Katalin Varga

Katalin Varga

di

Presentato alla Berlinale 2009, Katalin Varga è il più che convincente esordio del trentaseienne regista inglese Peter Strickland, supportato dalla performance della protagonista Hilda Péter. Un’opera prima molto compatta sulla vendetta come catarsi ed emancipazione per una donna che ha subito una violenza inenarrabile.

L’angelo sterminatore

L’amorevole moglie di Antal Borlan non avrebbe mai sospettato che il devoto e gentile marito fosse stato in passato il principale responsabile di un’atrocità. Antal crede comunque che lui abbia avuto il perdono di Dio e che il suo matrimonio duraturo sia la riprova ed il testamento della sua redenzione. Un angelo vendicatore giunto nel nome di Katalin Varga scala i monti Carpazi a cavallo ed è in possesso dell’unica cosa che possa ridefinire la nozione di redenzione di Antal. Eppure Katalin non può comprendere pienamente la nozione di vendetta finché il devastante sentiero che si lascia alle spalle durante la ricerca di Antal non giunge alla fine a catturarla... [sinossi]

Katalin Varga è l’esordio folgorante di un trentaseienne regista inglese che al Big Ben ha preferito i Carpazi dove ha ambientato questa sua pellicola molto dura, assolutamente non conciliante in nessuna maniera. La storia di Katalin Varga è quella di un angelo sterminatore, che decide di tornare sulla terra per vendicarsi, ma è anche la storia di una sofferenza atroce, che giace inespressa per anni coperta dalle macerie del tempo. Ma Katalin è una donna forte, che sa aspettare, e quando ha l’occasione decide di prendersi la vendetta che da aspettava da troppo tempo.

Peter Strickland non ci è andato morbido nel suo planare sul grande schermo, ma anzi ha costruito un’opera molto compatta sulla vendetta come catarsi ed emancipazione per una donna che ha subito una violenza inenarrabile. Grande merito va soprattutto alla donna che ha interpretato tutto ciò, ovvero alla sorprendente attrice Hilda Péter che è riuscita a restituire col suo volto un universo interiore immenso e struggente, catalizzando il tutto in poche e ben mirate espressioni facciali. Ed è proprio il suo lavoro di sottrazione uno dei pregi migliori di questa pellicola, che deve gran parte della propria forza proprio a quest’interpretazione intimamente sofferta.
Altra caratteristica che il regista ha voluto marcare molto è senza dubbio quella dell’impianto sonoro: basato sui classici rumori della natura aspra e selvaggia in cui la pellicola muove i propri passi, il regista ne deforma spesso e volentieri i tratti, arrivando a sortire un effetto straniante che rende bene l’idea di una realtà allucinante.

Il crudo realismo del quotidiano che si confonde in attimi di straniamento richiama alla mente il cinema del primo Sokurov, a cui senz’altro Strickland si ispira per come guarda gli spazi spesso coperti da una coltre di nebbia. Ciò che invece non convince appieno in Katalin Varga è quell’esibire troppo forzatamente il proprio lirismo, come se quelle stesse immagini così crude a volte non fossero sufficienti da sole per arrivare a comunicare qualcosa. Contrariamente ciò riesce nei momenti in cui lascia emergere le emozioni in modo semplice e naturale, come quando Katalin racconta tutta la storia mentre è in una canoa in compagnia del suo aguzzino e della moglie. Dove in un monologo straziante viene rivelato tutto come se si fosse immersi in un tranquillo incubo… 

Info
La scheda di Katalin Varga sul sito della Berlinale 2009.

  • Katalin-Varga-2009-Peter-Strickland-01.jpg
  • Katalin-Varga-2009-Peter-Strickland-02.jpg
  • Katalin-Varga-2009-Peter-Strickland-03.jpg

Articoli correlati

Array
  • Torino 2014

    The Duke of Burgundy RecensioneThe Duke of Burgundy

    di Storia di falene e larve, di amori saffici e sadomasochismo, in una elegante trasposizione stilistica, ma con vacue finalità. È The Duke of Burgundy dell'inglese Peter Strickland, presentato in concorso al TFF 2014.
  • Festival

    Berlinale 2009Berlinale 2009 – Bilancio

    In attesa di arrivare alla simbolica cifra di 60, la Berlinale 2009 ha decisamente rispettato le (poche) attese: un’edizione low profile, quasi trattenuta, come per rispettare l’aria di crisi che si respira nel mondo.
  • Festival

    Berlinale 2009Berlinale 2009

    La 59a edizione ci ha regalato alcune perle dei “grandi vecchi”, Maestri del cinema che hanno ancora molto da dire. Tra i tanti film, ci resterà impresso soprattutto Singularidades de uma rapariga loura di de Oliveira, con tanti saluti al cinema giovane.