Lav Diaz: L’odore dei fantasmi del passato

Lav Diaz: L’odore dei fantasmi del passato

Una carriera che ormai supera i 25 anni, avendo conseguito i più grandi riconoscimenti ai festival cinematografici internazionali. Una carriera dedicata a raccontare la lotta del suo popolo filippino, come disse ricevendo il Leone d’Oro nel 2016 per The Woman Who Left. Lav Diaz torna a Venezia, fuori concorso, con Phantosmia, sui fantasmi del passato che tornano.
Abbiamo incontrato Lav Diaz durante la Mostra del Cinema. Erano presenti anche Hazel Orencio, la sua stretta collaboratrice nonché attrice nel film, e i membri della crew del film.

Vorrei chiederti qualcosa sul personaggio principale di Phantosmia, il vecchio sergente Hilarion Zabala. Viene accolto con onore dai militari della colonia penale, rappresenta quindi una continuità tra i vecchi poteri, la dittatura di Marcos, e i nuovi poteri, gli ultimi governi della Filippine? Come hai concepito questo personaggio?

Lav Diaz: Volevo lavorare su questo personaggio, su una persona che è immersa nell’oscurità. Può ancora redimersi? Un uomo, con il carattere di Zabala, può ancora redimersi? È una domanda semplice su cui stavo lavorando durante le riprese. È una vecchia idea di redenzione. Si tratta di un processo lento. Il ricordo del passato è molto forte. C’è una ciclicità. Lui non è un personaggio reale ma concentra diverse persone che ho conosciuto. Ho fatto delle ricerche preliminari. In un ospedale militare, il personale militare soffriva di PTSD, disturbo post-traumatico. Uno dei traumi di cui hanno sofferto è un problema connesso all’olfatto. Gli effetti variano dalle convulsioni alla violenza. Si chiama fantosmia. Volevo lavorare sulla metafora della fantosmia come modo di tornare al passato e capire bene il presente.

Potete parlarmi del personaggio di Narda, interpretato da Hazel Orencio?

Lav Diaz: È venuto fuori in modo naturale. Stavo scrivendo e poi ho detto ad Hazel che avrebbe interpretato Narda. Le ho solo detto essere un personaggio molto malvagio. Ecco fatto. Era solo un’istruzione. E poi l’ha creata lei. Io scrivevo la sceneggiatura ogni giorno e gliela davo.

Hazel Orencio: È un metodo che avevo già imparato. Un qualcosa che succede e poi eventualmente andiamo alla grande. Il personaggio cresceva, sempre più malvagio.

E invece a proposito della figlia di Narda, Reina, è una vittima, una persona oppressa. Ancora una metafora delle Filippine?

Lav Diaz: Sì. Un contesto in cui questo soggetto è l’oppresso. Il ragionamento è su come si può liberare l’oppresso, come si può far emancipare una situazione del genere, o una persona del genere.

Perché è di origine americana?

Lav Diaz: Lei proviene da una famiglia americana. Abbiamo una situazione del genere nelle Filippine. La condizione dei cosiddetti meticci. Figlie e figli di soldati americani o di insegnanti americani. Una situazione che nasce quando installarono le basi americane nel paese. C’è una grande comunità di bambini i cui padri sono americani bianchi e neri. In una delle basi navali americane, a Olongapo, ci sono 18.000 prostitute in città, al servizio dei militari americani. Da questa situazione sono nate tante persone, proprio come Reyna. La madre dell’attrice che interpreta Reyna, Janine Gutierrez, è figlia di un americano, ed è stata adottata dalla grande attrice filippina Nora Aunor. Così la nonna adottiva di Janine è Nora Aunor. Il padre biologico della madre di Janine è un americano. Solo di recente ha incontrato il vero padre. Una situazione complessa ma molto diffusa nelle Filippine. Li chiamiamo i GI baby. I bambini americani. C’è questo meticciato creato dalla colonizzazione, creato dall’imperialismo.

All’inizio del film, la voce narrante parla di questo posto meraviglioso, l’Isola di Pulo, un paradiso perduto ma ora diventato un inferno. Nella tua filmografia, ricorda Llocos Norte, un posto bellissimo, ma che rappresenta proprio i luoghi in cui il dittatore Marcos è cresciuto. Perché torni a raffigurare un contrasto tra la bellezza di un luogo e il male che vi si può annidare?

Lav Diaz: Llocos Norte è proprio il luogo dove è iniziato il fascismo. Mi interessano queste contraddizioni. Rappresentare una presenza molto, molto imponente della natura, ma allo stesso tempo, sai che all’interno di questo sistema ci sono forze oscure. È un paradiso, ma può essere molto pericoloso. Pulo è un’isola inventata. La colonia penale è ispirata a quella vera di Iwahig nell’isola di Palawan. Ci sono ancora sette colonie penali nelle Filippine in questo momento, quattro delle quali funzionano come quella del film. È il modello americano della colonia penale che hanno creato nelle Filippine.

Parlando invece della fantosmia, che dà il titolo al film, si tratta di una malattia che esiste realmente. Perché hai voluto inserirla nel film?

Lav Diaz: È una vera malattia legata a un trauma, a volte è davvero solo fisico. È un fantasma. È molto, molto simbolico, e semiotico. È la causa scatenante per il personaggio di tornare al passato. È il fantasma dell’odore. Da dove viene? Lentamente si rende conto che si tratta del fantasma del suo passato. Volevo solo usarla come metafora. Avevo in mente altri titoli per il film, come “Citizen Zabala”, “Zabala”, “100 Years of Smell”. Ma “Phantosmia” è meglio perché rappresenta l’idea del film.

Zabala spesso ha il volto coperto da un fazzoletto. Non è la prima volta che i tuoi personaggi portano qualcosa al volto come il Giano Bifronte di Season of the Devil o la psoriasi di Hermes Papauran in When the Waves Are Gone. Come mai?

Lav Diaz: Per lui è l’unico modo di coprire il volto. Dopo la psoriasi di Hermes questa volta c’è l’odore di un fantasma.

Sono due i personaggi del film ad avere problemi di salute. Oltre a Zabala c’è anche Reyna. La malattia è una costante nei tuoi film. Come mai?

Lav Diaz: Per Reyna si tratta di un ritardo nello sviluppo per essere oggetto del traffico sessuale organizzato da sua madre. La natura molto autoritaria di sua madre ha davvero rovinato le sue prospettive, e anche la sua vista. È molto imponente la prigione che Narda ha creato, e come controlla sua figlia.

Sono citati degli anni nel film, il 1953, il 1969. Rappresentano momenti particolari della storia filippina?

Lav Diaz: Sono i periodi in cui si arruolò nell’esercito. Il 1969 è l’anno in cui la rivolta musulmana nel sud esplose con forza. Negli anni ’70, intervenne l’esercito, arrivò la legge marziale.

Si parla nel film anche di alcuni ribelli come Diego Masinag. Sono personaggi reali o di finzione?

Lav Diaz: Ho inventato quel personaggio, basato su personaggi reali. Ho conosciuto alcuni leader sindacali che stanno cercando di proteggere i diritti dei poveri dei centri urbani, di quelli che chiamano gli abusivi. La figura di Diego Masinag è un concentrato di questi attivisti.

La foresta è ancora una volta popolata di creature leggendarie, come il gatto selvatico Haring Musang. Si tratta di una figura del folklore filippino?

Lav Diaz: No. Ho inventato io questo re gatto selvatico, solo per creare, incorporare, integrare il potere dei miti nelle nostre vite, nella nostra prospettiva. Si tratta di una cosa mitologica messa lì solo per contestualizzare la narrazione, la prospettiva dei personaggi.

Perché Zabala, alla fine, vuole proteggere sia il gatto selvatico che Reyna? È una sorta di redenzione per lui?

Lav Diaz: Non lo dice espressamente, ma in realtà è una cosa naturale per lui proteggere Reyna. Non è veramente una redenzione, lui vuole capire perché è così. Gli è venuta naturale l’idea di proteggere Reyna. Lui ha iniziato a sentirsi in colpa per non essere stato in grado di portare davvero la responsabilità di padre per i suoi due figli. Reyna è un’estensione di questo. Non è un atto deliberato quello di liberare Reyna ed emancipare sé stesso. Non sapremo fino alla fine se è davvero già un uomo cambiato. Però nei suoi scritti, ha detto di essersi reso conto che uccidere non è un dovere, che non ha il diritto di uccidere le persone. Ma poi è arriva la contraddizione. Spara a quest’uomo malvagio, il colonnello Lukas, perché subentra il dovere di liberare questa donna oppressa.

Info
Phantosmia sul sito della Biennale.

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