Crimson

Crimson

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Provocazioni spagnole frullando alla rinfusa i generi più diversi. Horror (assai poco), fantascienza, commedia, sesso, gangster movie. Crimson di Juan Fortuny è libero e squinternato. Brutto e simpatico. In dvd per Sinister e CG.

Per una banda di malviventi una rapina in gioielleria finisce male. Durante un inseguimento uno dei componenti, Surnett, viene colpito in testa da uno sparo della polizia. L’unica soluzione pare essere un trapianto di cervello da estorcere a un chirurgo sperimentatore che però finora l’ha effettuato solo su cavie animali. E soprattutto bisogna trovare un donatore. Il prescelto è il Sadico, nemico giurato di Surnett… [sinossi]

Coproduzione franco-spagnola, Crimson è uno di quei film che fa venir voglia di essere stato sul set durante la sua lavorazione. Vedere come venivano decise le scene, come si accordavano regista e attori, come si sceglievano le location. Perché, se nella troupe spirava un po’ di autoironia (e si direbbe di sì, visto che il film si prende assai poco sul serio), si sono sicuramente divertiti come pazzi a girarlo. Il regista Juan Fortuny rimane avvolto nel mistero, almeno quanto le ragioni del titolo internazionale attribuito al film (in luogo dell’originale Las ratas no duermen de noche, che a sua volta resta comunque abbastanza sconnesso rispetto alla storia). Cremisi è certo il colore del sangue, ma il riferimento rimane assai generico.
Resta un mistero anche l’anno di realizzazione, visto che in giro troviamo alternativamente il 1973, il 1976 e il 1978, mentre nei titoli di testa appare il 1985 come anno di copyright per quanto riguarda probabilmente la distribuzione francese, dal momento che il film, adesso edito da Sinister e CG, presenta come versione “originale” quella in lingua transalpina, lasciando presumere che la riedizione home video sia stata approntata sulla base della versione apparsa in Francia.

Non è invece misterioso, almeno per gli appassionati di cinema di genere europeo, il protagonista Paul Naschy, star iberica che a lungo si mosse tra mostri e horror caserecci presentando notevoli oscillazioni sul suo pseudonimo (per Crimson del resto tutti i nomi accreditati, quantomeno in questa versione dvd, piegano verso l’anglofilia, da “Paul Nash” a “John Fortuny”). Tuttavia nel caso di Crimson di strettamente mostruoso e orrorifico vi è ben poco, se non la sensazione di distanza mostruosamente siderale che si ricava da una messinscena di squinternata e totale libertà espressiva, testimone di epoche perdute in cui, con pochi soldi, ci si poteva permettere di fare film brutti ma percorsi da grande vitalità.
Libertà espressiva, non grammaticale, poiché sul piano linguistico Crimson non è poi molto audace, ma lo è bensì per la disinvoltura con cui si mescolano materiali eterogenei e per la spregiudicatezza rispetto al contesto storico-culturale del suo tempo. Negli ultimi anni del franchismo (che sia 1973, prima della fine, o 1976-1978, subito dopo, poco importa) anche Juan Fortuny sembra percorso dal desiderio di far saltare tabù, minare compostezze formali, dare voce al rimosso soprattutto in ambito di repressione sessuale.

Fortuny sposa infatti la tradizione di mostri anglosassoni, tenendo presenti in primis gli esperimenti del dottor Frankenstein, per rivelarne il lato rimosso e farne occasione di sbrindellata provocazione, assai poco concettuale e tutta fisica, di pancia. Crimson è un film che non nasconde i suoi fini commerciali, in cui il sesso è spesso mostrazione gratuita, pretestuosa ed episodica. Alcune sequenze sfondano nel porno (gli atti sessuali sembrerebbero reali, e se non lo sono poco ci manca) conservandone la gratuità narrativa, la natura di parentesi comunque diegetica (a nessuno è vietato, nel bel mezzo di un’azione narrativa, di concedersi una pausa di piacere). Parentesi scabre, che indugiano a distanza ravvicinatissima sulla lividità dei corpi, mai perfetti, mai composti o patinati, spesso sfatti e coi piedi sporchi, che semplicemente affermano attraverso l’immagine ciò che fino a quel momento non si poteva affermare.

In tal senso l’intera costruzione di Crimson appare una sommatoria di elementi a buon mercato, dal sesso al noir di gangster, agli spunti di commedia, agli esperimenti di fantascienza. Benché il film risulti catalogato come horror, vi è tuttavia davvero poco di cui spaventarsi, probabilmente nemmeno per il pubblico coevo. Fortuny tenta la strada della paura solo con qualche accorgimento tecnico (le soggettive dal tavolo operatorio con bisturi e quant’altro che si avvicinano ingigantiti allo spettatore) e giusto con qualche morte violenta, ma per il resto il tono generale resta libero e divagante, appoggiato a un discreto numero di personaggi, tanto che l’assunzione del ruolo di protagonista da parte di Paul Naschy risulta anche sensibilmente ritardata. Nessuna preoccupazione per la costruzione rigorosa, ma piuttosto uno snodarsi imprevedibile di contributi eterogenei, di durata incoerente e slabbrata.
Che siano limiti produttivi, limiti autoriali o precise scelte (la terza ipotesi, oggettivamente, sembra la meno plausibile), in ogni caso nella sua veste definitiva Crimson risulta un oggetto stranissimo, fatto di dialoghi disarmanti nella loro banale scolasticità, denso di battute di servizio, specie in chiusura d’inquadratura, non lontane da “Bene, ci vediamo tra un po’”. A tratti estenuante nei suoi catatonici ritmi narrativi per poi accelerare d’improvviso in sequenze esilaranti, per effetto secondario di questo totale squilibrio il film di Fortuny finisce per mostrare una sua eccentrica problematicità nei confronti delle regole del cinema.

Per andare incontro alle voglie di trasgressione del suo pubblico, Crimson non si risparmia nulla, aggiungendo per il buon peso spunti incoerenti come un’improvvisa accensione lesbica, inseguimenti erotomani in mezzo alla natura (La Bestia, 1975, di Walerian Borowczyk, film di tutt’altra caratura, vedrà la luce negli stessi anni), brani di sadismo e lunghe parentesi del tutto gratuite con ballerine in bella posa o numeri di gruppo, introdotti da materiale di repertorio che vorrebbe ambientare il tutto a Pigalle e Montmartre (e se si pensa alla destinazione anche spagnola del film, viene da pensare che piazzare alla bell’e meglio un cartello del “Moulin Rouge” alludesse al miraggio parigino del proibito per un paese ancora chiuso nel conformismo della dittatura).
È evidente comunque anche la voglia di scherzare, con chiara adesione a momenti comici per lo più demandati al personaggio di Karl, tra l’altro protagonista nell’incipit di una marachella che darà il via all’azione. In cotante digressioni, il braccio principale del racconto fa fatica ad affermarsi, e ciononostante la riflessione sulla quale s’innesta è convenzionale ma tutt’altro che banale, con quel trasferimento di un cervello violento nel corpo di un altro e conseguente deflagrazione di istinti rimossi nonché ritorno al primitivismo preculturale dell’uomo-scimmia (le gabbie di scimmie urlanti intorno alla sala operatoria stanno lì a confermarlo).
Paul Naschy finisce per ospitare il cervello del suo nemico rifiutandone la violenza e lottando con gli istinti acquisiti o riscoperti, con inevitabile esplosione di archetipici impulsi e spinta all’erotomania incontrollata dai risvolti volutamente grotteschi. Superata la fatica di un racconto così incoerente e frastagliato, frutto delle più diverse istanze in piena offerta alle esigenze di mercato, qua e là Crimson fa divertire sguaiatamente e goliardicamente (vedere per credere, il metodo artigianale per decapitare il predestinato donatore di cervello). Film brutto, che non fa neanche apologia del brutto né riflette sul brutto. È brutto di prima mano, spontaneo e assai poco sovrastrutturato. Basti pensare all’uso naïf del commento musicale, spesso del tutto sconnesso rispetto al visivo. Film brutto e pure noioso, sì. Ma alla fine per Crimson non si può non provare simpatia, per la sua capacità di parlarci di epoche e cinema lontani, di esigenze spettatoriali mutate nel tempo e nella cultura, di una libertà espressiva alla quale si vorrebbe tanto ritornare. E non si può, perché quell’urgenza espressiva, implicita e inconsapevole e per questo culturalmente rilevante, oramai è stata completamente saziata.

Curiosità: nel ruolo del Sadico, donatore involontario di cervello, è accreditato Roberto Mauri, che potrebbe essere il noto regista italiano di exploitation. Non avendo familiarità con il suo aspetto fisico, ho consultato imdb.com che ha confermato trattarsi di lui e non di un omonimo. Ma si sa, anche imdb.com può sbagliare. D’altra parte il regista risulta nato nel 1924 e l’attore impiegato in Crimson sembra un po’ più giovane. Ho pure confrontato foto d’epoca del regista con screenshot di Crimson ma non sono certo di ravvisare somiglianze. L’enigma quindi resta aperto. Sicuramente Marco Giusti potrebbe sciogliere tale dubbio.

Extra: galleria fotografica.

Info
La scheda di Crimson sul sito di CG Entertainment.
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