidarsi anima e corpo. Come con Evita.
Il mito della giovane first lady, morta a soli trentatré anni per un tumore e considerata ancora oggi “leader spirituale della nazione”, proruppe dalle sue parole, tra il populista e il sindacale, per cristallizzarsi in quel corpo imbalsamato, impossibilitato a invecchiare e a deteriorarsi. Un corpo che per la sua natura incorruttibile e immortale doveva essere fatto sparire, eliminato dallo sguardo del popolo, rimosso dalla memoria collettiva. Un atto impossibile, come dimostrerà la Storia, e che costringerà i generali a recuperarlo e a farlo proprio; unico modo per tenere a bada gli istinti più riottosi del popolo.

Eva no duerme parla di fede, di rapporti di forza, della necessità di rintracciare un’icona in cui specchiarsi, come il vetro dietro il quale giace il cadavere di Evita e che la bambina bacia, immaginandola ancora in grado di muoversi, di respirare, di vivere.
Pablo Agüero suddivide Eva no duerme in tre macro-segmenti: il rituale dell’imbalsamazione, il furto del cadavere e il processo dei Montoneros contro Aramburu. A questi accompagna, in apertura e in chiusura, un monologo di Massera, ideatore e leader del colpo di stato militare del 1976 insieme a Jorge Rafael Videla, Leopoldo Galtieri e Orlando Ramón Agosti. Su questa struttura, geometrica ed essenziale, si dipana una regia minimale ma non per questo disadorna, nella quale acquista un peso specifico l’utilizzo del piano sequenza: il dialogo tra Carlos Eugenio Moori Koenig, il colonnello che ideò la “Operazione evasione” con il furto della salma, e il soldato semplice Robles, dimostra in maniera lampante la capacità del giovane regista di gestire i tempi e gli spazi, donando loro la giusta dose di suspense. Aiutato anche dall’ottimo cast a disposizione, nel quale brilla in particolare la luce di Denis Lavant nei panni di Koenig, Agüero firma una delle opere più affascinanti e sorprendenti viste durante la kermesse all’Auditorium Parco della Musica. Un film che agisce sottopelle, accumulando ansia in un crescendo continuo, per quanto poco percepibile a prima vista. Un film potente, che potrebbe indicare un nuovo nome da segnare a futura memoria nel cinema latino.

Info
Eva no duerme, una clip.
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