Deadgirl

Abbandonando poco per volta le digressioni più umorali e di pancia, Deadgirl di Marcel Sarmiento e Gadi Harel diventa un piccolo saggio sul coming of age, su quell’età mostruosa e a suo modo infettiva e virulenta – ed entrambi i termini hanno un senso legati al film – che è l’adolescenza.

The Dark Side of the Nerds

Quando i due studenti Rickie e JT decidono di marinare la scuola e si perdono ritrovandosi in un decadente edificio di un vicino ospedale abbandonato, non sanno che una macabra scoperta è lì ad attenderli: il corpo di una donna è stato spogliato completamente, incatenato a un tavolo e coperto con un telo di plastica. Entrambi i ragazzi reagiscono alla situazione in modi estremamente diversi e si trovano presto coinvolti in un viaggio contorto e a tratti commovente che li spinge a decidere quanto essi siano disposti a estendere la loro consapevolezza di cosa è giusto e di cosa non lo è. (sinossi tratta dal catalogo del RIFF 2009)

A vedere un film come Deadgirl viene naturale lasciarsi andare a espressioni quali “c’era una volta il teenage movie”; motti di spirito a parte, è indubbio che le tematiche più vicine all’universo adolescenziale abbiano scavato un solco, anno dopo anno, nella ferrea struttura del cinema hollywoodiano – o indipendente, qui la questione si fa decisamente bipartisan – fino a stravolgerne le basi. Nulla di così recente, a ben vedere, se riavvolgendo i nastri della memoria si approda dalle parti dei vari I was a Teenage…, elefantiaca serie di titoli, la maggior parte dei quali francamente trascurabili, che ingrassarono i meccanismi dell’industria cinematografica a stelle e strisce a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, marchiando in profondità l’immaginario collettivo dei pubescenti dell’epoca (e ne è una dimostrazione palese il ruolo che questi film ricoprono in quel lungimirante saggio sull’infanzia e sulla perdita della purezza di una nazione che risponde al nome di It, opera magna di Stephen King). Tralasciando per il momento summe teoriche quali Scream, in cui il teenage movie viene analizzato anche al di là del mero sviluppo narrativo dell’opera, viene alla mente il bel Brick di Rian Johnson, noir adolescenziale che approdò dapprima a Venezia, all’interno de La Settimana della Critica, per poi venire editato direttamente per l’home video.

Ma forse stiamo prendendo il tutto troppo alla larga, e sarebbe il caso di tornare ad analizzare da vicino Deadgirl, strano esempio di commedia horror dai ritmi e dalle timbriche prettamente giovanilistiche. È interessante innanzitutto notare come in cabina di regia siedano due cineasti, Marcel Sarmiento e Gadi Harel, che non possono propriamente essere definiti dei maestri del genere: il primo finora ha fatto parlare di sé per un esordio apprezzato quanto pressoché invisibile (It’s Better to Be Wanted for Murder Than Not to Be Wanted at All, anno domini 2003, con Laura Harris, Zooey Deschanel e Marco Leonardi) e per un’opera seconda a tratti imbarazzante (Lui, lei e babydog), mentre Harel ha lavorato per il New York Observer prima di avvicinarsi al mondo del cinema, dove ha portato a termine Operation Midnight Climax – altra opera tanto applaudita quanto difficile da reperire – e il cortometraggio Nights Like These. Insomma, come avrete notato anche da soli, non è che l’horror rientri nel pasto tipico di questi due autori: ma c’è l’inganno…. Lo sceneggiatore di Deadgirl è infatti Trent Haaga, ammiraglio di lungo corso della nave Troma, vale a dire l’imbarcazione più derelitta e al contempo inaffondabile di tutte le flotte dedite all’immaginario orrorifico. Ed è proprio partendo dalla Troma che probabilmente si può arrivare a contestualizzare fino in fondo un’opera come Deadgirl: sia l’aspetto umoristico, che tanto peso ha nel corso del film, sia quello più strettamente legato al (dis)gusto derivano direttamente dalla casa di produzione fondata da Lloyd Kaufman e Michael Herz nel 1974. Ma, qualora il tutto si fosse fermato a un divertente ma in fin dei conti sterile gioco al massacro, deflagrante spirale di sesso e violenza nella quale far precipitare i giovani protagonisti, probabilmente Deadgirl avrebbe lasciato il tempo che trovava. Sul tema della scoperta della sessualità altre pellicole, anche recenti (si veda alla voce Denti), hanno avuto infatti modo di soffermarsi, con risultati tutt’altro che trascurabili. Le peculiarità del film di Sarmiento e Harel sono invece da ricercare altrove: tornando al discorso sul filtro dato dalle dinamiche del teenage movie possiamo infatti arrivare a leggere Deadgirl come definitivo, per quanto basico e sotto sotto rozzo (o, forse e meglio: definitivo proprio perché basico e rozzo) punto di arrivo nella messa in scena dell’universo dei nerds. Proprio da qui deriva il titolo che abbiamo dato a questa recensione, a ben vedere: nel tratteggiare uno spaccato di vita periferica – non solo da un punto di vista geografico, ma anche puramente sociale: JT, Wheeler e Rickie vivono letteralmente ai bordi della società, ne lambiscono i confini senza potersi mai permettere un ruolo attivo all’interno – Sarmiento e Harel non sembrano aver alcuna voglia di edulcorare il discorso. Il gesto mostruoso di sfruttare una donna-zombie incatenata per dar sfogo a tutte le loro pulsioni sessuali non è altro che la diretta conseguenza di una vita destinata a rimanere di sfondo, comparsa inessenziale in un universo che non solo disprezza questi ragazzi ma, peggio ancora, li ignora profondamente. È qui dunque che il monologo (straziante e a suo modo disgustosamente dolce) di JT acquista un senso quasi filosofico, se non addirittura politico: la violenza su chi è impossibilitato a difendersi – almeno per una parte del film – è lo sfogo a una vita che fin dalla loro nascita li ha esposti al pubblico ludibrio. La donna dei sogni, ora incatenata e alla mercé di ogni loro desiderio, una volta libera non esiterebbe a ignorare completamente i nostri “eroi”.

Abbandonando poco per volta le digressioni più umorali e di pancia, Deadgirl diventa dunque un piccolo saggio sul coming of age, su quell’età mostruosa e a suo modo infettiva e virulenta – ed entrambi i termini hanno un senso legati al film – che è l’adolescenza. “Quanto vorrei avere di nuovo 15 anni!” sentenzia Clint, lo scroccone che vive alle spalle della madre di Rickie. “Ma io ho 17 anni” è la risposta, cinica e di un’ingenuità quasi crudele, che gli riserva il ragazzo. Nell’epoca del trionfo del teenage movie La rivincita dei Nerds sembrava aprire la porta all’uguaglianza; il tempo dei sogni è finito. L’incubo di crescere non vi darà più scampo.

Info
Deadgirl, il trailer.

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