Rocco

Presentato come evento speciale alle Giornate degli autori, Rocco è il ritratto di un pornodivo al tramonto, la gloria nazionale Rocco Siffredi, che ha ormai appeso al chiodo il suo celebre attributo per dedicarsi alla carriera televisiva. Legittimo il dubbio che questo documentario serva, almeno in parte, ad agevolare il passaggio.

Rocco e i suoi cugini

Rocco Siffredi sta alla pornografia come Mike Tyson alla boxe o Mick Jagger al rock and roll. È una leggenda vivente. La madre voleva che diventasse un prete; con la sua benedizione è diventato un attore hardcore, dedicando la sua vita a un solo dio, quello del desiderio. Nell’intervista Rocco Siffredi si mette a nudo, con il rischio di distruggere il proprio mito, narrando la sua vera storia: gli inizi, la carriera, la relazione con la moglie e i figli, e la rivelazione finale che ha cambiato la sua vita per sempre. [sinossi]

“Lo vedrete solo moscio! E dovete ormai farvene una ragione!”, chiosa ai fan l’ormai ex-pornodivo Rocco Siffredi alla proiezione veneziana delle Giornate degli autori del documentario a lui dedicato. Il viale del tramonto del suo celebre attributo anatomico viene decretato da questo film, opera dei documentaristi francesi Thierry Demaiziere e Alban Teurlai. Film che nasce come lavoro su commissione sull’industria del porno che i due autori hanno deciso di sviluppare nella forma di ritratto, di cui sono riconosciuti esperti d’oltralpe. Hanno infatti già realizzato documentari su Vincent Lindon, Fabrice Luchini, Karl Lagerfeld.
Rocco comincia con la solenne abiura dell’ormai ex-pornodivo. È stato il sesso a catturarlo e dominarlo, come in un patto con il diavolo, che gli ha garantito successo e soldi. Un processo verso l’autodistruzione e ora Rocco si definisce disgustato rispetto alle immagini che ha prodotto. Un colpo di scena annunciato già dalla sua apparizione all’Isola dei famosi. E il dubbio che questa apertura, nonostante i proclami di sincerità del protagonista e dei registi, sia concepita a tavolino come operazione di “washing” per la futura carriera televisiva dell’ex-pornodivo è assolutamente legittimo. Il pentimento rimane però confinato in questo incipit, forse concordato, mentre il resto del film ripercorre la parabola umana e artistica del protagonista fino ad arrivare alla fatidica ultima scena della sua carriera.

Va detto che i documentari sul cinema a luci rosse sono prodotti in gran quantità, e presentati ai festival. Spesso operazioni a tavolino volte a sfruttare la pruderie che suscita il tema, nella confezione ufficiale da documentario. Ci sarebbe da chiedersi, per esempio, come mai gli altri lavori dei due cineasti non abbiano avuto la stessa eco festivaliera.
E Rocco non sfugge ai cliché di questo genere, come il mostrare gli aspetti più buffi dei backstage di film porno. Nonostante anche in tal senso ci siano i proclami del protagonista sulla maggiore professionalità degli autori francesi che avrebbe dovuto mettere al riparo rispetto agli effetti facili.
Merito indubbio di Demaiziere e Teurlai invece è quello di aver fatto luce su aspetti e personaggi inediti della vita del grande pornodivo. La morte di uno dei fratelli da giovane che ha ridotto la madre a uno stato di perenne apatia; le condizioni umili della sua famiglia che hanno portato Rocco a voler cercare un riscatto a tutti i costi. Ma è soprattutto apprezzabile l’aver scoperto la figura del cugino di Rocco, Gabriele, vera e propria anima occulta alle sue spalle, nonché l’artefice dietro le quinte del suo successo. Gabriele lo riprende e fotografa, organizza e concepisce le sue scene insieme ai registi. Rappresenta il contraltare di trama e creatività rispetto a Rocco che vorrebbe invece arrivare subito al dunque. E venne introdotto nell’ambiente dallo stesso Rocco, che inizialmente lo avrebbe voluto come collega per poi non rivelarsi all’altezza. E non stupisce la sua grande tristezza una volta realizzata l’ultima scena: il suo ruolo, la sua funzione nel mondo, ormai non ha più senso. Gabriele è il vero protagonista di Rocco.

Tutto il film procede verso l’evento finale, la narrazione dell’ultima scena porno di Rocco. Un percorso nella vita artistica dell’attore, che lo porta a radunare – come in una rimpatriata – i partner con cui ha lavorato meglio e a cui è rimasto legato, quelli che lo hanno sempre capito: le vecchie glorie John Stagliano in qualità di regista e la pornoattrice, ormai milf, Kelly Stafford. Una hall of fame con in aggiunta divi sulla cresta dell’onda come James Deen. È ormai un Rocco edulcorato che decide di farsi picchiare dalle donne stavolta. E, finita l’ultima scena, grandi applausi e brindisi. Un percorso verso il finale di cui è suggerito anche il modello religioso: Rocco che la madre voleva si facesse prete, che vediamo in chiesa – per cui tutti segnalano l’assonanza tra “l’ultima scena” e “l’ultima cena” – finisce la sua carriera con una performance sadomaso appeso a una croce.

Su Rocco di Thierry Demaiziere e Alban Teurlai permangono dunque dei forti dubbi di fondo. Se la pornografia rappresenta una sessualità artificiosa e forzata, la pornografia dei sentimenti che il film presenta appare altrettanto artefatta. Rocco che piange – non sembra proprio spontaneo – davanti alla tomba della madre con alle spalle il ritratto di Padre Pio, o che entra in chiesa nella cittadina natale di Ortona. E i figli che un po’ sembrano essere stati imbeccati mentre raccontano della loro condizione con un genitore pornostar.
Quella di Rocco è stata davvero una vita per il cinema, a partire dal suo nome artistico – cosa che neanche il documentario ricorda – ripreso dal personaggio di Alain Delon in Borsalino. Che passa dagli Animal Trainer a Catherine Breillat a Massimo Boldi. E che si conclude alla Mostra del Cinema.

Info
La scheda di Rocco sul sito delle Giornate degli Autori.
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