Lovelace

Biopic in piena regola, Lovelace segue la vita della futura diva del porno, dall’incontro con Chuck Traynor alla parte di protagonista in Gola profonda.

La donna dietro gola profonda

L’anno 1972 segnò l’irruzione del film Gola profonda nel circuito di programmazione normale dei cinema, dove ebbe un impatto decisivo nell’industria dei film – prima ancora della nascita di internet. Era nato il “porno chic”. Girato in sei giorni con un budget di 25.000 dollari, Gola profonda guadagnò oltre sei milioni di dollari. Il film doveva il suo successo a una sconosciuta protagonista, Linda Lovelace – che ricevette solo 1.250 dollari per la sua performance -, che divenne d’improvviso una star e la primadonna della nuova rivoluzione sessuale. Linda era cresciuta in una famiglia profondamente religiosa, ma la sua vita cambiò con la conoscenza del carismatico Chuck Traynor. Traynor scoprì il suo “sensazionale talento per il sesso orale” e divenne suo marito, manager e sfruttatore. L’ingenua Lovelace accettò allegramente il suo nuovo ruolo, ma scoprì ben presto il lato oscuro di suo marito e dell’industria del sesso… [sinossi]

Per comprendere fino in fondo un’operazione come Lovelace, è forse necessario arrivare ai titoli di coda e leggere con attenzione le scritte bianche su sfondo nero che li anticipano e spiegano (come trovate scritto anche nella sinossi che apre questa recensione) come dei sei milioni di dollari di incasso registrati da Gola profonda di Gerard Damiano solo 1250 dollari finirono nelle tasche della protagonista Linda Lovelace. Una percentuale molto vicina allo 0%. Un dato che palesa, al di là di ogni possibile speculazione e di ogni studio specifico, come l’industria del cinema a luci rosse fosse (e probabilmente è) profondamente maschilista: nonostante Gola profonda debba tutto il suo incredibile successo di pubblico alla presenza in scena della Lovelace, la stessa veniva trattata dalla produzione come qualcosa di non troppo diverso da un oggetto di scena, magari fondamentale ma del tutto indegno di qualsiasi attenzione particolare.
Il film diretto da Rob Epstein e Jeffrey Friedman – documentaristi alla seconda incursione nel mondo del cinema di finzione dopo l’apprezzato Urlo, nel quale veniva indagata la vita di Allen Ginsberg – dimostra da subito di voler prendere le parti di colei che nacque con il nome Linda Susan Boreman: fin dalle prime inquadrature, quando la si vede poco più che adolescente prendere il sole in giardino con l’amica del cuore Patsy, la macchina da presa indugia su di lei come se volesse carezzarla, proteggerla da ciò che accadrà di lì in avanti. Biopic in pian regola, Lovelace segue la vita della futura diva del porno, con la conoscenza di Chuck Traynor e, alla fine, la parte di protagonista ottenuta per quel Gola profonda che rivoluzionerà non solo l’industria pornografica del cinema, ma anche e soprattutto il rapporto tra il sesso mostrato su grande schermo e il pubblico. In un’America alle prese con le ultime scaramucce della guerra in Vietnam e con alle porte la crisi di governo scaturita dal Watergate, Gola profonda rappresentò un punto di svolta epocale, e non privo di chiaroscuri.

Epstein e Friedman suddividono il loro film in due parti distinte per utilizzo delle timbriche ma perfettamente complementari da un punto di vista strettamente stilistico: la prima metà mette in scena gli anni Settanta, riproponendo in qualche passaggio gli schemi che furono propri di Boogie Nights di Paul Thomas Anderson, capolavoro forse irripetibile per quel che concerne la rappresentazione della pornografia; la seconda, invece, abbandona lo sguardo d’insieme per focalizzare una volta per tutte la propria attenzione sulla vita privata di Linda, funestata da un marito che la vessa, la picchia, la sfrutta e abusa (e fa abusare altri) ripetutamente del suo corpo. Alla netta divisione tra le due metà non fa seguito una narrazione altrettanto lineare: al contrario, la trama di Lovelace non fa altro che tornare ripetutamente sui propri passi, riproponendo situazioni, dialoghi e avvenimenti con i quali però di volta in volta lo spettatore può interagire con una consapevolezza via via sempre maggiore. Anche la sequenza apparentemente più interlocutoria, come il secco botta e risposta a bordo piscina tra Chuck e Linda al termine della settimana di riprese di Gola profonda, acquista un valore completamente diverso una volta che la si può inserire nel contesto generale del film. Non sarebbe comunque giusto ridurre Lovelace a un mero atto di accusa contro l’industria del sesso, o a una banale requisitoria contro le violenze domestiche subite dalle donne (in tal senso il personaggio della madre di Linda, interpretata da Sharon Stone, riveste un ruolo filosofico di primaria importanza): si tratta in realtà di una vera e propria elegia al corpo, allo sguardo e all’ingenuità di Linda Lovelace, ragazza costretta a scontrarsi con un universo di cui non era minimamente riuscita a scorgere il lato meno luccicante. In tal senso l’interpretazione della bellissima Amanda Seyfried rappresenta il miglior biglietto da visita del film: la ventisettenne attrice regala una performance eccellente, ricca di sfumature, dimostrando di saper utilizzare il proprio corpo senza adagiarsi sulle proprie fattezze. Per il resto si assiste a una vera e propria parata di stelle, cui prendono parte tra gli altri Juno Temple, Adam Brody, Robert Patrick, Eric Roberts, James Franco e Chloë Sevigny. Alla Berlinale 2013, dove è stato presentato nella sezione Panorama, finora Lovelace è stato uno dei film più apprezzati: Linda Lovelace, scomparsa nel 2002 in un incidente stradale, ne sarebbe stata orgogliosa.

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