Willard il paranoico
di Glen Morgan
Willard il paranoico riporta sul grande schermo le avventure del ‘signore dei topi’, già interpretato da Bruce Davison per la regia di Daniel Mann. Il risultato è un onesto thriller-horror, con un ottimo Crispin Glover nel ruolo principale, che potrà rinfrescare il pubblico nella torrida estate…
Balla coi topi
Willard, un disadattato, è un impiegato deriso sia dai colleghi che dal resto del mondo. La sua misera esistenza, però, prende una piega diversa quando si accorge di avere un feeling speciale con due ratti, cresciuti in casa sua. Decide quindi di scatenare la sua rabbia contro chi l’ha sempre preso in giro, servendosi proprio dei suoi amici topi… [sinossi]
L’estate è da sempre la stagione dell’horror di facile consumo; lo è dai tempi dell’esplosione dei drive-in dove il filmetto “di paura” (i vari I Was a Teenage…, ma anche gli sci-fi e gli horror di serie Z o supposta tale, da Ed Wood a Herschell Gordon Lewis) serviva per sciogliere le resistenze delle pulzelle, e non sembra voler modificare le proprie abitudini. Così anche quest’anno ci si trova di fronte a una serie di ripescaggi nel genere che vanno a raschiare il fondo del barile: è il caso di Alone in the Dark, Boogeyman, Licantropia, Hotel, Undead e dell’oggetto di questa disamina, Willard il paranoico di Glen Morgan (si è voluto evitare di inserire nella lista anche il ritorno sulle scene di Romero, e per l’importanza dell’evento che va al di là delle possibili riserve sul risultato finale e per la differente struttura produttiva e distributiva). Nella maggior parte dei casi si tratta di inutili riempitivi di un palinsesto che si fa via via sempre più esile in concomitanza con l’approssimarsi di Ferragosto, ma a volte si ha la possibilità di imbattersi in episodi magari non pienamente compiuti ma quantomeno bizzarri.
È il caso proprio del film di Morgan, sceneggiatore televisivo al quale si devono episodi di 21 Jump Street, X-Files e Millennium oltre allo script del primo Final Destination; Willard il paranoico segna il suo esordio cinematografico dietro la macchina da presa – anche se sarebbe il caso di parlare al passato, visto che il film ha sulle spalle già due primavere. Non che il soggetto fosse di prima mano, tutt’altro: tratto da una novella di Gilbert Ralston, aveva già “subìto” una trasposizione sul grande schermo per la regia di Daniel Mann. Lì il risultato era stato decisamente scarso, salvato solo da uno splendido Ernest Borgnine perennemente sopra le righe, ma il successo aveva arriso alla pellicola tanto da spingere i produttori verso un seguito, Ben, altrettanto mediocre e reso celebre solo dalla canzone che dà il titolo al film cantata dai Jackson 5.
Ed è sull’utilizzo del brano che si può segnare idealmente il fil rouge tra l’opera di trent’anni e passa fa e questa: la composizione del giovane Michael Jackson fa da contrappunto sonoro a una delle migliori sequenze del film di Morgan, dove il gioco tra gatto e topo viene riletto a parti invertite e il ruolo di cattivo, solitamente attribuito al datore di lavoro di Willard – il già citato Borgnine nel 1971, un ben più scipito e monotematico R. Lee Ermey (ne è passato di tempo da Full Metal Jacket!) nel 2003 – ricade finalmente e senza possibili equivoci sul personaggio di Ben, il topo più grande della combriccola.
Il punto di forza di Willard il paranoico risiede nel progressivo e totale annullamento del divario tra uomini e topi, senza alcun riferimento a Steinbeck ovviamente: se da principio sembra chiaro di trovarsi di fronte a una serie di dicotomie possibili, come Willard/Madre, Willard/Datore di lavoro, Willard/Ragazza – altro personaggio completamente sprecato, quello interpretato da Laura Elena Harring –, questa sensazione finisce per dissolversi quando ci si rende conto del vero rapporto di forza presente nel film, quello che vede scontrarsi il topolino buono, bianco e saggio Socrate con il topolone cattivo, grigio e violento Ben. Scontro tutto a favore di quest’ultimo, messo in scena con la diabolicità e la strafottenza degna del Robert De Niro di Cape Fear, dotato del dono dell’ubiquità come e più dei demoni che marcano a fuoco l’ideale orrorifico occidentale. Ben è il male onnipresente, impossibile da relegare fuori dalle mura domestiche, attento e pronto a colpire in maniera fulminante.
Per il resto Morgan prova a giocare con i cliché nel tentativo di ridicolizzarli più che di rinverdirli, ma non è che il risultato lo premi particolarmente: il rapporto tra madre e figlio ha la perversione e la morbosità che si respirava in Splatters – Gli schizzacervelli ma il regista non ha il coraggio di osare, facendo letteralmente deflagrare la messa in scena come invece proponeva il giovane Peter Jackson e anche il personaggio del protagonista, non fosse per la recitazione sofferta e paradossale di Crispin Glover – chiaro retaggio del Cuore selvaggio lynchiano e dell’Andy Warhol messo in scena per Oliver Stone in The Doors, ma dietro quei primi piani è impossibile non riconoscere la timidezza infinita di George McFly in Ritorno al futuro –, perderebbe gradualmente la sua efficacia, anche lui schiacciato dalla preponderante forza dei malefici roditori.
Al di là dell’intelligente antropomorfizzazione dei muridi, bisogna cercare la forza del film nella sua capacità di interpretare il grottesco e di modificarne, seppur minimamente, le solite forme, riscontrabile ad esempio nel rapporto di amicizia tra Willard e Socrate, dove l’animale rappresenta la coscienza pulita, l’innocenza di questo smidollato destinato suo malgrado a diventare il signore dei topi, e in alcuni momenti di tensione come la già citata scena della caccia al gatto all’interno della casa o la reiterata sequenza della sveglia di Willard, sempre controllato a vista dall’enorme Ben. A volte sembra quasi che il tratto di penna sia intenzionato a spostarsi in atmosfere burtoniane – e i deliziosi titoli di testa confermano questa tendenza – ma anche qui non è presente lo scarto necessario, e si resta intrappolati nel limbo delle buone intenzioni e dei risultati appena sufficienti.
Poi sui titoli di coda prende corpo una nuova versione di Ben dei Jackson 5, trasformata in una deforme ninna nanna e cantata da Crispin Glover, e viene naturale pensare “peccato”…
Info
Il trailer di Willard il paranoico.
- Genere: horror, thriller
- Titolo originale: Willard
- Paese/Anno: Canada, USA | 2003
- Regia: Glen Morgan
- Sceneggiatura: Glen Morgan
- Fotografia: Robert McLachlan
- Montaggio: James Coblentz
- Interpreti: Crispin Glover, David Parker, Edward Horn, Gus Lynch, Jackie Burroughs, Kim McKamy, Kristen Cloke, Laara Sadiq, Laura Harring, R. Lee Ermey, Ty Olsson, William B. Taylor
- Colonna sonora: Shirley Walker
- Produzione: Hard Eight Pictures, New Line Cinema
- Distribuzione: Istituto Luce Cinecittà
- Durata: 90'