Gantz:O

Presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2016, Gantz:O insegue vanamente il fotorealismo. L’agognata perfezione della fluidità dei movimenti dei personaggi umani e dell’espressività dei loro volti resta – almeno per il momento – un irraggiungibile Sacro Graal. Ma il problema, in fin dei conti, è soprattutto narrativo.

Loop (infinito?)

Cercando di salvare uno sconosciuto da un pazzo armato di coltello, Masaru Kato viene pugnalato a morte. Stranamente, si risveglia in una stanza che non ha mai visto. Lì incontra i membri del cosiddetto Team Tokyo, il cui leader Kurono è appena morto. Assieme a loro, Masaru viene trasferito a Osaka City e si trova coinvolto in un gioco di sopravvivenza, di vita o di morte: deve lottare contro mostruosi alieni, simili a demoni. Durante la prima missione, conosce Anzu Yamasaki, madre single e membro del Team Osaka. In balia dei vari eventi, Masaru continua a combattere per riuscire a tornare a casa dal fratello, l’unico membro rimasto della sua famiglia… [sinossi]

La sottile differenza tra Gantz e Gantz:O. Nel percorso di evoluzione e sfruttamento commerciale del manga di Hiroya Oku (anime, spin-off, light novel, videogame…) era quasi inevitabile smarrire per strada la completezza narrativa, lo stile grafico originale, la caratterizzazione dei personaggi. Il nuovo adattamento cinematografico, con le animazioni in computer grafica orchestrate da Yasushi Kawamura e Keiichi Saitō, insegue la chimera della perfezione visiva, dell’iperrealismo grafico, concentrandosi soprattutto sull’apparato spettacolare, sulla fluidità dei movimenti, sull’espressività dei volti. Dopo tanti anni, siamo ancora in zona Final Fantasy: The Spirits Within. La strada è lunga, forse troppo.

La compressione narrativa di Gantz:O, (ri)scritto da Tsutomu Kuroiwa (One Piece Film Gold), è uno dei problemi ricorrenti dell’industria degli anime, anche nella sua diramazione parallela in computer grafica. Anzi, soprattutto nelle produzioni animate in cgi. A fagocitare la scrittura è la sovrastruttura estetica/spettacolare, il presunto sfarzo del fotorealismo, qui accompagnato da mostri, armi, combattimenti. Esaurito l’interessante spunto iniziale, la narrazione di Gantz:O finisce per ristagnare in un susseguirsi di vis-à-vis tra i combattenti in tuta aderente (Reika, ci torneremo) e demoniaci avversari. Uno sparatutto con qualche parentesi sentimentale, appiccicata come un post-it.
Non c’è tempo, nei novantacinque minuti di Gantz:O, nemmeno per dare respiro alla violenza o alla morte. Il ritmo imposto da Kawamura e Kuroiwa è videoludico, da sacchetto di gettoni in sala giochi. Avanti un altro. Una scelta, a voler restare sul piano teorico, persino rispettosa delle premesse della misteriosa sfera nera e delle regole del gioco (i mostri, i punti, le armi, le nuove vite), ma che non è sorretta da un impianto estetico/spettacolare autosufficiente o da corpose intuizioni narrative – la mente corre alla meravigliosa sovrabbondanza visiva di Mad Max: Fury Road, ma anche al più affine As the Gods Will.

Delle travi portanti del manga di Hiroya Oku, che cerca di ragionare su morte, (iper)violenza e giustizia, restano solo pallidi riflessi, accenni non dissimili dalla programmatica superficialità di pellicole-giocattolo come Terra Formars di Takashi Miike. Già la scelta di aumentare l’età dei protagonisti, funzionale forse al box office ma narrativamente meno fertile, era un campanello d’allarme. Il film di Kawamura scorre rapidamente e sembra accontentarsi del crescendo orririfico, del meccanismo videoludico e della frettolosa parabola di Masaru e dei suoi compagni di (dis)avventura. Fulminea menzione per Reika, personaggio la cui unica ragion d’essere sembra l’ammiccante sfida alla gravità – siamo in pieno territorio otaku/idol.
L’animazione in computer grafica nipponica, fratello minore per numeri e talenti degli anime tradizionali, dovrà attendere ancora prima di trovare il cavallo vincente. Di Gantz:O ricorderemo soprattutto la resa grafica di alcune sequenze, lo scontro titanico con robot gigante, gli effetti devastanti di alcune armi. Più che altro, il film di Kawamura ci lascia i soliti dubbi sulla reale utilità del fotorealismo, del pixel perfetto, dello (sterile) sfarzo visivo.

Info
Il trailer originale di Gantz:O.
La scheda di Gantz:O sul sito di Venezia 2016.
Il sito ufficiale di Gantz:O.
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