The Stool Pigeon

The Stool Pigeon

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Duro e barbarico nella sua violenza, The Stool Pigeon rinverdisce i fasti di un genere che a Hong Kong ha sempre trovato linfa vitale. A oggi una delle migliori sortite registiche di Dante Lam.

Vivere e morire a Hong Kong

L’ispettore Don Lee spesso si trova a lavorare con degli informatori per risolvere i suoi casi. All’interno di un complesso piano operativo atto a condurre in manette il noto ladro di gioielli Barbarian, Don assolda nel suo nucleo investigativo Ghost jr., da poco uscito di prigione. Lee è pieno di scrupoli nei confronti del ragazzo; in un precedente caso aveva abbandonato il suo informatore, traumatizzandolo. Lee ha anche rovinato la vita della propria moglie, tradendola. Quando Ghost entra in acque pericolose, Lee decide di dover vegliare su di lui. [sinossi]

Anche all’interno del multiforme mondo della cinematografia hongkonghese un regista come Dante Lam non può che apparire completamente schizoide: è infatti pressoché impossibile indovinare cosa riuscirà a tirar fuori dalle storie che si trova ad affrontare dietro la macchina da presa. In quasi quindici anni di carriera Lam è stato in grado di rinverdire i fasti dell’action della piccola città-stato, ma allo stesso tempo ha partorito alcune pellicole davvero modeste, per forma e contenuto. Sembra davvero inconcepibile come un cineasta con le sue doti – e chiunque abbia avuto modo di incrociare spesso sulla propria strada i film di questo quarantasettenne non potrà non essere rimasto impressionato da alcune delle sue sequenze migliori – non sia stato in grado di mantenere un equilibrio espressivo nel corso della sua carriera. E invece l’adepto e (per un breve periodo) sodale di Gordon Chan ha regalato al proprio pubblico una vera e propria altalena artistica: motivo per cui, in fin dei conti, non c’è troppo da stupirsi della buona riuscita di The Stool Pigeon, presentato nella sezione Forum durante le giornate della sessantunesima edizione del film festival di Berlino. Dante Lam veniva infatti da Fire of Conscience, passato sullo schermo del Teatro Nuovo Giovanni da Udine nell’edizione 2010 del Far East: un action stanco, prevedibile, che poteva sfoggiare solo un folgorante incipit interamente giocato sui freeze frames. Quando dunque The Stool Pigeon si apre su una riuscita e iperviolenta sequenza notturna, con il malcapitato informatore ferito ripetutamente da selvaggi colpi di machete, un brivido ha percorso la schiena del pubblico più smaliziato, e nelle menti si è fatta largo l’idea di assistere all’ennesimo colpo di coda di un regista dotato ma non sempre capace di gestire al meglio la materia narrativa che ha sottomano.

Invece The Stool Pigeon, amarissima vicenda di fiducie tradite, promesse non mantenute e sensi di colpa, procede spedito fino alla fine (poco meno di due ore di durata) senza dover affrontare troppi passaggi a vuoto. Certo, alcuni dettagli appaiono francamente rivedibili, in primo luogo la scrittura che accompagna il personaggio della moglie dell’ispettore Lee, ma nel complesso si ha netta l’impressione che si tratti dell’opera più matura di Lam, quella in cui finalmente tutte le componenti essenziali del suo cinema (azione, violenza, romanticismo) si amalgamano senza difficoltà. In questo senso il film al quale sembra più facile apparentare l’ultima fatica registica di Lam è senza dubbio l’interessante The Beast Stalker (2008), action duro e puro che si ricollegava alla scuola storica di Hong Kong: anche in The Stool Pigeon si ritrovano molti dei cliché narrativi e visivi che resero celebri maestri del genere come Tsui Hark, John Woo e Ringo Lam, riletti in chiave contemporanea con uno stile in alcuni casi davvero folgorante. Sequenze come quella iniziale, già citata, ma anche come la rapina alla gioielleria, l’inseguimento automobilistico da cui nasce la scintilla amorosa tra Ghost Jr. e la donna del boss e soprattutto il sorprendente finale all’interno della scuola dimessa, dimostrano una velleità espressiva e visionaria che non può essere esclusivamente ricondotta a un mero riciclo di situazioni e atmosfere già portate sullo schermo. Anche perché Lam ha il coraggio, coadiuvato dalla non disprezzabile scrittura in fase di sceneggiatura di Jack Ng (al lavoro con il regista dai tempi di Hit Team, 2001), di portare a termine un’opera dimessa, priva di quella luce di speranza che troppo spesso rischia di annacquare il potenziale “noir” delle vicende narrate: ai protagonisti di The Stool Pigeon non è assicurata nessuna reale redenzione, non è detto che vi sia un happy end ad accoglierli. Duro e barbarico nella sua violenza, The Stool Pigeon rinverdisce i fasti di un genere che a Hong Kong ha sempre trovato linfa vitale. E regala ai cinefili, finalmente, un regista completamente affidabile. In attesa, neanche a dirlo, della prossima smentita…

Info
Il trailer di The Stool Pigeon.

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