Involuntary

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Il lungometraggio d’esordio del regista scandinavo Ruben Östlund, Involuntary, è uno spaccato interessante sulla società svedese e una riflessione sulle dinamiche di gruppo, come lui stesso ha dichiarato alla fine della proiezione al 13° Milano Film Festival.

Un Pirandello svedese

Svezia, estate. Una serata tranquilla tra familiari si trasforma all’improvviso in una situazione potenzialmente tragica. Due adolescenti amano superare ogni limite e posare in maniera provocante per le loro foto. Un’insegnante schietta fatica a fissare un confine con i colleghi, che secondo lei necessitano di una guida. Un autista di autobus, frustrato per la sua separazione con la moglie, si trova a dover affrontare i suoi passeggeri dopo un atto di vandalismo. Infine, c’è Leffe, spesso in preda ai fumi dell’alcol, che ama mettersi in mostra con gli amici… [sinossi]

Presentato a Cannes 2008 nella sezione Un Certain Regard, Involuntary è composto da una serie di episodi distinti: un uomo si ferisce con un fuoco d’artificio e non ammette la gravità del fatto, andando comunque a una cena di gala, un’insegnante denuncia le violenze di un collega inimicandosi tutti gli altri, una ragazzina si ubriaca e rischia molto quando viene presa da uno sconosciuto, un gruppo di amici si ritrova dopo dieci anni e riemergono desideri omosessuali, l’autista di un pullman non si ferma per strada aspettando la confessione di chi ha rotto l’asticella nel bagno. Il film è girato con inquadrature fisse, non c’è alcun movimento, fatta eccezione per quella finale, il cui movimento è però giustificato da quello dell’ambulanza su cui è posizionata la mdp. Questa scelta stilistica, interessante ma straniante, ha dalla sua composizioni di inquadratura di valore e tagli di montaggio ben studiati, mentre provoca una cristallizzazione nel trasmettere emozioni allo spettatore. Ma è una scelta tecnica coerente: il regista ha voluto fotografare (mai termine fu più adatto) la società del suo paese, in tutti i suoi elementi più disparati: dall’età alla classe sociale, dal sesso alla situazione in cui si svolge l’azione.

Emerge un ritratto singolare ma umano, che con poco riesce a dar corpo alla spietatezza di certe persone e di certi momenti della vita. Come si è detto, Involuntary è anche un film dal taglio sociologico, che si pone come obiettivo quello di studiare il comportamento del singolo nel gruppo. Come si sa, le persone si comportano diversamente a seconda degli individui con cui si trovano e della situazione, ciò vale ancora di più per quel che riguarda la dialettica singolo/gruppo. In gruppo le persone assumono atteggiamenti che altrimenti non avrebbero, fanno cose che non farebbero, indossano maschere pirandelliane che rispondono a determinati stereotipi, o più semplicemente fanno ciò che gli altri pensano debbano fare. Ne deriva una situazione comportamentale che trova nella finzione la sua essenza più marcata: l’uomo ferito non ammette la gravità del fatto per apparire sano e senza problemi, questo avrà conseguenze gravi; le ragazzine vogliono apparire estreme e senza paura, rischiando tutto quando un uomo ne carica in macchina una svenuta; la donna che non ammette di aver rotto l’asticella nel bagno del pullman non trova il coraggio e lascia che sia un bambino down ad assumersi la colpa, per il bene del gruppo; l’uomo nel gruppo di giovani non ammette, nemmeno di fronte alla moglie, di avere tendenze omosessuali, dimostrando però tutta la sua incertezza a riguardo. L’unico personaggio a rimanere sincero e ligio ai propri valori è l’insegnante. Le conseguenze, se possibile, sono ancora più gravi perché in qualche modo ella ha violato le regole comportamentali del gruppo. Data la struttura e l’argomento, Involuntary rimane un film aperto, ma comune di grande spessore.

Info
Il trailer di Involuntary.

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