Have a Nice Day

Have a Nice Day

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Presentato in concorso alla Berlinale 2017 e opera seconda del cinese Liu Jian, il lungometraggio d’animazione Have a Nice Day filtra attraverso l’estetica della Pop Art l’instabilità e la crisi culturale e ideologica della Cina contemporanea. Animazione indipendente dal budget risicato, intrisa di humor nero.

Il libretto verde

Sud della Cina. Una borsa con un milione di yuan attira l’attenzione di varie persone, di varia natura e provenienza: un gangster filosofeggiante, un killer avanti con gli anni, un ragazzo determinato ad aiutare la sua fidanzata, una coppia che cerca di fare un grande colpo. Quella borsa è una specie di ancora di salvezza, un salvagente per non affogare nella confusione e nel vorace cambiamento della Cina contemporanea… [sinossi]

Imbocca interessanti e fertili scorciatoie Liu Jian. Fondatore dello studio indipendente Le-joy, già regista di Piercing I (Citong wo) nel 2010, è in concorso alla Berlinale 2017 con Have a Nice Day (Hao ji le), lungometraggio d’animazione capace di aggirare gli evidenti limiti di budget. Accompagnate da uno sguardo sulla quotidianità e i suoi mille problematici rivoli, le animazioni limitate di Have a Nice Day non sono poi molto distanti dalle scelte tecnico-estetiche del sudcoreano Yeon Sang-ho (The King of Pigs, The Fake, Seoul Station). Ma se Yeon declina scenari oscuri e tragici, programmaticamente immersi in un pessimismo cosmico, la caratterizzazione grafica e la poca fluidità dei movimenti dei personaggi di Liu Jian è controbilanciata dalla chiara e vivace derivazione dalla pop art e dall’intreccio che strappa nere risate.

Vista anche l’assonanza, non è difficile riconoscere il puntinato Ben-Day, lampante rimando alla tecnica utilizzata da Roy Lichtenstein, in una delle sequenze più smaccatamente pop di Have a Nice Day. Una sequenza che sovrappone perfettamente la commedia tinta di nero e l’osservazione del reale, passato e presente e, ahinoi, futuro: l’iconografia che apparteneva alla rivoluzione culturale è neutralizzata dal puntinato lichtensteiniano e dall’inarrestabile ideologia del Dio denaro. Il libretto rosso di Mao è diventato verde. Come una banconota. Come un milione di yuan.

Le scorciatoie di Liu Jian, in buona parte un percorso forzato, si lasciano dietro qualche spazio vuoto, qualche dubbio. Se la composizione pittorica spesso affascinante delle tavole e gli accostamenti cromatici riescono a mascherare, o quantomeno a mitigare, i limiti estetici legati alla scarsa fluidità dei movimenti dei personaggi, lo sguardo sulla Cina contemporanea si rivela una coperta troppo corta. In fase di scrittura, nonostante la precisione del meccanismo narrativo e una serie di sequenze e gag efficaci, Liu Jian sembra accontentarsi del giocattolo noir dai riflessi tarantiniani. Funziona il finale, come funzionano i ribaltamenti di forza nella camera 301, ma l’intreccio non ha la forza penetrante e corrosiva di alcune tavole, veri e propri quadri – o, se si preferisce, fotografie del presente.

Have a Nice Day racchiude nelle immagini più dettagliate – coi minuziosi disegni esaltati dal cielo monocromatico e dai netti accostamenti cromatici, altro effetto che riesce a farsi beffe del budget – piccole porzioni del macrocosmo economico, politico e culturale cinese. Una tavola, un quadro, un microcosmo: è l’impianto visivo, più raffinato e ammorbidito nelle linee rispetto al precedente e oramai lontano Piercing I, a dare un senso compiuto al divertissement narrativo. Sono i paesaggi urbani, i cantieri, le periferie a brandelli il centro gravitazionale della pellicola e dei personaggi. Macerie che sono teatro di una guerra quotidiana. Di centinaia e centinai di guerre combattute ogni giorno. E così, mentre ci si siede lungo la riva del fiume nell’attesa del prossimo lavoro dello studio Le-joy (School Town), si è costretti a pensare a Roy Lichtenstein e al pacioso faccione di Mao Tse-tung sulle fruscianti banconote. Pop Art.

Consoliamoci con la breccia aperta da Liu Jian e dallo studio Le-joy. Con la libertà creativa dell’animazione indipendente. E anche – pur con un certo timore – con le abnormi potenzialità dell’industria cinematografica cinese, oramai alle prese con blockbuster animati e live action dal respiro internazionale.
È il mercato, bellezza. È il capitalismo. È il libretto verde.

Info
La scheda di Have a Nice Day sul sito della Berlinale.
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